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L’ultimatum

Crisi di Governo, Conte: «Risposte chiare o noi siamo fuori»

Il leader pentastellato detta la linea di permanenza dei 5Stelle nell’esecutivo: «Noi non lo abbiamo sfiduciato»

Pubblicato il: 17/07/2022 – 9:09
Crisi di Governo, Conte: «Risposte chiare o noi siamo fuori»

ROMA A quattro giorni dall’intervento di Mario Draghi in Parlamento, il leader pentastellato lancia un chiaro avvertimento al premier, ma anche alle altre forze politiche che compongono la maggioranza: o arrivano risposte chiare alle richieste avanzate dal Movimento nel documento consegnato al presidente del Consiglio, e lo stesso premier offre garanzie affinché la permanenza dei 5 stelle nel governo possa essere confermata, a partire dal rispetto che i pentastellati pretendono dagli altri partiti, o il Movimento 5 stelle manterrà le mani libre e appoggerà solo i provvedimenti condivisi e utili al Paese.
Dopo riunioni fiume dei vertici pentastellati, assemblee dei deputati annunciate e poi annullate e una nuova riunione congiunta degli eletti M5s, dove non mancano però voci critiche verso la linea fin qui tenuta dal Movimento, Conte prova a ribaltare la situazione e gioca d’attacco: Draghi è avvisato.
Del resto, osserva l’ex premier, la fiducia al governo non è venuta meno, anzi l’esecutivo gode ancora di una ampia maggioranza. E, per di più, nemmeno i 5 stelle hanno tolto il sostegno all’esecutivo, ma si sono limitati a non votare un provvedimento che contiene norme non in linea con i valori e i principi dei 5 stelle.
Il che, tradotto, significa che Draghi ha “esagerato” dimettendosi, è il ragionamento dell’avvocato pugliese. E, sicuramente, l’ex governatore della Bce non ha subito alcun ricatto, semmai il ricatto lo hanno subito i pentastellati. Che, in fondo, le altre forze politiche non vogliono al governo, perchè «siamo scomodi».
Prima di dare il via alla nuova assemblea dei gruppi parlamentari, Conte affida a una diretta facebook la posizione del Movimento e la lettura di quanto successo negli ultimi giorni. Non ci sta a passare per quello che sta mandando gambe all’aria il governo.
Al contrario, è Draghi – spiega in sostanza Conte – a non aver dato risposte concrete ai 9 punti contenuti nel documento consegnatogli a palazzo Chigi. Ed è stato sempre Draghi a drammatizzare un «non voto» al Senato i cui motivi, e le cui valenze – nessun intento di sfiduciarlo – gli erano state «ampiamente spiegate».
Il Movimento 5 stelle, con «coerenza e linearità» non ha votato il decreto Aiuti che conteneva la norma sul termovalorizzatore a Roma, «Draghi ne ha tratto le conseguenze che ha ritenuto, confidavamo potesse optare per un percorso diverso» rispetto alla scelta di dimettersi, ma il non voto del Movimento al Senato «non era il significato di un voto contrario alla fiducia, ma dal comunicato di Draghi abbiamo visto che la nostra linearità è stata intesa come elemento di rottura del patto di fiducia, ne prendiamo atto», premette Conte.
Adesso, «come facciamo noi, Draghi si assuma la responsabilità della sua decisione», scandisce il leader pentastellato.
Il Movimento, a differenza «dei tanti che gli fanno pressione per restare, non tirerà Draghi per la giacchetta». Ma spetta a lui «valutare se ci sono le condizioni per garantire al Movimento 5 stelle di poter svolgere la sua azione politica in un contesto di una maggioranza poco coesa, consentendo a M5s di poter godere di rispetto e della medesima correttezza accordata alle altre forze politiche».
Insomma, il premier deve fornire risposte concrete, mentre finora sono arrivate solo «aperture generiche», lamenta il leader M5s. «Non è più tempo di dichiarazioni di intenti, è necessario definire una agenda di governo chiara e puntuale e un cronoprogramma specifico», scandisce.
Dunque, Conte non offre alternative terze: le strade sono due, per il leader pentastellato, che ribadisce come il non voto al Senato non è stato un voto di sfiducia, ma solo «la reazione alle umiliazioni subite».
L’opzione che Conte mette sul tavolo è: «risposte chiare e la garanzia sulle condizioni di rispetto verso il Movimento» oppure «non potremo condividere una responsabilità diretta di governo e ci sentiremo liberi e sereni di votare quel che serve al paese di volta in volta, senza alcuna contropartita politica».

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