Gratteri: «Oggi ricordano Falcone anche i “gattopardi” che lo deridevano»
Il procuratore punta il dito sull’ipocrisia di alcune celebrazioni antimafia. «Servono a chi deve lavarsi la coscienza. Dobbiamo avere coraggio»

LAMEZIA TERME «Oggi è il giorno della strage di Capaci ma anche il giorno dei “gattopardi”, delle persone potenti e importanti che quando Falcone era in vita, lo hanno deriso, calunniato e diffamato e poi sono saliti sui banchi a commemorare Falcone perché purtroppo i morti non possono parlare, non si possono difendere». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a cui verrà conferito un dottorato honoris causa in Marketing e law da Univpm e la cittadinanza onoraria di Ancona dal Comune, in occasione della Giornata della Legalità, parlando agli studenti dell’Università Politecnica delle Marche e a oltre 800 ragazzi video-collegati. «Però – ha aggiunto Gratteri – sta a noi vivi difendere memoria e onore dei morti. È insopportabile, sono stato testimone oculare, ho visto salire su un palco dopo di me e commemorare Falcone e Borsellino, e in vita ridevano».
«Vorrei – ha detto ancora agli studenti – che queste manifestazioni anti-mafia e queste commemorazioni le guardaste con occhio critico, servono soprattutto a quelli che devono lavarsi la coscienza per non aver fatto quello che avrebbero potuto e dovuto fare fare. Noi vivi, se riteniamo di essere onesti, dobbiamo avere coraggio, a costo di dispiacere il manovratore, a costo di dispiacere il potere, di criticare».
«Mai come in questo caso – ha detto ancora – il silenzio è complicità: non basta essere onesti, non basta pagare tasse o fare il proprio lavoro, dobbiamo prendere posizione e, in modo democratico, contestare e protestare in modo sistematico senza se e senza ma. Altrimenti non andremo da nessuna parte e faremo solo stanchi riti di commemorazione».
«Quest’anno passi indietro nella lotta all’infiltrazione mafiosa»
«In tema di lotta all’infiltrazione mafiosa «quest’anno abbiamo fatto dei passi indietro soprattutto sul piano del messaggio alla gente: ci stiamo allontanando sul piano dell’attenzione, dell’impegno, sul piano normativo nel contrasto ai reati quindi è un momento molto delicato mi auguro che finisca il prima possibile». Così ad Ancona il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri rispondendo a una domanda dei giornalisti a margine di un’iniziativa all’Università di Ingegneria della Politecnica Marche nel 30/o anniversario della Strage di Capaci. «I fondi Pnrr? Questi soldi – ha osservato Gratteri – devono essere gestiti e non dobbiamo perdere questa opportunità: ovvio che sul piano normativo non siamo attrezzati per contrastare questa valanga di mafiosi che stanno occupando le posizioni e le postazioni per appropriarsi il più possibile di questi soldi». «Non abbiamo capito – ha aggiunto – che la mafia oggi si è mimetizzata ancora di più: non uccide, non fa rumore, è perfettamente uguale a noi, ci assomiglia tantissimo. Chi è in buona fede non la vede, chi è in mala fede è contento perché l’opinione pubblica non la percepisce, i giornali e tv non ne parlano, e il problema non esiste. Non abbiamo capito che le mafie si rigenerano, mutano con il mutare sociale: abbattuta la parte militare, più feroce, pensiamo di essere tutti più tranquilli, felici e contenti, in realtà le mafie stanno drogando l’economia, la stanno soffocando».
«Non esiste – ha ammonito – una regione d’Italia in cui non c’è il pericolo di inquinamento, di presenza sistematica delle mafie. Purtroppo questo rischio non viene percepito e capito, ci si accorge quando ormai è troppo tardi quando c’è il radicamento».
«Il potere non vuole essere controllato»
«Quel pomeriggio di trent’anni fa non avevo capito cosa stesse accadendo, fino a quando sono salito in auto ed ho acceso la radio. Ero un giovane magistrato, non mi aspettavo che la mafia uccidesse Falcone in quel momento storico ed a quel modo. A Roma aveva una scorta meno asfissiante, sarebbe stato più semplice ucciderlo nella Capitale. Ma le mafie hanno bisogno di inviare segnali forti». Il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, ospite di Buongiorno Regione, in onda questa mattina su Rai 3 Calabria, così ricorda il 23 maggio 1992.
«La notizia ci ha sconvolti – aggiunge – e subito dopo abbiamo capito, percepito, che anche Borsellino sarebbe stato ucciso di lì a poco. La storia ci insegna che il potere non vuole essere controllato e il controllore non vuole essere disturbato, e quando c’è qualcuno che alza il tiro inizia la campagna mediatica del fango, giornali che sistematicamente, quotidianamente, scrivono cose false, giornalisti che storpiano una notizia in modo scientifico: quando questo accade per molto tempo qualcuno potrebbe convincersene. Le mafie sono attentissime a queste letture, al vento che tira. Ricordo i gattopardi a Palermo, sono stato testimone di gente salita sui palchi che in vita aveva deriso Giovanni Falcone. Immagino le sofferenze, la rabbia che Falcone e Borsellino hanno vissuto per anni, perché spesso non si può rispondere agli attacchi ed è necessario il silenzio. Ci si preoccupa della gente comune, di non confondere la gente comune, bisogna stringere i denti ed andare avanti».
«Oggi in Italia spira un brutto vento»
«In questo momento, in Italia spira un brutto vento – aggiunge Nicola Gratteri – perché quando governano le larghe intese, si riesce a far passare riforme che nulla hanno a che vedere con la giustizia; la gente vuole processi giusti, celeri ed un sistema giudiziario efficiente. Le riforme dell’ultimo anno, non hanno nulla a che vedere con l’efficienza e la risposta di giustizia che pretende la gente. Siamo molto preoccupati della collettività, perché c’è un allentamento delle maglie della giustizia. Questi sono messaggi che si ripercuoteranno anche nell’ordinamento di qui a poco».
«Mi teme chi commette reati»
«Chi teme Gratteri? Chi commette reati, tenta di indebolire sistemi e metodi di lavoro efficienti. A Catanzaro dal 2016 è aumentata di molto la produttività; secondo il Ministero non c’è stata nessuna ingiusta detenzione e questo contraddice i mantra di certi giornali a cadenza quasi quotidiana. La Procura di Catanzaro è stata indicata dal Ministero della Giustizia come modello di efficienza ed è stata la più produttiva in Italia durante la fase pandemica. Abbiamo costruito la più grande aula bunker del mondo occidentale a Lamezia Terme e nel mese prossimo inaugureremo la nuova sede della Procura in un bellissimo convento del ’400, di fronte al Palazzo di Giustizia, per un risparmio di 1,7 milioni di euro. La nuova sede vanterà sistemi di sicurezza e tecnologie all’avanguardia, uniche nelle procure italiane».
«Non mi sento solo»
«Non mi sento solo. Il paragone con Falcone e Borsellino è inappropriato perché sono due giganti. Ho grande afflato con i vertici delle forze dell’ordine, le sento molto vicine. Così come sento vicino la gente, non fosse altro che per l’idea di ricevere le persone. Ogni settimana accolgo decine di persone che raccontano i loro drammi, le vessazioni che subiscono dalla ‘ndrangheta, episodi di usura ed estorsione. Questo filo diretto rende la nostra Procura molto vicina alla gente, e registro tanto affetto attorno a noi».
«Temo tutti i poteri – sottolinea il procuratore – ‘ndrangheta e massoneria deviata separate da un filo molto sottile. Spesso c’è una commistione e si muovono in tandem. Nel distretto di Catanzaro stiamo lavorando molto, ma soprattutto è cambiata la mentalità, abbiamo dato fiducia alla gente, l’essere credibili è più importante delle indagini. Parlare di sconfitta delle mafie è un’utopia in questo momento di grande smobilitazione sul piano normativo e sul piano del contrasto. Purtroppo, nei governi delle larghe intese si propongono provvedimenti che con una opposizione forte non passerebbero. Il potere non vuole essere controllato, ha paura che qualcuno possa girare lo sguardo sui loro affari. La gente comune, invece, ha bisogno di trasparenza, di vivere un mondo pulito e quindi dimostra vicinanza a me, alle donne e gli uomini che lavorano con me».
«Rimarrò a Catanzaro fino al 2024»
«Sarò procuratore di Catanzaro fino al 16 maggio 2024. Se rimanessi a Catanzaro – conclude Nicola Gratteri – il giorno dopo ritornerei ad essere sostituto procuratore, questa è la regola. Quindi prima di quella data dovrò trovare un’altra collocazione. Potessi decidere, starei sempre a Catanzaro, dove mi trovo benissimo, ho un ufficio efficiente, polizia giudiziaria di prim’ordine e adesso andremo a lavorare in un monumento con nuovi spazi e giardini».