TORINO «Occorre partire dalla considerazione che nel territorio di questo distretto negli ultimi anni l’azione dei gruppi di matrice mafiosa e nella specie della ’ndrangheta è radicalmente mutata. Al di là del traffico di stupefacenti, per fare cassa, le associazioni di stampo mafioso non si manifestano più con la commissione di omicidi, rapine o estorsioni eclatanti, ma prevalentemente attraverso l’infiltrazione in appalti pubblici, il condizionamento delle elezioni amministrative per far eleggere propri componenti o persone da loro condizionabili, l’infiltrazione in aziende apparentemente sane con lo scopo di riciclare il denaro di provenienza illecita, di ottenere lavori che altrimenti non potrebbero avere e di appropriarsi della loro ricchezza».
Considerazione preoccupata che Anna Maria Loreto, procuratore capo della Dda di Torino, pone a fondamento per il trasferimento di due nuovi pm alla direzione distrettuale antimafia del capoluogo piemontese. Un allarme non nuovo, quello rilanciato nel virgolettato riportato da La Stampa, che serve però a mettere nella giusta prospettiva la nuova dimensione raggiunta dalle cosche calabresi in Piemonte.
Appalti e fondi europei sono i principali obiettivi della criminalità organizzata, sottolinea il procuratore generale Francesco Saluzzo: «La disponibilità di tutto questo denaro è un amo irresistibile per chi è disposto a scendere a patti. Ora che arrivano i soldi del Pnrr, che riprenderanno slancio i lavori pubblici, tutto questo esercita un appeal nei confronti di molti imprenditori. La possibilità di aggancio tra il mondo criminale mafioso e il mondo imprenditoriale è purtroppo reale e molto pericolosa».
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