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Dal Canada alla Germania fino in Costa d’Avorio: ecco tutte le ramificazioni della ‘ndrangheta intercontinentale

La ricostruzione degli “insediamenti” all’estero delle cosche calabresi. La leadership mondiale nel narcotraffico e le dinamiche imprenditoriali

Pubblicato il: 25/04/2022 – 11:34
Dal Canada alla Germania fino in Costa d’Avorio: ecco tutte le ramificazioni della ‘ndrangheta intercontinentale

Una «capillare ramificazione fuori dai confini nazionali», sfruttando le rotte della droga, le “maglie larghe” delle legislazioni antimafia e dei sistemi finanziari dei paesi stranieri e i “paradisi fiscali” che all’estero abbondano. La ‘ndrangheta tentacolare e oramai sempre più globale trova conferma ed emerge plasticamente dall’ultima relazione semestrale della Dia, che “mappa” con estrema precisione le dinamiche che alimentano la «vocazione transazionale» delle cosche calabresi, ormai leader mondiali nel narcotraffico.

Le dinamiche transnazionali

La Dia anzitutto delinea il contesto generale. «Nel complesso, la criminalità organizzata italiana si conferma tra i maggiori protagonisti globali che, evidenziando una chiara vocazione economico-imprenditoriale, si è dotata di una struttura organizzativa flessibile, senza incidere l’indissolubile legame storico con il territorio d’origine. Questa vocazione transnazionale – specifica la Direzione investigativa antimafia – è maggiormente evidente per la ‘ndrangheta, la quale, proprio in virtù delle relazioni privilegiate instaurate con i produttori di sostanze stupefacenti in America Latina, si è ritagliata un ruolo di “leadership” mondiale nell’ambito del narcotraffico, divenendo una vera e propria holding criminale di rilevantissimo spessore internazionale». Inoltre, per la Dia «all’estero le cosche sono in grado di sfruttare le opportunità offerte dai differenti territori privilegiando l’insediamento in Stati che hanno adottato sistemi normativi con “maglie larghe” e che consentono una più agevole attività di reinvestimento dei capitali illeciti. Significativa è l’attività di corruttela emersa nell’operazione “Tutto il mondo è paese” che ha mostrato la capacità delle consorterie criminali di riuscire ad ottenere autorizzazioni indebite per svolgere un’attività estrattiva in Costa d’Avorio.  Un altro segnale connesso con l’abilità dei sodalizi di espandere la propria sfera di influenza all’estero si può rilevare dai lunghi periodi di latitanza trascorsi dai boss calabresi fuori dal dal nostro Paese, a riprova della capillare ramificazione della ‘ndrangheta fuori dai confini nazionali. Esemplificativo, sotto questo aspetto, l’arresto, effettuato con un’attività svolta dai carabinieri in collaborazione con Interpol e la Polizia brasiliana del boss Rocco Morabito, catturato insieme ad un esponente del locale di Volpiano a Joao Pessoa, in Brasile il 24 maggio 2021: «Il boss africota – spiega la Dia – si era reso protagonista di una rocambolesca latitanza iniziata nel 1994 a seguito di una condanna a 30 anni di reclusione per associazione di tipo mafioso e tragico internazionale di stupefacenti. Il boss era stato poi localizzato dai carabinieri con il supporto operativo della Dcsa nel 2017 in Uruguay a Punta del Este e catturato dalla locale Polizia. Nel 2019, tuttavia, era riuscito ad evadere poco dopo l’accoglimento da parte del Tribunale penale di appello dell’Uruguay della richiesta d’estradizione italiana».

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Il presunto boss Rocco Morabito al momento del suo ultimo arresto

Gli affari nel Vecchio Continente

I “radar” degli investigatori antimafia hanno censito la presenza concreta della ‘ndrangheta in gran parte dell’Europa. In Spagna – scrive ancora la Dia – «la criminalità organizzata calabrese «avvalendosi di solide relazioni con organizzazioni criminali di narcotrafficanti, ha avviato una morente attività di negoziazione di sostanze stupefacenti»: risultanza di questo si ha nell’operazione “Molo 13” contro la cosca Gallace di Guardavalle. «Un altro aspetto che coinvolge le ‘ndrine calabresi nel territorio spagnolo è quello legato al riciclaggio di denaro di provenienza illecita e al favoreggiamento degli affiliati», come si evince dall’arresto a Barcellona di un esponente della cosca Romeo Stacchi di San Luca, inserito nell’elenco dei latitanti pericolosi del ministero dell’Interno. In Francia la ‘ndrangheta ha scelto come territorio di insediamento soprattutto la Costa Azzurra, epicentro degli affari di consorterie come la cosca Raso-Gullace-Albanese di Cittanova. Nel Regno Unito poi si registra «l’interesse delle varie mafie nostrane, che sono riuscite a infiltrarsi nel tessuto economico britannico, investendo e reimpiegando i proventi delle attività di riciclaggio, sfruttando le vulnerabilita e le peculiarità della normativa sul diritto societario anglosassone». L’operazione “Rinascita Scott” ha permesso di rilevare diverse operazioni di riciclaggio effettuate proprio nel regno Unito dal clan Mancuso di Limbadi. Inoltre altre attività di indagine hanno già accertato il coinvolgimento della ‘ndrangheta in alcune attività di riciclaggio, intraprese utilizzando l’espediente delle cosiddette “scatole cinesi” attraverso società con sede in Inghilterra». Altro luogo di insediamento delle cosce calabresi è il Belgio, dove «la ‘ndrangheta, servendosi di intermediari internazionali, sfrutta le rotte provenienti dall’intero Sud America per far arrivare in Europa grandi carichi di sostanza stupefacente» sfruttando il porto di Anversa. Stesse dinamiche con il porto di Rotterdam in Olanda: «Ad oggi nei Paesi Bassi – riporta la Dia – l’organizzazione criminale più ramificata sul territorio e con la maggiore presenza di affiliati risulta essere la ‘ndrangheta, dedita in prevalenza alle attività legate al narcotraffico e al riciclaggio». Tradizionale “enclave” delle ‘ndrine è ovviamente la Germania: «A essere riuscita a infiltrarsi maggiormente nell’economia tedesca – ossreva la Dia – è la ‘ndrangheta, rappresentata dai clan Romeo-Pelle-Vottari e Nirta-Strangio di San Luca, che è stata in grado di replicarsi in maniera incisiva sul territorio attraverso un’organizzazione la quale, seppur legata gerarchicamente alla terra d’origine, è caratterizzata da ampi margini di autonomia operativa. Tale struttura, modernizzata, ma allo stesso tempo vincolata ai capisaldi della propria origine, oggi rappresenta uno dei maggiori soggetti criminali, riuscendo a dar vita ad attività illegali che spaziano in molti settori economici, soprattutto il settore della ristorazione, un settore attraverso cui vengono riciclati gli enormi proventi del narcotraffico e che permette di favorire la latitanza di soggetti affiliati ricercati dalle autorità italiane e straniere». “Intercettate” poi presenze della ‘ndrangheta in Austria, nella Repubblica Ceca e soprattutto nella Repubblica Slovacca il cui territorio – rimarca la Dia – «a seguito della liberalizzazione economica ha rappresentato» per le cosche calabresi «un’opportunità per avviare attività economiche, grazie all’apertura di nuovi canali di scambio commerciali. I sodalizi del Vibonese, negli anni, sono stati in grado di realizzare enormi guadagni attraverso complesse attività di riciclaggio e truffe, che hanno visto negli istituti bancari le maggiori vittime, oltre ad aver messo piede nel settore agroalimentare distinguendosi per la sottrazione indebita di fondi europei di settore». in Romania La presenza della ‘ndrangheta, prevalentemente attiva nell’ambito dei reati finanziari, è legata soprattutto alla presenza del clan Grande Aracri, sodalizio criminale maggiormente inserito nel tessuto economico della Romania, ma non solo ad esso, visto che anche le cosche reggine sembrano interessate a sfruttare il territorio rumeno come testimonia l’operazione “Platinun Dia”». C’è poi – secondo l’analisi della Dia – l’isola di Malta, che «con la sua posizione strategica nel Mediterraneo e grazie al suo regime fiscale assolutamente vantaggioso e quasi privo del peso burocratico, rappresenta un contesto ideale per le organizzazioni criminali».

La ‘ndrangheta oltre l’Europa

Nelle aree extraeuropee per la Dia la ‘ndrangheta si rintraccia negli Stati Uniti, e ha insediamenti in Canada, in particolare nelle zone di Toronto e Thunder Bay, con attività nel narcotraffico, nelle estorsioni, nell’usura, nel gioco d’azzardo, nel riciclaggio e nell’infiltrazione negli appalti pubblici (nel 2019 in una sentenza della Corte superiore ddi giustizia dell’Ontario per la prima volta è stata riconosciuta la struttura gerarchico-mafiosa della ‘ndrangheta calabrese in Canada, con tutte le caratteristiche “tipiche”). «L’esistenza in Canada delle mafie italiane – ricorda ancora la Dia – si è drammaticamente manifestata anche attraverso la commissione di efferati omicidi, l’ultimo dei quali nel luglio 2020 ai danni di un esponente di spicco di una famiglia della ’ndrangheta ivi trapiantata, fratello di un altro soggetto anch’esso assassinato nel 2017». Per non parlare dell’Australia e dell’America Latina nella quale «le mafie italiane, favorite nel processo di mimetizzazione dalla presenza delle nutrite comunità di connazionali, hanno saputo sviluppare le loro attività illecite, a partire dal commercio di droga… In questo lucroso traffico criminale – spiega la Dia – un ruolo di primo piano è svolto dalla ‘ndrangheta, che, grazie alle alleanze con i narcos messicani, gestisce sia i principali collegamenti intercontinentali tra America ed Europa sia, successivamente, lo smercio europeo». (redazione@corrierecal.it)

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