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«Voce e notte, la serenata della bellezza»

«Voce e notte, una delle canzoni preferite da Carreras, è iscritta nel Pantheon della immortalità, come la sacra regalità di una città che, oltre cento anni dopo, continua a essere tempio di immort…

Pubblicato il: 16/08/2022 – 8:52
di Mario Campanella*
«Voce e notte, la serenata della bellezza»

Nessuno potrà mai stabilire del tutto se la grande musica classica napoletana sia tale o sia poesia.
Studiata in tutti i conservatori del mondo, da Seul a Mosca, inserita nei repertori dei più importanti tenori, essa è immortale e intangibile.
Fra queste composizioni emerge, dopo 118 anni, voce e notte, meravigliosa lirica, autobiografica e struggente, scritta da Edoardo Nicolardi, all’epoca venticinquenne, e nata dall’amore perduto per Anna Rossi, una bellissima musa partenopea, andata in sposa a un uomo tanto vecchio, Pompeo Corbara, di 75 anni.
Nicolardi, giornalista del glorioso Mattino, di cui il padre era amministratore, la compose osservando con un melanconico voyeurismo, la caducità del suo sentimento finito in mano, per interessi familiari, a un uomo estraneo.
Il testo è la perifrasi di una serenata immaginaria svoltasi sotto le finestre dell’amata.
L’acuto è splendido, con l’invito a non andare vicino alla finestra, perché la voce errante è quella sua, inconfondibile.
La stessa voce, dice il testo, di quando entrambi, per pudore si davano del voi.
Tradurre una lingua nobile e Lucente, come quella napoletana, non rende giustizia del pathos che esprime.
L’uomo errante che implora all’amata di non turbarsi per quella voce, le spiega che quella soavità giunge dal cuore lacerato
Starà chiagnendo qualche infamita, canta iss sule ma che canta a fa è il finale che suggella una disperazione senza rimedio. 
Fu Ernesto De Curtis a realizzare la musica, come un sarto preciso e metodico
Quella profezia di sventura si risolse appena due anni dopo, quando Pompeo Corbara morì.
Nicolardi poté finalmente sposare Anna, dalla quale ebbe ben otto figli.
La sua fertilità narrativa lo porterà, insieme al consuocero E. A. Mario, a scrivere, durante la liberazione, una spettacolare Tamurriata nera, resoconto delle promiscuità delle donne napoletane con i soldati americani e della tragedia della guerra.
Voce e notte, una delle canzoni preferite da Carreras, è iscritta nel Pantheon della immortalità, come la sacra regalità di una città che, oltre cento anni dopo, continua a essere tempio di immortale cultura.

*Giornalista 

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