LAMEZIA TERME Dallo stato di ebbrezza alla rissa, tra minacce di morte, pistole, coltelli e ceffoni. Un campionario degno di molte periferie cittadine degradate, ma questa volta i protagonisti sono soggetti di elevata caratura criminale e con alle spalle potenti cosche della ‘ndrangheta calabrese, sebbene l’episodio sia avvenuto nella provincia di Varese, in Lombardia. La vicenda risale al 5 aprile del 2021 e i protagonisti sono i fratelli Simone e Domenico Ficarra, quest’ultimo considerato dagli inquirenti a capo del gruppo criminale, Antonio e Angelo Salerni e i componenti della famiglia Costagrande, “i Seminaroti”, con il padre Carmelo e i figli Davide e Paolo, tutti originari del Reggino tra i centri di Seminara e Palmi. E poi c’è la presenza di Rocco Antonio Piccolo, anche lui di Palmi, attualmente agli arresti domiciliari per reati in materia di armi.
La ricostruzione dell’episodio, effettuata da parte degli inquirenti attraverso intercettazioni ambientali e telefoniche, è finita nel fermo di indiziato firmato dal procuratore aggiunto del Tribunale di Milano, Alessandra Dolci e i sostituti Sara Ombra e Pasquale Addesso e che ha portato all’arresto di 54 persone (QUI LA NOTIZIA), legate alla ‘ndrangheta calabrese. Una vicenda che definisce – secondo l’accusa – la caratura criminale dei soggetti fermati. La lite, infatti, prosegue con un violento pugno sferrato da Angelo Salerni nei confronti di “Rocco”, responsabile di aver causato la caduta del padre Giuseppe. Al trambusto violento si aggiunge, poi, Antonio Salerni – tra i fermati dell’inchiesta – che sferra due schiaffi a Paolo Costagrande che, come ricostruito, avrebbe invece blandito minacciosamente un coltello e averlo accusato di essere un infame per aver richiesto l’intervento dei Carabinieri. Una rissa che, almeno secondo la ricostruzione, poteva avere esiti ben più drammatici considerata la disponibilità di un’arma da fuoco da parte di Attilio Salerni. La conferma arriverà il giorno successivo da due conversazioni captate dagli inquirenti tra Attilio Salerni e le due figlie. «Davide ieri gli stava sparando», spiega alla prima. Sarà invece l’altra figlia a spiegare al padre di avere occultato l’arma «dietro il cartongesso a metà della scala». Gli schiaffi a Paolo Costagrande, però, avranno strascichi inevitabili.
«(…) ubriachi fradici hanno fatto un puttanaio della ma****, e tu vieni a casa mia e mi dici ” ti sparo come un cane” e perché non vieni oggi a spararmi?». Nella lite, infatti, i Costagrande avevano rivolto pesanti insulti e minacce ad Antonio Salerni, insomma una grave mancanza di rispetto per le famiglie Salerni e Ficarra nel loro stesso territorio. È in questa circostanza che – come ricostruito dagli inquirenti – entrerà in gioco Domenico Ficarra, pronto a coinvolgere nella vicenda un referente della potente famiglia di ‘ndrangheta dei Piromalli, Pasquale Guerrisi. Non una figura qualunque. Guerrisi, infatti, è indiscutibilmente il braccio destro di Antonio “’Ntoni” Piromalli, già reggente dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta sino al suo arresto avvenuto nell’anno 2017, così come certificano numerose sentenze giudiziarie. «(…) ieri ho dovuto fare la pecora, purtroppo che cosa dovevo fare, perché non viene adesso che lo sto aspettando qua, tu pensi che io sono un coglione?». Un altro passaggio della conversazione di Antonio Salerni con un’altra persona, captata dagli inquirenti.
Nonostante l’apparente sicurezza, però, la tensione sale. Antonio Salerni, infatti, è preoccupato per eventuali ritorsioni da parte di Carmelo Costagrande per gli schiaffi sferrati al figlio, Paolo, tanto da aver interessato Andrea Stillitano – tra i fermati – per ottenere un “intervento” «(…) ora mi ha chiamato due minuti fa, che comanda lui» dice Salerni alla sorella Teresa, «vedi te che cazzo dovete fare e io non posso stare tranquillo a casa mia (…) quell’altro figlio non lo conosco, io gli ho detto finiscila, finiscila, finiscila». E spiega ancora: «Io ho sbagliato con il figlio e gli ho dato lo schiaffo perché io non sapevo che… io gli ho detto che gli fo dato lo schiaffo e ti chiedo scusa perché non sapevo che era tuo figlio perché io se io avessi saputo che era tuo figlio…».
La conversazione prosegue fino all’arrivo di Domenico Ficarra, determinato insieme alla mamma Teresa ad ottenere le scuse dei Costagrande e garantire la “protezione” ad Antonio Salerni. Nonostante la famiglia non potesse più contare sull’intervento di Rocco Molè, nel frattempo finito in carcere. «(…) che non ce l’abbiamo, sennò sai come gli faceva il sedere Rocco, se avevamo a Roccuccio qua fuori, ieri sera, senza… senza manco un… niente…».
Domenico Ficarra, allora, decide di chiedere aiuto a Guerrisi e lo contatta telefonicamente. «(…) oh fratello, senti un attimo vedi che ti devo dire una cosa urgente, importante, mi senti? (…) domani tu sei a Milano al cento per certo? (…) perché ieri mi sono litigato io…». «Allora – gli risponde Guerrisi – mi mandi un messaggio che io appena sono all’albergo ti mando il codice». «Sì… vedi che ti sto dicendo una cosa: tante soddisfazioni voglio!». Domenico Ficarra continua a rassicurare Antonio Salerni «Tu puoi stare tranquillo ora arriva quello…» E spiega: «Pasquale, sai perché è meglio Pasquale, sai perché? Rocco non c’è, a chi vado a …Nino non c’è, Momo non c’è, Mico non c’è», tutti elementi di spicco a lui più vicine ma sulle quali non poteva momentaneamente contare. «Questo si chiama Pasquale Guerrisi…Pasquale Guerrisi, già primo cugino dei Piromalli, di ‘Ntoni (Antonio Piromalli ndr) quello che c’ha comperato qua il palazzo… quello che ha ammazzato a Rocco…a me mi portano le arance a mia mamma (…) nel periodo che mi sembrava che stavano arrestando latitanti, mi hanno preso mi hanno portato dentro, dentro una casa sotterranea che pareva un covo…».
Il 6 aprile Antonio Salerni incontra Andrea Stillitano e gli racconta gli avvenimenti della sera precedente. Stillitano prima condanna il comportamento, poi racconta di aver parlato con Carmelo Costagrande che si era detto «affranto e costernato per i fatti del pomeriggio», rinnovandogli la sua vicinanza: «(…) se tu mi chiami… e tieni un problema… se ci penso io… e mi chiami… secondo te me ne potevo stare a casa? Ma pure a piedi venivo! (…) a disposizione per te… o per la tua famiglia…». Vicinanza simile anche da parte di Alessandro Palmieri, indicato come organico alla cosca Mammoliti di San Luca, a sua volta in affari con i Piromalli. Palmieri, in particolare, lamenta di non essere stato contattato subito: «(…) perché se tu hai bisogno… io ci sono e tu la stessa cosa…». Antonio Salerni, poi, spiega di non averlo contattato «perché quelli erano di Seminara e non volevano ragionare…».
Ma non è tutto. Nel corso della conversazione Antonio Salerni riferisce di un avvenimento importante e che certifica il rafforzamento della famiglia Ficarra all’interno degli equilibri di ‘ndrangheta a Gioia Tauro ovvero il fidanzamento del nipote Simone Ficarra con la figlia 19enne di Rocco Molè, ucciso a Gioia Tauro nel 2008. «… mio nipote Simone questo qua, si è fidanzato con la figlia di Rocco Molè, quello che è morto… che c’ha 19 anni si è fidanzata, adesso stanno facendo il fidanzamento con mio nipote».
Il chiarimento definitivo con la famiglia Costagrande avverrà – come ricostruito dagli inquirenti – il 24 aprile 2021, a circa tre settimane dalla rissa. Quel giorno, infatti, Attilio Salerni riceve una telefonata da Andrea Costagrande per invitarlo a vedersi in un noto bar di Gerenzano. In serata, poi, Simone Ficarra contatta Attilio Salerni per sapere se avesse ricevuto le scuse da Costagrande. «Vi hanno chiamato a chiedervi scusa?» e commentano soddisfatti per come sono riusciti a tenere testa ai Costagrande: «Che avevano trovato… avevano trovato i mongoli?! uno… sbatte… non si sa dove sbatte… no! poi si fanno male!». «I Piromalli mi hanno chiamato e mi hanno detto che volevano una cosa eh… per parlare e io ti dico la verità, mi sto sempre lontano, però se c’abbiamo bisogno… possiamo muovere il mondo qua!». (redazione@corrierecal.it)
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