REGGIO CALABRIA «Una delle voci più interessanti della “musica di tradizione”». Così il cantante polistrumentista reggino Davide Ambrogio, classe 1990 viene definito in una lunga intervista pubblicata su Avvenire. Un’intervista in cui «un ragazzo di Calabria» si racconta nella sua veste più intima di autore di opere «originarie ed originali».
Rivendica la sua voglia di cantare nella sua lingua. «Il mio primo disco Evocazioni e Invocazioni – spiega – evoca e invoca appunto sentimenti ed emozioni che sgorgano dalla mia prima lingua, il calabrese di montagna, il grecanico che si sovrappone alla “lingua straniera” che ho appreso a scuola, l’italiano».
Ambrogio si rifà alla tradizione orale dell’Aspromonte, la “sua terra”. Il trentaduenne artista salito alla ribalta dello “Sponz Fest” 2022, il Festival dell’Alta Irpinia che lo ha visto accanto tra gli altri al cantautore Vinicio Capossela, è fiero della sua appartenenza. «Ho iniziato con un’altra musica, ma il contesto in cui sono vissuto poi mi ha fatto cambiare direzione in maniera del tutto naturale. Ho avvertito l’esigenza di stabilire un ponte tra il passato e il presente rimanendo fedele alla mia identità meridionale. Siamo nel campo dell’antropologia musicale, che immagino punti alla riscoperta dei canti tradizionali. Non proprio, le canzoni di Evocazioni e Invocazioni sono tutte elaborazioni mie, suoni e vocalità compresa».
«Non parto da canti preesistenti – racconta ancora ad Avvenire – anche se poi la composizione è fortemente intrisa dalla tradizione orale dell’Aspromonte. Sto molto attento ad essere fedele a quel timbro che Giovanna Marini chiama “estetica del canto contadino”, e a questo ho semplicemente aggiunto, volutamente, dei tratti elettronici moderni che accompagnano un’armonia semplice, originaria. Il tutto suonato con strumenti etnici, originari. Nel disco ho registrato suonando strumenti di Cataforio. Dentro invece ci sono la zampogna e i tamburi dell’Aspromonte, ma anche strumenti “world” pakistani e chitarre americane. Non volevo creare della mappe territoriali, ma un cromatismo musicale che eludesse il senso del luogo, una musica e una voce che è come se arrivasse da un ambiente più che da una nazione».
E due sue brani sono dentro il film di Francesco Constabile “Una femmina”: A
Sant’Andrea e L’accordo.
Sulla domanda se anche la musica, la canzone può divenire strumento contro le mafie, Ambrogio non esita a ricordare: «Chi fa musica di tradizione orale può contribuire a educare e a ricostruire fedelmente la storia per riconsegnarla al suo legittimo proprietario, il popolo». Ed anche per il futuro il trentaduenne annuncia il prosieguo del filone
«Lavoro a un secondo disco – annuncia in conclusione di intervista – che sarà “superpolitico”, a difesa ancora di ciò che resta del mondo contadino, contro gli scandali degli sfruttati della terra. E continuerò a farlo con il mio dialetto e con questa musica che è l’unica lingua universale che mi permette di riflettere su me stesso e di portare a riflettere anche chi mi ascolta».
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