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l’inchiesta

Svelato il codice criptato dei narcos. Bombardieri: «Comunicavano su scala internazionale»

Il procuratore capo: «Indagine di particolare rilievo». Paci: «Organizzazioni estere trovavano legittimazione in Rosarno». Lombardo: «’Ndrangheta sempre più sistema di potere». Sequestrati 80 chili…

Pubblicato il: 14/09/2021 – 13:51
di Francesco Donnici
Svelato il codice criptato dei narcos. Bombardieri: «Comunicavano su scala internazionale»

REGGIO CALABRIA «Abbiamo denominato l’operazione “Crypto” prendendo spunto dalle sofisticate modalità di comunicazione utilizzate dagli indagati. Un codice criptato fatto di numeri (corrispondenti alle lettere dell’alfabeto) senza spazi, né punteggiatura». Messaggi scambiati su utenze dedicate attraverso i quali venivano organizzati spostamenti e summit alla base di una rete di narcotraffico che coinvolgeva diversi Paesi e Continenti. Questo racconta l’indagine coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che all’alba di questo 14 settembre ha coinvolto in tutto 93 persone di cui 57 destinatarie di misure cautelari personali tra custodia in carcere e arresti domiciliari.
«Un’operazione di particolare natura e rilievo in ragione delle sue modalità». La ‘ndrangheta, soprattutto quando occorre dialogare su scala internazionale, utilizza strumenti sempre più sofisticati che necessitano investigazioni altrettanto accurate.
Il procuratore capo Giovanni Bombardieri si complimenta per questo con la Guardia di finanza provinciale di Catanzaro e lo Scico che hanno condotto le indagini in collaborazione col Goa e il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria. Al tavolo, per spiegare l’evoluzione di un’attività partita fin dallo scorso 2017 – in quanto «costola dell’indagine “Gerry”» – ci sono il comandante provinciale di Catanzaro, Dario Solombrino, il comandante dello Scico, Alessadro Barbera e Carmine Virna, comandante del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria. «Mi preme sottolineare – aggiunge il procuratore capo – come alla base di questa indagine vi sia il lavoro unitario della procura di Reggio Calabria in tutte le sue articolazioni». Testimonianza ne è la presenza dei due procuratori aggiunti Giuseppe Lombardo e Gaetano Paci la cui competenza – secondo quella che è la ripartizione interna – è rispettivamente sulla Locride e sulla Piana di Gioia Tauro. Una risposta “specchiata” rispetto all’attività dei clan che vede al centro del sistema le cosche di Rosarno e la loro collaborazione con gruppi vicini al “mandamento Ionico” tra cui i “Gallace” di Guardavalle. Alla fine, l’attività delle forze in campo, porterà al sequestro di circa 80 chili di cocaina per un valore di circa 4 milioni di euro e al sequestro di beni per un valore di poco superiore ai 3,5 milioni di euro.

Una costola dell’indagine “Gerry”

«L’indagine “Crypto” – spiega il procuratore capo Bombardieri – nasce come costola di “Gerry”, conclusa nel 2017». Già al tempo, come spiegherà il procuratore aggiunto Lombardo, erano state rintracciate due utenze che hanno permesso di risalire a una serie di contatti attraverso cui è stata ricostruita la rete odierna.
Dagli accertamenti sviluppati anche sulle «utenze straniere, si è risaliti a contesti criminali diversi da quelli che erano già stati oggetto di indagine».
Ne viene fuori un’organizzazione criminale molto più ampia «in rapporti anche con soggetti sudamericani esportatori dello stupefacente che veniva smistato su varie piazze italiane, dal Nord alla Sicilia, fino alla Calabria».
Sono stati ricostruiti numerosi episodi di esportazione e smistamento dello stupefacente che ha permesso agli inquirenti di individuare ben 10 corrieri della droga. «Risultavano contatti con un soggetto sudamericano stabilmente residente in Spagna che, attraverso la sua attività di intermediazione, forniva contatti di altri soggetti che potevano costituire riferimento per le forniture dello stupefacente».

Bombardieri: «Le comunicazioni avvenivano con un codice criptato»

Alla base dell’attività la necessità di decifrare un codice attraverso cui i presunti sodali comunicavano. «Abbiamo trovato una serie di messaggi dove venivano citati solo numeri» che si è scoperto poi essere riferibili a un vero e proprio alfabeto parallelo dove ogni cifra corrispondeva alla rispettiva lettera. «Gli investigatori erano già riusciti a decifrare il codice ma la conferma si è avuta dopo il ritrovamento di un “pizzino” nell’appartamento di uno degli indagati». Il codice dà così «conto dei contatti internazionali di cui si costituiva l’organizzazione».

Paci: «Occorre entrare nel “know how” della criminalità organizzata»

«Potrebbe sembrare l’ennesima indagine per narcotraffico – dice poi il procuratore aggiunto Gaetano Paci – ma questo non deve sminuirne il senso dell’operazione».
«Sono indagini – aggiunge – che ormai richiedono un approccio e un contrasto di livello molto elevato anche a fronte dei mezzi di natura tecnologica utilizzati. Le comunicazioni avvengono soltanto in codice e le attività degli indagati non si svolgono più su un piano materiale e visibile, bensì occulto. Occorre saper entrare nel “know how” della criminalità organizzata e imparare a decriptarne linguaggi, rapporti e relazioni».
Ai riferimenti fatti dal procuratore capo rispetto ai contatti dell’organizzazione col Sud America, Paci aggiunge quelli con il Nord Europa: «Indagini di questo tipo servono a rivisitare i sistemi che operano su scala internazionale». E che conservano comunque «elementi di tradizione e arcaicità». In tal senso, il procuratore aggiunto si riferisce al «movimento di Rosarno, cui fa capo l’organizzazione».
Diversi sono i nomi che ritornano, come i “Bellocco”, che «smuovono il narcotraffico su un contesto sempre più esteso» e – come spiega il gip nell’ordinanza applicativa delle misure cautelari – «composto da una pluralità di organizzazioni criminali coordinate tra loro per gestire le varie fasi del traffico».
Alla base di tutto, secondo Paci, sta la «mentalità imprenditoriale dei rosarnesi» che non soltanto curano i traffici ma anche la logistica e tutte le dinamiche necessarie a oliare il sistema.

Lombardo: «Gli indagati parlavano sempre e solo con messaggi scritti»

lombardo dda reggio

«L’operazione “Gerry” aveva già ricostruito un quadro del narcotraffico internazionale. In quella prima esecuzione erano state individuate due utenze criptate» tornate nell’odierna indagine. Il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo dà conto delle relazioni tra i rosarnesi e i gruppi operanti nella zona ionica e fuori provincia.
«Come individuato dal Goa di Catanzaro e dallo Scico – aggiunge – vi erano nella precedente indagine una serie di informazioni di grande rilievo: da lì si è aperto uno scenario del tutto nuovo che dalla Repubblica Dominicana passa alla Spagna, quindi al Nord Europa». E da lì, passando anche da Malta, torna in Calabria «attraverso le “centrali logistiche” delle famiglie di Rosarno per poi abbracciare anche rappresentanti jonici, in questo caso i “Gallace” di Guardavalle, o altri vicini ai clan del Cosentino.
Un’attività di contrasto «faticosa» date le modalità comunicazione tra i consociati. «Oggi abbiamo il codice in mano» dice Lombardo, «ma non abbiamo la voce di soggetti intercettati che nei processi serve a individuarli fino in fondo». L’attività e le sue ramificazioni, conclude l’aggiunto nel contesto di un discorso più ampio sui business ‘ndranghetisti, rappresentano una volta la testimonianza di come la ‘ndrangheta si muova da «sistema di potere di carattere unitario» e non più da semplice organizzazione criminale. (redazione@corrierecal.it)

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