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Chi c’è dietro Gratteri? Chiedete a Picone

Gratteri, sempre lui. In una delle sue ultime apparizioni, il Capo della Procura di Catanzaro, che finora non ha lesinato critiche alla riforma Cartabia, rispondendo alle domande di Formigli punta…

Pubblicato il: 05/06/2022 – 7:01
di Paola Militano
Chi c’è dietro Gratteri? Chiedete a Picone

Gratteri, sempre lui. In una delle sue ultime apparizioni, il Capo della Procura di Catanzaro, che finora non ha lesinato critiche alla riforma Cartabia, rispondendo alle domande di Formigli punta ancora l’indice contro il presidente Draghi, a suo dire reo «dal giorno in cui si è insediato, di non aver mai detto la parola mafia. E per tutto questo anno non ha mai toccato questo argomento». Per nulla soddisfatto dal tempestivo intervento del premier durante le celebrazioni dei trent’anni della Dia, insiste: «Non volevamo che Draghi ci leggesse lo stato dell’arte. Noi volevamo sapere cosa questo governo volesse fare per contrastare le mafie, cosa intende fare questo governo per velocizzare i processi, per renderli meno farraginosi».
E sulla mancata nomina a Guardasigilli, questa volta non a caso, passa il cerino direttamente nelle mani del leader di Italia Viva: «Chiedete a Renzi».

“Il Mostro” di Matteo Renzi

Renzi lo abbiamo cercato anche noi del Corriere della Calabria dopo aver letto di Nicola Gratteri nel suo “processo di mostrificazione”, ma l’ex presidente del Consiglio ha preferito spostare in avanti l’argomento spinoso, dandoci appuntamento a Diamante.

Qui un estratto del contenuto nel volume pubblicato da Mondadori (la citazione completa a questo link):

«Naturalmente io avrei dovuto fare di più per rottamare le correnti della magistratura. E dire che nella settimana in cui ho composto il mio governo ci ho pure provato, invano. Avevo scelto infatti di fare una proposta ardita per la carica di guardasigilli. Volevo azzerare il potere delle correnti nominando ministro un uomo capace e totalmente fuori dagli schemi. Qualcuno dice: fin troppo fuori dagli schemi.
E avevo pensato a Nicola Gratteri, magistrato di valore da sempre in prima linea contro la ‘ndrangheta. Lo conoscevo per la sua storia, per i suoi libri, per la sua passione civile. Poi mi ero confrontato con lui in alcune chiacchierate a Firenze e Roma. Gratteri aveva idee rivoluzionarie: avremmo lavorato per il sorteggio al Csm, così da spezzare il meccanismo delle correnti. Avremmo rivoluzionato la responsabilità del magistrato che sbaglia. Avremmo impostato in modo diverso, tecnologicamente avanzato, il lavoro interno per azzerare gli arretrati e garantire la certezza dei tempi del processo.
Su molte cose non la pensavo e non la penso come Gratteri, a cominciare dal ricorso per me eccessivo alla carcerazione preventiva e a un diverso concetto di garantismo. Ma su questi problemi avevamo discusso di come trovare un punto di caduta garantista e rispettoso del diritto della difesa. Con Gratteri ministro avremmo potuto davvero scardinare il sistema delle correnti. Anzi, quello che Luca Palamara chiama tout court il «sistema». Quando salgo al Quirinale per chiudere la lista dei ministri anticipo con una email al presidente Napolitano la mia proposta.
Come guardasigilli c’è Gratteri. Orlando è all’Ambiente. Galletti all’Agricoltura. Chi ricorda ciò che accadde in quel pomeriggio del febbraio di otto anni fa sa che per qualche ora rimanemmo nella stanza del presidente senza uscire e annunciare i 4 nomi. Voglio dirlo con molta chiarezza: questo è del tutto normale e costituzionale volontà del presidente del Consiglio. E se ha dubbi su uno o più nomi la Costituzione gli permette di dissentire.
Mentre salivo al Quirinale l’ultima telefonata prima di spegnere il telefonino la feci a Gratteri. Ero in auto con Graziano Delrio. Mi disse: «Grazie di aver pensato a me, presidente. Le rinnovo la disponibilità. Ma tanto quando lei leggerà i nomi io non sarò nella lista. Perché a me il ministro non lo faranno mai fare».
Da cosa derivava questa certezza di Gratteri? Dal fatto che nella settimana in cui il suo nome era circolato il “sistema” aveva iniziato a fare pressioni sul Quirinale. Lo dice chiaramente colui che era il capo di quel sistema, Luca Palamara, con il quale a distanza di anni abbiamo scherzato su quella battaglia che ci vide su fronti contrapposti. Magistrati come il procuratore della repubblica di Roma, leader di varie correnti della magistratura, giudici eletti in Parlamento con alte responsabilità fecero arrivare al Quirinale – in modo più o meno diretto – la loro avversione totale all’ipotesi di Gratteri.
E come lo stesso procuratore antindrangheta aveva previsto non se ne fece nulla».

Giovedì a Piazza Pulita, incalzato dal fuoco di domande di Formigli e Padellaro, Renzi fa i nomi. E chiude le domande che circolano riguardo a quella mancata nomina.

Chi c’è dietro Gratteri?

Ne resta una, sospesa e mai esplicitata, sull’impegno di Gratteri in questi anni. Impegno nel difendere le pratiche di lotta alla criminalità organizzata da interventi legislativi che rischiano di riportarle indietro di decenni. Qualcuno ha tentato di legare le critiche indirizzate dal procuratore di Catanzaro a Draghi alla mancata nomina a capo della Dna. Ma il magistrato ha risposto con un sorriso: «Vada a riguardarsi su YouTube i miei interventi sulla giustizia degli ultimi dieci anni: ho criticato tutti i governi». In effetti ci sono strali per tutti: destra, sinistra e centro. L’unico governo che Gratteri non ha criticato è quello che non è mai nato proprio perché prevedeva lui come ministro alla Giustizia. 
Per quanto suoni difficile alle italiche latitudini, può capitare di imbattersi in qualcuno che sia indipendente sia dalle correnti della propria categoria che dalla politica. Una caratteristica che aiuterebbe a rispondere alla domanda che tutti si fanno: chi c’è dietro Gratteri? 
Chiedetelo a Picone. (paola.militano@corrierecal.it)

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