In Calabria pane pagato a peso d’oro. Ecco dove costa di più
Notevoli differenze di prezzo nei centri più grandi della regione. Assipan: «Colpa delle materie prime. I panificatori rischiano di scomparire»

CORIGLIANO ROSSANO È uno dei prodotti alimentari più antichi al mondo e ve n’è talmente tanta varietà da assecondare davvero tutti i gusti e le tradizioni. Stiamo parlando del pane, immancabile sulle tavole italiane e calabresi.
In queste ultime settimane, anche a causa del caroprezzi generato dal conflitto in Ucraina, il prezzo del pane è “lievitato” di diversi centesimi, addirittura di qualche euro. Colpa delle materie prime, del grano, dei carburanti, dell’energia elettrica, del gas, della carta e del cartone. E del costo del lavoro.
I panificatori calabresi, per mantenere uno standard adeguato di qualità, nel rispetto delle memorie delle tante Calabrie, si sono dovuti adeguare e le conseguenze sono ricadute sull’utente finale, il consumatore.
In Calabria il prezzo del pane varia da comune a comune, da provincia a provincia, da forno a forno. Esiste una sorta di tacito assenso di comunità, per cui i prezzi si assestano su una media, ma la forbice – a volte – può essere elevata.
Prendendo come campione un chilo di pane di grano duro, la classica pagnotta calabrese, siamo andati a chiedere quanto costasse nei comuni calabresi più grandi, oltre che nei cinque capoluoghi di provincia. E le sorprese non sono mancate.
L’esempio lampante – seppur nella stessa provincia – è il divario tra Gioia Tauro e Reggio Calabria: 4 euro al chilo nella città della piana, intorno a 2,50 nel capoluogo. Gioia Tauro occupa il primo gradino di questa speciale classifica, Reggio l’ultimo. In mezzo una serie di sfumature.
Il panificatore oggi non è più solo il panettiere di paese o di quartiere, ma un vero e proprio imprenditore che acquista materie prime, le trasforma e le commercializza, tutto a sue spese, assumendosi il rischio di impresa.
La forbice così ampia dei prezzi in Calabria è la cartina tornasole dei problemi che gravano sulla categoria.
La classifica
Ed allora, come accennato, si passa dalle 4 euro al chilo a Gioia Tauro a 2,30 – prezzo minimo – di Reggio. Dopo Gioia Tauro troviamo il celebre pane di Cerchiara di Calabria, distribuito nel nord-est calabrese con una variazione di prezzi compreso tra 3,60 e 4 euro. A seguire ci sono Catanzaro, dove un chilo di pane costa tra 2,80 e 3,40, Corigliano Rossano 3,20, Cassano allo Ionio e Locri-Siderno 3 euro, Paola-Amantea 2,60-2,80. A Cosenza, Crotone, Vibo Valentia e Castrovillari, il pane costa in media 2,50; a Lamezia Terme tra 2,40 e 2,80 ed infine a Reggio Calabria il prezzo di partenza di 2,30 ma può anche aumentare.
Bomparola: «I panificatori rischiano di scomparire»
Partendo dal presupposto che il panificatore è ormai un imprenditore, a tutti gli effetti, secondo Francesco Bomparola, segretario di Assipan (Associazione nazionale panificatore e affini) della provincia di Cosenza, questa professione – definita un’arte – rischia di scomparire. Per sempre. Perché le nuove generazioni dei panificatori, potrebbero non essere più in grado, nel giro di una decina d’anni, di reggere l’urto dei prodotti industriali.
«Dobbiamo far capire al consumatore finale che i panificatori hanno una responsabilità sociale, giacché il pane è un elemento primario della dieta mediterranea. L’inflazione morde ed i problemi partono dall’approvvigionamento delle materia prima, la farina che aumenta di prezzo perché o si ha paura della contrazione nelle forniture o si specula. E poi bisogna aggiungere i costi del carburante per il trasporto, la sicurezza nei luoghi di lavoro, il costo del lavoro stesso. Assipan – dice Bomparola – ha rilevato in questi ultimi mesi forti tensioni. Questa, poi, è una categoria che lavora di notte, non riposa, non ha giorni di festa o ferie ed è bene che il consumatore capisca che il prodotto, il pane, lo si vende ancora sottocosto».
«Il granaio principale dell’Europa è l’Ucraina e la paura che il grano possa finire, legata alle tensioni internazionali, genera il caroprezzi. Come c’è tanta preoccupazione che il pane, quello buono, possa sparire dalle nostre tavole. Per questo la Camera di Commercio sta intervenendo sulla diversificazione degli approvvigionamenti con iniziative al 50% a fondo perduto per il rinnovo energetico come i pannelli solari».
Sostanzialmente, per Bomparola, la categoria «va sostenuta. Questa crisi è un campanello dall’arme per tutti. È un mestiere nobile e antico che nessuno vuole più esercitare».
La qualità prima di tutto. «Il consumatore finale – conclude il segretario provinciale di Assipan – deve sapere che se ci sono stati dei rincari sono dovuti al mantenimento dello standard di qualità».
Malagrinò: «Aumenti dovuti ai prezzi delle materie prime»
Il presidente dell’Associazione nazionale panificatori e affini della provincia di Cosenza, Antonio Malagrinò, titolare di un noto panificio della costa ionica, è un panificatore tradizionale, vecchio stampo.

«Le aziende di panificazione subiscono i costi enormi ed i rincari delle materie prime – dice – come farina, carburanti, gas, elettricità. Le nostre aziende lavorano giorno e notte per far giungere il pane sulle tavole di tutti. Con grande amarezza constatiamo che è l’utente finale a pagarne le conseguenze sui prezzi, ma i primi a subire perdite siamo noi, anche perché non intravediamo un futuro per la categoria e la panificazione, col rischio che questo antico mestiere potrebbe perdersi per sempre. Difficile contrastare la panificazione industriale, nonostante siano tanti i dubbi sulla qualità di prodotti precotti e congelati. Siamo davvero sicuri – conclude il presidente dell’associazione di Confcommercio Cosenza – che non fa male?».
Insomma, tra divari di prezzi, infinite qualità, l’ultimo dei problemi – non nel mero senso economico – sembra essere alimentato anche dalla grande distribuzione che incide fortemente nei ricavi dei panificatori. «Talvolta – sottolinea Bomparola – incidendo anche oltre il 50%». (l.latella@corrierecal.it)