Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 22:51
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

il documento

Gli «artifici» del Museo della ‘ndrangheta per il progetto “Criminal Economies”

Le motivazioni della sentenza che ha disposto la condanna dell’ex presidente La Camera a 9 mesi per il suo «disegno criminoso»

Pubblicato il: 14/07/2022 – 18:52
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Gli «artifici» del Museo della ‘ndrangheta per il progetto “Criminal Economies”

REGGIO CALABRIA Una truffa da oltre 400mila euro sui finanziamenti che la Regione Calabria e la Provincia di Reggio avevano elargito all’associazione “Antigone-Museo della ‘ndrangheta”. Secondo i pm, infatti, l’antimafia reggina si era trasformata in un vero e proprio business. Ed era successo grazie al suo presidente, Roberto La Camera, in stretti rapporti con alcuni dei componenti della giunta regionale guidata all’epoca da Giuseppe Scopelliti.

La condanna e le prescrizioni

È il progetto “Criminal Economies” su cui durante il processo sono stati accesi i riflettori, costato alla Regione poco più di 100mila euro, ma per il quale furono presentate secondo l’accusa delle false fatture. Lo scorso dicembre il processo di primo grado si era concluso proprio con la condanna di La Camera a 9 mesi di reclusione – sospesi – per truffa e falso. Ma, per sei capi di imputazione, era intervenuta la ghigliottina della prescrizione, con il giudice Lauria che aveva disposto il «non luogo a procedere».

Le motivazioni

«I reati di cui La Camera è stato riconosciuto responsabile – si legge nelle motivazioni della sentenza riportate da “Il Fatto Quotidiano” – sono stati senza dubbio posti in essere dall’imputato in esecuzione di un unico disegno criminoso, volto a ottenere un illecito profitto delle proprie condotte realizzate in qualità di presidente dell’associazione Antigone» e cioè «La Camera – scrive il giudice Lauria nella sentenza – ha posto in essere un artificio, avendo fatto apparire come reale una situazione non vera, avendo rappresentato di aver sostenuto dei pagamenti in realtà non ancora effettuati presentando dei falsi documenti fiscali quietanzati». La truffa, dunque, è il reato di falso per il quale proprio La Camera è stato poi condannato. I reati di cui La Camera è stato riconosciuto responsabile, sono stati «senza dubbio posti in essere dall’imputato – è scritto – in esecuzione di un unico disegno criminoso, volto a ottenere un illecito profitto delle proprie condotte realizzate in qualità di presidente dell’associazione Antigone».

La lettera a Cafiero De Raho

Durante la deposizione resa in aula spontaneamente, La Camera ha spiegato di aver «segnalato per iscritto al procuratore Federico Cafiero De Raho (all’epoca procuratore di Reggio Calabria) con una lettera depositata a maggio del 2014» e di aver «presentato una copia di questa lettera direttamente al procuratore il quale rispose “ma guarda, sicuramente c’è stato un equivoco”», dopo che il colonnello Napolitano della GdF aveva messo i sigilli al bene confiscato dove ha sede l’associazione e «sequestrato i materiali».

Le giustificazioni

Ma aveva anche dichiarato di non comprendere le ragioni dei «disvalori» causati all’attività «svolta per il tramite dell’associazione, ritenendo indubbio il valore dei programmi svolti in quegli anni, certificati anche dal Presidente della Repubblica che, nel 2011, ha assegnato la “Medaglia d’oro” all’associazione per l’attività svolta «dopo la verifica dei bilanci effettuata dalla Prefettura e dalla Questura». La Camera aveva anche cercato di spiegare, ancora in aula, che non c’è stato alcun artifizio o raggiro «nella rendicontazione delle attività perché sono state tutte documentate con relazioni allegate». Queste solo alcune delle tesi che, evidentemente, non hanno convinto il giudice. La condanna potrà essere ribaltata in Appello, sul quale pesa però la mannaia della prescrizione.

Argomenti
Categorie collegate

x

x