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«Nella pochezza della politica, Draghi prepara la sua salita al Colle»

L’analisi lucida ed imparziale dei risultati della tornata elettorale appena conclusa ci consegna uno scenario politico altamente instabile, figlio di un governo di larghe intese capace di tenere …

Pubblicato il: 24/10/2021 – 8:57
di Orlandino Greco*
«Nella pochezza della politica, Draghi prepara la sua salita al Colle»

L’analisi lucida ed imparziale dei risultati della tornata elettorale appena conclusa ci consegna uno scenario politico altamente instabile, figlio di un governo di larghe intese capace di tenere insieme sovranisti, populisti, centristi e riformisti. Per la prima volta le coalizioni elettorali non hanno rispecchiato lo schema governativo, non condizionando così il risultato dell’urna.
Se è vero che in alcune aree del Paese, come la nostra Regione, vince la coalizione più coesa, è altrettanto vero che a fare la differenza è stata la credibilità del candidato Presidente e dei singoli candidati che meglio hanno saputo parlare ai propri cittadini. Tuttavia, questo voto è altresì figlio dell’alto coefficiente di astensionismo che ha interessato indistintamente tutto lo Stivale, da nord a sud, isole comprese, a conferma che la latitanza dei cittadini dai luoghi decisori della politica è sempre più marcata e con l’aggravante che oggi non trova più sfogo e consenso nei partiti populisti. È fuori luogo l’esaltazione di chi non riesce a capire che il sistema politico nazionale è in crisi e che la discrepanza tra le segreterie romane ed i territori è sempre più profonda.
Vien da se’ affermare che quella del Pd è una vittoria di Pirro, nonostante la rispettabilità di alcuni suoi candidati e del voto degli italiani, perché a vincere non è stato il migliore ma chi, più per inerzia che per tensione ideale, ha approfittato dell’ennesimo tracollo pentastellato e delle divisioni nel centrodestra, probabilmente ancora alla ricerca di quel leader moderato in grado, dopo Berlusconi, di sfondare al centro e federare la coalizione.
La carenza di visione nella risoluzione dei problemi nazionali e locali che faccia guardare al futuro con rinnovato ottimismo è la conseguenza di una politica debole, di una classe politica mediocre e di un parlamento svuotato nella sua autorevolezza.
Il Presidente Draghi, l’unico finora ad aver restituito collocazione all’Italia in Europa e nel mondo, sta assolvendo al compito di colmare il gap culturale di un sistema partitico che continua a galleggiare attraverso vuoti slogan e occupazione del potere fine a se stesso. Non a caso il Parlamento arranca ancora nella realizzazione concreta del PNRR, così frustrando l’equa redistribuzione di risorse tra nord e sud del Paese. Senza dimenticare la vicina scadenza del mandato del Presidente della Repubblica, rispetto alla quale non viene difficile immaginare, alla luce dello stato di cose, un impegno diretto al Colle dell’attuale Presidente del Consiglio, con inevitabile scioglimento anticipato delle Camere nel 2023.
Si avverte più che mai, allora, il bisogno del superamento di una certa rigidità ideologica novecentesca, così come di una sterile rivendicazione sovranista e populista. Quello delineato è uno spaccato allarmante ma non ineluttabile. Lo scenario che si prospetta, senza un’offerta politica rinnovata e innovata prima che Draghi termini il suo mandato, ci consegna ancora una volta alla primazia della tecnocrazia, quale unica panacea della nostra acciaccata democrazia.
Nel frattempo, negli enti locali, al Sud, i sindaci e gli amministratori continuano a resistere, essendo i primi presidi di democrazia a dover dare risposte alla gente, con sempre meno risorse a disposizione e quindi meno servizi. Restiamo, dunque, noi amministratori locali i portatori sani di relative “nuove” istanze. Istanze che nascono da un’ormai collettiva presa di coscienza che sottende lo spasmodico bisogno di tramutarla in un progetto, in una proposta politica nuova e alternativa rispetto allo scenario visto finora, che sappia guardare con intelligenza al futuro del Mezzogiorno e del Paese, nell’interesse generale di milioni di persone. Occorre recuperare la distanza fra politica e società: se vogliamo la crescita del Paese, dobbiamo rimettere in moto l’economia di tutto il Paese e quindi della Calabria e del Sud. È in quest’ottica che l’Italia del Meridione continuerà la sua azione di ricucitura del Paese e del tessuto sociale, in difesa delle vocazioni territoriali e del grande patrimonio di intelligenze che non bisogna e non possiamo più disperdere.

*Italia del Meridione

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