CASTROVILLARI Ultimo atto, dopo 32 anni di attesa. Il cerchio attorno al caso “Bergamini” si chiuderà il 2 settembre, davanti al gup del tribunale di Castrovillari. A processo, l’unica rinviata a giudizio dalla Procura dopo la terza inchiesta sul decesso del calciatore: l’allora fidanzata Isabella Internò. È accusata di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili. Da quest’ultima parte del procedimento escono di scena il marito della donna che era ritenuto responsabile di favoreggiamento dopo le dichiarazioni della moglie. Fuori dal procedimento anche il camionista Raffaele Pisano, accusato in un primo momento di omicidio colposo per aver investito il calciatore del Cosenza.
L’udienza di giovedì prossimo potrebbe far luce sulla morte di Denis Bergamini, avvenuta per circostanze mai chiarite il 18 novembre 1989 e ritrovato senza vita lungo la statale 106, nel tratto che attraversa il comune di Roseto Capo Spulico.
La donna, secondo l’accusa, «in concorso con altre persone rimaste ignote» avrebbe prima narcotizzato e poi «asfissiato meccanicamente con uno strumento soft» e quindi «adagiato il corpo di Bergamini, già morto, sulla statale allo scopo di farlo investire da uno dei mezzi in transito».
Il corpo viene poi «effettivamente investito da un autocarro condotto da Raffaele Pisano» il 18 novembre 1989. L’uomo finisce sotto processo e viene assolto dall’accusa di omicidio colposo. A quel tempo la causa della morte è attribuita al suicidio: il centrocampista del Cosenza si sarebbe gettato sotto il camion in transito dopo aver discusso con l’ex fidanzata. Quella tesi, però, non convince la famiglia del calciatore, la madre e soprattutto la sorella Donata che, assistita dall’avvocato Fabio Anselmo, riesce a raccogliere elementi utili a far riaprire il fascicolo.
È il 2011 e l’argomento cardine portato all’attenzione della Procura che riapre l’inchiesta è una perizia dei Ris di Messina secondo cui Bergamini sarebbe morto già prima di essere investito. La Internò e Pisano ricevono l’avviso di garanzia con cui si ipotizza il reato di omicidio per la donna, mentre al camionista viene contestato il favoreggiamento e le dichiarazioni mendaci. Nel 2014, al termine delle indagini, il gip chiede l’archiviazione per i due che giunge un anno dopo, nel dicembre 2015.
Ma la sorella Donata è determinata, non crede che la ricostruzione sia verosimile e che suo fratello possa essersi suicidato in quella drammatica sera del 18 novembre ’89. Insiste affinché si riapra il fascicolo: è il 2017 quando l’allora procuratore della Repubblica del tribunale di Castrovillari, Eugenio Facciolla, si rende disponibile a far riesumare la salma di Denis per verificare se sussistano delle «incongruenze» sulla causa del decesso emersa dall’esame autoptico. La perizia disposta poi dal pm certifica il soffocamento quale mortis causa, avvenuto prima che il corpo di Bergamini fosse investito dall’autocarro.
Nell’aprile scorso, gli elementi raccolti sono sufficienti, secondo Luca Primicerio, il pm che ha proseguito e chiuso l’inchiesta, a chiedere il rinvio a giudizio di Isabella Internò con l’accusa di aver ucciso Bergamini «in concorso con altre persone rimaste ignote». Secondo il pm, la donna avrebbe deciso di ucciderlo perché non avrebbe accettato la volontà del calciatore del Cosenza di interrompere la relazione.
L’udienza di giovedì prossimo è molto attesa, dunque: dopo 32 anni potrebbe raccontare la verità sul caso Denis Bergamini. (l.latella@corrierecal.it)
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