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Gli imprenditori e la vicinanza ai clan. «Subappalti ai Iannazzo in aeroporto e per la caserma dei carabinieri»

I verbali dei pentiti nell’inchiesta Brooklyn. «I fratelli Sgromo erano imprenditori “amici”». Le accuse di false fatturazioni e riciclaggio e la Tank srl come ditta di riferimento per le cosche de…

Pubblicato il: 03/11/2021 – 16:39
di Alessia Truzzolillo
Gli imprenditori e la vicinanza ai clan. «Subappalti ai Iannazzo in aeroporto e per la caserma dei carabinieri»

CATANZARO Gli indizi sui fratelli Sebastiano ed Eugenio Sgromo e la loro vicinanza alle cosche la Dda di Catanzaro li aveva – raccolti in verbali di pentiti e informative varie – sulla propria scrivania già da tempo, tanto che i due germani – stando alle ricostruzioni della Guardia di finanza nell’ambito del procedimento Brooklyn – per evitare di incorrere in misure interdittive, avrebbero piazzato, quale schermo giuridico delle loro società, la dipendente Rosa Cavaliere nominata amministratore unico della Tank srl

I lavori subappaltati ai Iannazzo: dall’aeroporto alla caserma dei carabinieri

Gli Sgromo sono considerati vicini ai clan di Lamezia Terme e sul tema, già ad aprile del 2016, è stato interrogato il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, in passato intraneo alla consorteria Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. 
Pulice riferisce agli investigatori che i fratelli Sgromo sono «imprenditori di riferimento della famiglia Iannazzo, provvedendo a subappaltare i lavori ad imprese della cosca, “quali i lavori fatti nell’aeroporto di Lamezia, subappaltati a Pietro Iannazzo o a ditte a lui riconducibili”». Ma non c’è solo l’aeroporto di Lamezia Terme nel lungo novero di lavori che sarebbero stati subappaltati dagli Sgromo ai Iannazzo. L’elenco che fa Pulice è lungo: «I lavori alla scuola di Capizzaglie, la caserma dei carabinieri, la rotatoria di viale del Progresso, e diversi muri di contenimento effettuati sulla strada che conduce a Platania».
Se Rosa Cavaliere rappresentava – nell’ipotesi dell’accusa – uno schermo giuridico per nascondere il vero volto degli Sgromo ai controlli antimafia, la cosca Iannazzo era lo schermo per non avere problemi con i danneggiamenti «in quanto loro non avevano problemi sul cantiere per eventuali danneggiamenti e in questo si creava un rapporti di amicizia», dice Pulice il quale afferma che «che gli Sgromo erano “persone da noi considerate intranee alla cosca e non persone da sottoporre ai danneggiamenti”, e che grazie alla vicinanza con la famiglia Iannazzo hanno avuto modo di espandersi, diventando una importante realtà imprenditoriale della zona». 

La raccomandazione di Rocco Anello per la ditta Sgromo

La ditta cresce sul territorio lametino ma spunta anche in diverse informative che arrivano sul tavolo della Dda di Nicola Gratteri. Un esempio è il procedimento “Imponimento” contro il clan Anello di Filadelfia. Qui si legge di una tentata estorsione ai danni di imprenditori del Vibonese al fine di avvantaggiare alcune ditte di costruzioni vicine alla famiglia Anello, tra cui la ditta Sgromo Costruzioni. Il boss Rocco Anello – racconta il pentito Francesco Michienzi nel 2012 – «si faceva promotore di un incontro con Francescantonio Stillitani esigendo l’affidamento dell’appalto per i lavori relativi alla realizzazione del Garden Resort a favore di imprese “vicine” all’organizzazione criminale. In particolare, il boss Rocco Anello pretendeva che dette operefossero affidate all’impresa di Francesco Pietro Galati (detto “Teng Teng”) per ciò che riguardava i lavori il movimento terra, di Giuseppe Michienzi, padre di Francesco detto “Il bianco”, per la fornitura di materiale inerte, dello stesso Evalto per i lavori di movimento terra ed, infine, dell’impresa Sgromo per la fornitura di calcestruzzo».
Andando indietro nel tempo, Michienzi nel verbale di interrogatorio del 2006 riferisce che gli Sgromo facevano da intermediari tra la cosca Anello e i piccoli imprenditori. «Se vedi che qualcuno fa dei lavori devi andare prima da Sgromo», sarebbe stata la regola. Perché «gli appartenenti alla consorteria prima di effettuare delle richieste estorsive ad imprenditori della zona» dovevano rivolgersi a Sebastiano ed Eugenio Sgromo. 

Dal Lametino a Vallefiorita

Recentissime sono, invece, le dichiarazioni del collaboratore Salvatore Danieli il quale, sentito a maggio 2021, «ricostruisce la figura dei fratelli Sgromo come imprenditori “amici”, nel senso che non subiscono in alcun modo atti intimidatori, evidenziando un rapporto di scambio con la cosca di Vallefiorita, attraverso, ad esempio l’affidamento di forniture di cemento, dando poi alla cosca una percentuale sui lavori». L’aggravante mafiosa dell’inchiesta Brooklyn investe la maggior parte dei reati: trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso, autoriciclaggio semplice e aggravato dal metodo mafioso, associazione per delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso, corruzione in atti giudiziari aggravata dal metodo mafioso, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio aggravato dal metodo mafioso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata dal metodo mafioso.
Secondo il gip Paola Ciriaco «la partecipazione dei fratelli Sgromo all’associazione relativa al gruppo di imprese dedite alle false fatturazioni ed al riciclaggio, in cui si evidenziano la finalità agevolativa delle cosche di riferimento», e per il giudice non vi sono dubbi «circa il fatto che le imprese dei fratelli Sgromo, ed in questo caso la Tank s.r.l. di cui essi sono effettivi amministratori, venga utilizzata anche al fine di agevolare le cosche della zona, provvedendo essi a subappaltare parte dei lavori legittimamente aggiudicati grazie alla fittizia intestazione ad altri soggetti (in questo caso, Cavaliere Rosa)». Il gip esclude l’aggravante mafiosa solo per quanto riguarda la posizione di Rosa Cavaliere la quale non avrebbe avuto consapevolezza dell’ombra lunga delle cosche sulle attività che le avevano intestato gli imprenditori. (a.truzzolillo@corrierecal.it

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