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“Guerre” tra caporali, criminalità, vendette private: Corigliano Rossano è una polveriera. A fuoco 116 mezzi in due anni

Gli eventi sembrano avere matrici diverse: dalla “guerra” nel mercato agricolo irregolare, agli episodi legati alla sfera privata, a quelli per il posizionamento dei vertici criminali. Come nasce l…

Pubblicato il: 29/10/2021 – 6:58
di Luca Latella
“Guerre” tra caporali, criminalità, vendette private: Corigliano Rossano è una polveriera. A fuoco 116 mezzi in due anni

CORIGLIANO ROSSANO Il furgone dato alle fiamme e crivellato di colpi a Fabrizio e l’auto incendiata nella notte scorsa in contrada Santa Croce, sono solo il penultimo e l’ultimo degli episodi del genere perpetrati a Corigliano Rossano negli ultimi due anni.
Salgono così a 116 i mezzi avvolti dal fuoco: 66 nel 2020, 50 nel 2021. Tanti, troppi, per la quasi totalità dolosi, sui quali da tempo si stanno concentrando le indagini dei carabinieri e della polizia.
Un’escalation incendiaria senza precedenti che preoccupa i cittadini e le istituzioni alla guida della città. A più riprese, infatti, il sindaco Flavio Stasi ha richiesto riunioni del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ed invocato il potenziamento dei presidi delle forze dell’ordine.

Caporalato e bracciantato agricolo

I fenomeni incendiari, più diffusi a Corigliano che a Rossano, sembrano avere matrici e filoni diversi. Secondo gli inquirenti i casi legati al mondo – sarebbe meglio dire al sottobosco – agricolo sono quelli in numero più consistente. Tant’è che sono stati molti i furgoni utilizzati per trasporto di maestranze dati alle fiamme negli ultimi due anni. È, a quanto pare, la traccia investigativa più battuta: trae origine dal reclutamento della forza lavoro, partendo dalla campagna agrumaria che si apre in questo periodo dell’anno nella piana di Sibari. Agrumi e non solo, vista la varietà produttiva d’eccellenza della Sibaritide che si spalma nei dodici mesi.
La “guerra” del caporalato sembrerebbe annoverare oltre il 50% degli atti incendiari consumati sul territorio che, in questo campo, coinvolgono talvolta anche capannoni in cui si lavorano i prodotti agricoli. Parte del bracciantato e del caporalato agricolo sarebbe “in mano” e gestito da stranieri. A questa traccia potrebbero essere collegate diverse aggressioni, risse ed accoltellamenti fra cittadini stranieri, spesso dell’Est europeo.

Malavita organizzata

Secondo gli investigatori e da quel che filtra dalle riunioni in prefettura, gli atti incendiari nell’ambito della criminalità organizzata sarebbero una parte marginale del fenomeno. E che si sarebbe consumata e concentrata in un lasso di tempo definito – qualche mese nel corso dell’estate – a seguito del posizionamento apicale dopo il pentimento del boss Nicola Acri. Anche gli avvenimenti legati alle estorsioni, per gli inquirenti, evidenzierebbero numeri relativi. E ciò per scongiurare la spettacolarizzazione del fenomeno e quindi il richiamo delle attenzioni delle forze dell’ordine.
In questo ambito potrebbero essere classificati diversi atti incendiari connessi alle aste giudiziarie truccate, da cui è poi sfociata l’operazione “White collar”. Alcune auto date alle fiamme, soprattutto nel 2020, pare fossero di proprietà di partecipanti alle aste – o loro congiunti – che si pestavano i piedi.

Vendette private con l’intervento delle “bande”

Potrebbero, infine, assumere connotati paradossali una buona parte di eventi incendiari che, sempre secondo la piega che avrebbero preso alcune indagini delle forze dell’ordine, si sono verificati nella sfera privata. Uno screzio in un bar, questioni sentimentali, una lite condominiale, un prestito non riscosso: qualche soldo alla manovalanza, o forse a qualche banda, e la vendetta è servita. Sintomi, questi, del malessere sociale, che fanno presuppore come il problema, in questi casi, sia di matrice sociologica se la sete di vendetta verso un o una rivale può essere saziata solo pensando di immaginare una cosa del genere. I detective la definiscono addirittura una “moda”, in città, quella di risolvere le questioni in sospeso con l’affidare a qualcuno l’incendio dell’auto.

Il potenziamento delle forze dell’ordine

Che siano fatti collegati alla vita privata, piuttosto che alla criminalità organizzata o al mondo agricolo, il numero così impressionante di eventi delinquenziali ha spinto spesso la politica locale e la società civile a chiedere l’intervento forte dello Stato – che da queste parti ha chiuso l’ultracentenario tribunale di Rossano – ed il potenziamento delle forze di pubblica sicurezza.
In soccorso sta giungendo la fusione: il rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio – in parte attuato con l’istituzione del Reparto territoriale dei carabinieri ed il consolidamento del sistema info-investigativo dell’Arma (qui e qui la notizia), in parte previsto con l’elevazione a distretto del commissariato di polizia – è effetto della forza demografica della “neonata” città.
L’opera di potenziamento delle forze di polizia è, quindi, il primo passo verso il contenimento del fenomeno, anche grazie all’intelligence, pur considerando che il servizio di controllo e prevenzione è arduo e faticoso da attuare in un territorio vasto, qual è quello del comune di Corigliano Rossano, che con i suoi 350 km² e le cinquanta contrade è il più vasto della regione ed il 29° in Italia (il 12° non capoluogo di provincia). Contenere i fenomeni criminogeni nei cinque grandi nuclei urbani – i due centri storici, i due scali e Schiavonea – è una sfida che si affronterà anche con la collaborazione del reparto operativo dei carabinieri di Vibo Valentia, come avvenuto in questi mesi (forse sarà prorogato fino al 31 dicembre), e della squadra anticrimine della polizia per qualche giorno alla settimana. (l.latella@corrierecal.it)

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