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Il processo

Rinascita-Scott, Arena: «Volevo collaborare da tanto tempo. Avrei impedito diversi omicidi»

Il collaboratore di giustizia racconta il desiderio di «distruggere l’organizzazione criminale per venire a capo delle vicende che hanno sconvolto la mia vita. Ma la situazione con gli organi inqui…

Pubblicato il: 16/09/2021 – 19:33
di Alessia Truzzolillo
Rinascita-Scott, Arena: «Volevo collaborare da tanto tempo. Avrei impedito diversi omicidi»

LAMEZIA TERME In più occasioni e ben prima del 2019 il collaboratore di giustizia Bartolomeo Arena avrebbe voluto saltare il fosso e raccontare tutto agli inquirenti. «Ho cercato di collaborare diversi anni prima del 2019. Non è accaduto per ragioni diverse dalla mia volontà. Perché la situazione all’epoca era diversa rispetto ad oggi per quanto riguarda le forze dell’ordine e gli ordini inquirenti in generale».
Rispondendo al controesame dell’avvocato Diego Brancia, nel corso del maxi processo “Rinascita-Scott”, Arena disvela scenari inquietanti e anche poco edificanti del panorama che governava, su ogni ordine e grado, la giustizia nei primi anni 2000. «Prima ancora di essere affiliato, nei primi anni 2000, ho cercato di collaborare con la giustizia – racconta –. Se lo avessi fatto diversi omicidi sarebbero stati sventati».
Il desiderio di collaborare nasce dallo stesso input che lo ha portato, inizialmente, tra le grinfie della criminalità organizzata: scoprire cosa e chi si nascondeva dietro la morte di suo padre avvenuta nel 1985. «Il mio intento – dice – era quello di venire a capo di tutta le vicende che hanno sconvolto la mia vita». Tale era l’intento di collaborare con la giustizia che Arena ha affermato: «Per tanto tempo io ritengo di essere stato un infiltrato nella ‘ndrangheta». «Il mio desiderio non era quello di vedere una ‘ndranghete forte, un locale a Vibo ma il mio desiderio è stato sempre quello di distruggerla».

L’affiliazione di Arena: «Non volevo vibonesi nella mia copiata»


«Io avevo rifiutato a Vibo di essere affiliato ai Lo Bianco-Barba», racconta Arena, il quale specifica che la sua avversione non nasceva tanto contro i Barba che sempre lo avevano aiutato – «Enzo Barba mi ha sempre parato, sennò mi avrebbero ammazzato già minorenne» – quanto contro i Lo Bianco. Arena non voleva portare in copiata nessun vibonese ma suo zio Domenico Camillò gli spiegò che la cosa non era fattibile perché, gli disse, «prima devi essere riconosciuto nel tuo paese e dopo da altre parti». A quel punto Arena chiede allo zio un confronto con Domenico Oppedisano il quale dice che in copiata il ragazzo poteva portare uno dei Camillò e per il resto non ci sarebbero stati problemi perché se la sarebbe vista lui. Ma Domenico Camillò «non voleva prendersi questa responsabilità per non mancare di rispetto a Carmelo Lo Bianco».
«Noi in quel periodo andavamo a trovare spesso a Carmelo Lo Bianco “Piccinni” che era agli arresti domiciliari per l’operazione “Flash”. Lui era contrario alla mia affiliazione perché diceva che io avevo offeso tutta la società di Vibo Valentia perché avevo rifiutato l’affiliazione quando ormai era accettata dal sodalizio. E una cosa di queste, da quando lui militava nella ‘ndrangheta non l’aveva mai vista».

L’attivazione del locale di ‘ndrangheta di Vibo


In quel periodo erano tutti detenuti, spiega Arena, sia dalla parte dei Mancuso, sia diversi vibonesi, e Carmelo Lo Bianco si decise a chiedere l’attivazione del locale di ‘ndrangheta di Vibo. Polsi riconosceva la figura di Domenico Camillò il quale avrebbe dovuto portare l’imbasciata a Domenico Oppedisano che era capo crimine e consigliò di andare a parlare con le altre cariche e in quel caso dovevano andare a trovare Peppe Commisso “Il mastro”.

I segreti di Polsi


L’operazione “Nuova Alba”, con gli arresti che porta a Vibo sospende la creazione del locale a Vibo. Domenico Oppedisano, in quella occasione, parlando con Domenico Camillò disse di essere contento che non si fosse fatto nulla perché sarebbe stato davvero pericoloso a livello di intercettazioni. «Si sarebbero potuti scoprire tutti i segreti di Polsi. Anche se la cosa avvenne lo stesso negli anni successivi con l’operazione “Crimine” e tutti i segreti sono stati scoperti lo stesso, ovvero l’esistenza dei locali riconosciuti che facevano parte di Polsi, l’esistenza di locali esteri, italiani. Si è scoperto tutto con l’operazione Crimine. Sa perché non siamo stati intercettati noi nella lavanderia di Siderno? Perché quel girono siamo arrivati troppo presto e la lavanderia Ape Green di proprietà del “mastro” era chiusa. Se fosse stata aperta ci avrebbero incastrato pure a noi quel giorno”. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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