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la tragedia

Sbranata dai cani a Satriano, il branco prima docile poi aggressivo. L’odissea di Simona

Le urla per chiamare il pastore. L’ultimo video. Il gip: «Responsabilità per omissione. Pastore incapace di ponderare le conseguenze delle sue azioni»

Pubblicato il: 02/04/2022 – 6:54
di Alessia Truzzolillo
Sbranata dai cani a Satriano, il branco prima docile poi aggressivo. L’odissea di Simona

CATANZARO Obbedivano solo a lui, al padrone, al pastore che teneva il proprio gregge a 150 metri dalla pineta di Monte Fiorino, a Satriano, all’interno della quale, sotto alcuni alberi, è stato trovato il corpo di Simona Cavallaro, dilaniato da un gruppo di 12/13 cani da pastore maremmano tenuti a guardia del gregge di Pietro Rossomanno, 45 anni, che oggi è accusato di omicidio colposo, introduzione ed abbandono di animali in fondo altrui, invasione di terreni e pascolo abusivo. Le indagini sono state condotte dai carabinieri di Satriano, con l’ausilio dei colleghi di Davoli, e coordinate dalla Procura guidata da Nicola Gratteri.
Secondo il gip Antonio Battaglia la presenza di Rossomanno per gestire e richiamare i cani era indispensabile. In caso contrario il rischio è quello che il pastore Maremmano si comporti come ha rilevato il veterinario consultato dagli inquirenti, ovvero come «un cane essenzialmente deputato a difendere il gregge strenuamente e senza paura […] caratteristica rafforzata quando all’interno del branco viene stabilita una gerarchia sociale in cui il cane “alfa” determina il comportamento degli altri». Dunque, verosimilmente, quando il padrone non c’è, è il cane alfa che comanda il branco.
E quel giorno, il 26 agosto 2021, il pastore Rossomanno non c’era per richiamare i suoi cani. Era troppo lontano per sentire i fischi e le urla di due ragazzi in difficoltà. È lo stesso indagato a raccontare che quel giorno, intorno alle 6:30/7:00 «era salito all’ovile a piedi per liberare gli animali affinché rimanessero a pascolare in zona; dopo di che, era sceso verso il paese, ove era rimasto fino alle 18.00, quando si era fatto accompagnare in auto per recuperare il gregge». Un gregge che, seguito dai cani, era abituato a pascolare dove non doveva, come la vicina pineta di Monte Fiorino.
Le telecamere riprendono Rossomanno arrivare alle 11:08 in un bar di Satriano e uscire alle 12:39. Quando torna, alle 18, la terribile tragedia si è già consumata. Sul posto trova i carabinieri che avevano dovuto sparare più volte per «difendersi dai cani presenti in zona che si mostravano piuttosto aggressivi», mentre al suolo giaceva il corpo senza vita della giovane Simona, morta per «lo shock emorragico dovuto alle lesioni multiple patite e al depezzamento con lacerazione degli arti inferiori, del capo e delle pelvi».

Dalla docilità alla ferocia

Simona era arrivata alla pineta, nel primo pomeriggio del 26 agosto, con un amico «per eseguire un sopralluogo dell’area pic-nic attrezzata, con lo scopo di organizzare un’uscita con gli amici per la domenica successiva». Mentre i ragazzi perlustravano la zona, «arrivava un gregge di ovini coi cani al seguito, i quali inizialmente si mostravano docili e tranquilli, al punto che il ragazzo registrava un video di Simona insieme agli animali». Cos’è accaduto per scatenare l’aggressività dei cani? Stando a quanto racconta il ragazzo, confrontato con la relazione del veterinario, «gli animali, sebbene inizialmente tranquilli, divenivano immediatamente aggressivi quando il cane alfa iniziava ad abbaiare e a correre verso la Cavallaro, determinando, in tal modo, la simbiosi comportamentale degli altri componenti del branco». Comunque, nonostante una prima situazione apparentemente tranquilla, il ragazzo suggerisce all’amica di attendere il passaggio del gregge all’interno di un manufatto in legno, simile a una chiesa, sito al centro della pineta». Simona inizialmente lo segue. Tuttavia poco dopo decide di uscire. I due «fischiando ed urlando, tentano di richiamare l’attenzione del pastore, pensando che fosse nelle vicinanze, senza alcun esito».
«Poco dopo un cane inizia ad abbaiare contro Simona Cavallaro provocando, in tal modo, l’arrivo degli altri animali che, divenuti aggressivi, accerchiavano la ragazza costringendola a fuggire nella direzione opposta al rifugio». Il ragazzo perde di vista l’amica, «della quale sentiva unicamente le urla d’aiuto, richiedeva un celere intervento delle Forze dell’ordine, contattava i soccorsi, e, subito dopo, allertava la madre e un amico». Dopo un’ora arrivano i carabinieri che trovano il ragazzo all’interno della chiesetta e, da subito, sono costretti a difendersi dall’aggressività dei cani. Quando ritrovano il corpo di Simona i militari vengono «nuovamente accerchiati dal branco, la cui aggressività costringe il comandante della Polizia Locale a sparare tre colpi di pistola per allontanarli ed evitare ulteriori ferimenti».

Occupazioni abusive

Mentre vi sono le operazioni di recupero della salma arriva, Rossomanno il quale ammette di essersi recato sul posto per radunare il gregge e riportarlo all’ovile che si trova a 150 metri, dove c’è l’azienda di zootecnica del pastore dove, all’interno di tale area agricola, è ricompreso un fabbricato rurale utilizzato quale appoggio all’allevamento ivi ubicato. Entrambi i luoghi sono stati occupati abusivamente e arbitrariamente dal Rossomanno, trattandosi di beni ricadenti nella proprietà demaniale dello Stato in quanto sequestrati e confiscati» allo zio.
«Dagli accertamenti effettuati – è scritto nell’ordinanza che ha posto Rossomanno ai domiciliari – è emerso, inoltre, che l’ovile sito in località San Nicola, luogo teatro dei fatti oggetto di giudizio, è stato edificato su un suolo di proprietà del Comune di Satriano destinata a pascolo/cespugli, area per la quale non è stato emesso nessun atto di concessione, fitto o titolo di proprietà in favore del Rossomanno o dei suoi familiari. In esito a ulteriori verifiche e controlli presso il servizio veterinario dell’Asp di Catanzaro, gli inquirenti hanno anche appurato che fino al 26 agosto 2021 Rossomanno aveva dichiarato il possesso di quattro cani posti a guardia del gregge, un numero di gran lunga inferiore rispetto a quelli che, in seguito alla cattura, sono risultati coinvolti nell’aggressione e di cui il Rossomanno ha più volte dichiarato la proprietà». Lo stesso indagato ha dichiarato «di custodire ovini e caprini nei pressi della pineta e che a guardia del suo gregge vi era un branco di cani da pastore maremmano, di sua proprietà, quattro dei quali regolarmente registrati e dotati di microchip».

Agli ordini del pastore e i precedenti

Quello che i carabinieri di Satriano, aiutati dai colleghi di Davoli, hanno appurato è che i cani eseguivano gli ordini del pastore, «nei suoi confronti, gli animali assumevano un atteggiamento di arrendevolezza e, viceversa, ringhiavano e abbaiavano con ostilità verso i soggetti estranei». La sua presenza si era rivelata fondamentale per la cattura dei cani il giorno seguente alla tragedia. Non solo. Una testimone ha raccontato che, qualche mese prima della tragedia di Simona, a maggio, durante un’escursione in Contrada Ferrara, era stata intimorita da un branco di cani posto a guardia di un gregge di capre, i quali, l’avevano accerchiata abbaiando e ringhiando, fino a quando non era sopraggiunto il pastore che aveva richiamato i cani che subito lo avevano seguito. Nel corso di una individuazione fotografica la donna ha riconosciuto Rossomanno. Anche un gruppo di ciclisti ha raccontato di una tentata aggressione da parte di un branco di cani post a guardia di un gregge. Ma sull’identità del pastore non hanno avuto certezze. Un dato appare certo: che i cani che Rossomanno riconosce come suoi sono quelli che hanno aggredito Simona: al momento della cattura alcuni di loro avevano il pelo ancora sporco di sangue in corrispondenza della testa e del collo e le analisi dei Ris di Messina hanno trovato quelle tracce compatibili col sangue della ragazza.

Responsabilità per omissione

Secondo il gip Battaglia «in punto di diritto il caso in questione pone il problema della responsabilità per omissione, ovvero dei reati omissivi impropri che consistono nella violazione giuridica di impedire un evento».
«Il suo intervento al momento dei fatti – prosegue il gip –, invano invocato dalla ragazza e dal ragazzo, che a lungo avevano gridato e fischiato per richiamare la sua attenzione, avrebbe con altissima probabilità evitato l’infausto evento, con il semplice richiamo degli animali che, come in altre occasioni, avrebbero facilmente ammansito il loro atteggiamento aggressivo». Rossomanno rappresentava una garanzia, dunque, per tutelare la vita della giovane «considerato lo stretto legame dell’uomo con la fonte di pericolo, che si sostanzia nella proprietà dei cani che aveva impiegato a guardia del gregge e che poi si erano resi protagonisti dell’aggressione che aveva determinato il decesso della giovane».
«Ebbene, il Rossomanno ha violato una regola cautelare, ossia il dovere di sorvegliare sul gregge e, soprattutto, sui cani da pastore, che – per loro natura – avrebbero potuto manifestare ostilità verso gli sconosciuti».
Il gip si discosta dall’ipotesi del dolo contemplata dall’accusa configurando maggiormente l’ipotesi della colpa: «Ebbene, a fronte di ciò, la configurazione operata nella richiesta cautelare in termini di dolo omicidiario in forma eventuale non appare sorretta da idonei elementi a suffragio. Il fatto deve invece essere opportunamente riqualificato in termini di omicidio colposo, ricorrendone tutti gli elementi costitutivi: infatti, la condotta tenuta dal Rossomanno, caratterizzata da assoluto disinteresse e sciatteria nella gestione del suo gregge e dei cani al seguito, risulta gravemente imprudente, negligente ed imperita, in rapporto di evidente causalità con la morte della Cavallaro».

Nuovi cani per sostituire il vecchio branco

Secondo il gip sussistono le esigenze cautelari per destinare Rossomanno ai domiciliari. Come il concreto pericolo di reiterazione del reato. «La condotta complessivamente tenuta dall’indagato palesa evidentemente sprezzo per le basilari norme comportamentali nello svolgimento della sua attività lavorativa, oltre che per l’altrui incolumità, elementi, questi fortemente sintomatici di fortemente sintomatici di un’accentuata pericolosità sociale». Rossomanno viene indicato come un soggetto «scarsamente riflessivo, incapace di ponderare le conseguenze delle sue azioni», tanto che «dopo la cattura ed abbattimento dei cani, si è subito attivato per procurarsene di nuovi, come è emerso dalle successive iscrizioni all’anagrafe canina». Pietro Rossomanno, assistito dall’avvocato Vincenzo Cicino, giorno 5 aprile sarà sentito dal gip nell’interrogatorio di garanzia e deciderà se rispondere o meno alle domande del giudice. (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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