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la decisione

Detenuto suicida nel carcere di Vibo, maxi risarcimento per la famiglia

Sentenza “storica” quella della Corte d’Appello. Riscontrata la «sussistenza di specifiche violazioni di legge da parte dell’Amministrazione»

Pubblicato il: 07/08/2021 – 11:11
di Giorgio Curcio
Detenuto suicida nel carcere di Vibo, maxi risarcimento per la famiglia

CATANZARO Un maxi risarcimento da destinare all’intero nucleo familiare di un detenuto suicida nel carcere di Vibo Valentia. Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Catanzaro (seconda sezione civile) che, in sede di rinvio, ha ribaltato la sentenza d’appello, confermando di fatto quella emessa in primo grado di giudizio. E così il ministero della Giustizia dovrà risarcire la moglie, Domenica Lo Muto, e i figli F. Giofrè, Y. Giofrè, A. e D. Giofrè, questi ultimi tre minorenni all’epoca dei fatti. Si tratta a tutti gli effetti di una sentenza “storica” in quanto è la prima volta che il ministero dovrà risarcire la famiglia di un detenuto che si è tolto la vita in carcere. 

La vicenda

La vicenda risale al 27 giugno del 2008 quando Salvatore Giofrè si era tolto la vita mentre era ristretto nel carcere di Vibo Valentia. La famiglia ha così citato in giudizio il ministero della Giustizia, ottenendo un risarcimento in primo grado poco più di cinque anni dopo. Tre anni più tardi, invece, la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza ritenendo «insussistente la responsabilità dell’Amministrazione ed affermando, al contrario, che l’evento era stato determinato unicamente dalla ferma e risoluta volontà del detenuto». Secondo i giudici, inoltre, l’evento non era «né prevedibile né prevenibile». 

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha così rinviato il giudizio in Appello che, in diversa composizione, ha di fatto confermato la prima sentenza e condannato il ministero della Giustizia, rappresentato dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, al pagamento del risarcimento. Da un lato, infatti, il giudice del rinvio ha «riscontrato la sussistenza di specifiche violazioni di legge da parte dell’Amministrazione», dall’altro ha «accertato la sussistenza del nesso causale tra le omissioni imputabili all’Amministrazione e l’evento lesivo». Già a Suprema Corte, infatti, aveva affermato che «il giudice di secondo grado sia nel basare le proprie statuizioni sul principio di non contestazione sia nel valorizzare le dichiarazioni rese dal personale della struttura penitenziaria che aveva tutto l’interesse ad escludere ogni addebito di responsabilità per quanto avvenuto». 

Grande soddisfazione espressa dai legali della famiglia, gli avvocati Giuseppe Di Renzo, Nazzareno Rubino e Nicola D’Agostino, per «una sentenza destinata a fare giurisprudenza e che finalmente dà la giusta responsabilità penale anche allo Stato».  (redazione@corrierecal.it)

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