CATANZARO «È stato un viaggio molto lungo, ma ci hanno aiutato tutti, gli italiani sono stati molto bravi». È la frase che riecheggia con più frequenza all’arrivo, a Catanzaro, di poco più di 20 tra donne e bambini in fuga dall’Ucraina. Parole di chi ha lasciato il proprio paese, la casa, l’affetto dei propri cari, partiti per una terra sconosciuta. Ospitale e accogliente, certo, ma lontana migliaia di chilometri dalla propria esistenza che pare quasi dimenticata. Ma non è così. Lo si legge negli occhi spauriti e stanchi, nei sorrisi accennati di chi si sente circondato da affetto e vicinanza, ma pur sempre sconosciuto. Saranno tutti accolti nell’istituto Salesiano a Soverato, grazie alla disponibilità dell’amministrazione e di Daniela Vacca, sindaco facente funzioni proprio di Soverato.
L’enorme tragedia che ha scosso il cuore dell’Europa da ormai oltre tre settimane, in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, coinvolge un po’ tutti. Non solo milioni di persone, bambini e donne, madri di famiglia ucraine, costrette a scappare dalla furia delle bombe nemiche che da giorni cadono violente distruggendo le proprie abitazioni, quelle che hanno costruito o comprato con i soldi di una vita di lavoro e fatiche. E a lasciare al fronte ucraino mariti, padri e fratelli. La rete della solidarietà come raramente è accaduto in tutti questi anni, sta funzionando alla grande, e sono già migliaia gli ucraini arrivati in Italia, così come in Calabria.
Storie di vita che incastrano nelle nostre, ridisegnandone i confini. «In Ucraina – racconta una donna appena arrivata a Catanzaro – è rimasta tutta la mia famiglia, marito e fratelli. Il viaggio è andato bene, siamo stati trattati bene in Polonia e ovviamente qui in Italia. Ci hanno sfamato e accolti. La nostra speranza è che questa terribile guerra finisca presto possibile e che possiamo tornare a casa». «Gli italiani sono stati molto accoglienti, non ce l’aspettavamo perché siamo arrivati in un paese che non conosciamo affatto. A casa – racconta un’altra ragazza più giovane – ho lasciato mio padre e mio zio perché gli uomini non possono lasciare l’Ucraina. Spero come tutti che questa guerra finisca, di poter tornare a casa e ricostruire tutto quello che è stato distrutto».
E poi ci sono le lacrime e la disperazione, per tutto quello che è stato lasciato e per l’orrore vissuto in queste settimane. «Tanta paura, paura del male. Mi dispiace per le persone che sono morte, è molto triste e fa molta paura. Putin non si fermerà, ma spero che qualcuno lo faccia presto. Bisogna ricostruire tantissime città ora distrutte, ci sono tante persone che stanno male, troppo dolore per le tante vittime e i tanti bambini morti». «Sono qui con mia figlia, gli altri tre figli sono rimasti in Ucraina a combattere. Abbiamo un presidente molto bravo e per questo speriamo che tutto finisca presto, il popolo ucraino è unito, ce la faremo, ricostruiremo tutto ma la guerra deve finire subito».
C’è poi il racconto, e non è affatto marginale, di chi ha reso possibile il loro arrivo in Calabria. È Domenico Vitale, imprenditore e danni attivo all’estero. «Volevo dare una mano – ha raccontato ai giornalisti – non c’è nessun’altra idea dietro. Solo aiutare chi ne ha bisogno. Al confine si vede la tristezza e la paura che questa gente ha negli occhi. Vengono da posti in cui hanno sentito le sirene per settimane intere, hanno visto bombardamenti, amici e persone morire, mariti e fidanzati sul fronte. Si vede il terrore, ma anche la felicità quando passano il confine e quando arrivano nel centro rifugiati e capiscono che il peggio è passato, che la loro vita è cambiata. Ci sono però centinaia di ragazzi da tutta Europa che stanno arrivando in quei luoghi, portando il loro aiuto».
«Più che speranza – racconta ancora – c’è la dignità del futuro e del loro passato. Sanno che la loro vita ritornerà, c’è bisogno di tempo, e vogliono viverla qui con dignità, non chiedono assistenza, vogliono trovare lavoro e spero che le istituzioni varie riescano ad aiutarli. La speranza c’è». «Sapevo di trovare una situazione estrema ma fin quando non si vedono quei posti, non si sentono quegli odori, non si riesce a capire fino in fondo». «Consiglio a tutti di fare collette, mettere insieme un po’ di soldi, abbiamo i numeri della Protezione civile italiana che è lì sul posto in Polonia. Ognuno può fare quello che può, non c’è eroismo. I veri eroi sono questi bambini, spero che non abbiano traumi per il resto della loro vita, noi possiamo solo portarli via da là». (redazione@corrierecal.it)
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