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La sentenza

Licenziamento illegittimo, reintegrata dipendente del Consorzio di Bonifica

La Corte d’appello di Catanzaro ha accolto la tesi difensiva del legale Giuseppe Pitaro. Ente condannato al risarcimento della donna

Pubblicato il: 04/07/2022 – 11:11
Licenziamento illegittimo, reintegrata dipendente del Consorzio di Bonifica

CATANZARO «Con sentenza depositata in data odierna – informa una nota –, la Corte d’Appello di Catanzaro (sezione Lavoro) ha accolto il reclamo proposto dalla una lavoratrice del Consorzio di bonifica “Ionio Catanzarese”, Maria Laugelli, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Pitaro, avverso il licenziamento che le era stato intimato dall’Ente all’esito della procedura di licenziamento collettivo attivata con comunicazione iniziale del 13 settembre 2016 e conclusa con comunicazione finale del 9 novembre 2016».
«All’esito della suddetta procedura di licenziamento – riferisce il legale – la lavoratrice era risultata tra le quattro unità impiegatizie in esubero, come tali attinte da provvedimento espulsivo. La Corte d’appello di Catanzaro, in accoglimento della tesi difensiva del legale Giuseppe Pitaro, ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato alla signora Maria Laugelli, ritenendo illegittima la procedura attivata dal Consorzio di bonifica Ionio Catanzarese ai fini dell’individuazione dei soggetti-dipendenti attinti dal licenziamento collettivo».
La Corte ha, infatti, ritenuto che «il Consorzio ha posto in essere un complessivo meccanismo in cui i quattro lavoratori da espellere, in quanto addetti ai settori amministrativi, non sono stati individuati sulla base del loro profilo professionale e della professionalità in concreto maturata, ma, da un lato, sulla base della contingente presenza degli stessi in una delle articolazioni amministrative di cui il Consorzio si componeva e di cui si era decisa la soppressione o la riduzione, dall’altro facendo leva sulle mansioni in concreto svolte dai lavoratori alla data del 13 settembre 2016 all’interno dei singoli settori individuati».
«Il tutto, però – prosegue la nota –, a detta della stessa della Corte d’Appello adita, è avvenuto “attraverso la elaborazione di punteggi riferiti ai tre criteri di legge del tutto illogici ed implausibili”. I giudici hanno, infatti, accertato e dichiarato che “rimane però oscura la ragione per cui a dipendenti comunque addetti ai settori amministrativo-contabili e svolgenti mansioni amministrative venivano assegnati punteggi fortemente differenziati a titolo di esigenze tecnico produttive, il tutto senza verificare se dipendenti, quali la Laugelli, erano stati assegnati 10 punti fossero in possesso di una professionalità equivalente a quella di addetti ad altri settori amministrativi di cui non era stata decisa la soppressione o riduzione, ma che comunque, come la Laugelli, svolgevano mansioni impiegatizie”».
«Nel caso che occupa, i giudici d’Appello – entra nel merito la nota – hanno accertato che il Consorzio di Bonifica ha illegittimamente attribuito alla ricorrente un basso punteggio, che aveva così portato al suo licenziamento, senza tener conto che nel corso della lunga esperienza lavorativa alle dipendenze dell’Ente la lavoratrice aveva lodevolmente e con profitto svolto altre mansioni impiegatizie in altri settori del Consorzio».
«I giudici della Corte d’appello – riferisce il legale – hanno, pertanto, concluso che il contegno del datore di lavoro si è posto in contrasto con la costante giurisprudenza della suprema Corte di cassazione, “con la conseguenza che la comparazione di tutti i lavoratori, pur effettuata in concreto, è stata solo apparente o comunque viziata fin dall’origine perché basata su un’assegnazione dei punteggi del tutto disancorata dalla professionalità dei lavoratori, ma agganciata a circostanze del tutto contingenti ed occasionali. E il tutto è avvenuto, si ripete, grazie ai punteggi per esigenze tecnico produttive privi di plausibile giustificazione, nonché delineati, in contrasto con i canoni di buona fede e correttezza, con la necessità di giungere alla esclusione di lavoratori che, come la ricorrente, per disavventura erano assegnati ad un certo settore e non ad un altro”, tra l’altro ponendo ab initio nel nulla gli ulteriori criteri riferiti ai carichi familiari e alla anzianità di servizio, quest’ultimo comunque indicativo di esperienza e, dunque, di professionalità”».
«Tra l’altro preme rilevare – aggiunge Pitaro – che il settore presso il quale la lavoratrice era adibita, e che il Consorzio pretestuosamente riteneva di sopprimere, era dalla stessa occupato solo a seguito della riammissione in servizio successiva ad altra pronuncia di illegittimità di altro licenziamento collettivo intimatole nel corso dell’anno 2013».
«Per tutti i motivi sopra esposti – conclude la nota –, la Corte d’appello di Catanzaro ha conseguentemente dichiarato la illegittimità del licenziamento intimato alla lavoratrice nel mese di novembre 2016, disponendo la reintegra della lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato, con condanna del Consorzio di Bonifica al pagamento di una indennità risarcitoria, pari a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, al versamento dei contributi previdenziali fino all’effettivo reintegro e al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio».

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