La storia di un amore proibito fra Andrea, medico italiano, e Fadia, monaca siriana. Ma anche il tentativo, disperato e struggente, di adempiere al proprio “desiderio” profondo, secondo la lezione della psicoanalisi lacaniana. E ancora, la vicenda recente, misconosciuta e tradita, di uno straordinario paese del Mediterraneo orientale come la Siria. E infine, l’eterno conflitto fra materialismo occidentale e spiritualità orientale. Il tutto ravvivato da un intreccio inestricabile di piccole storie parallele che attraversano il romanzo come lampi inattesi. È questo il nucleo incandescente dell’ultimo romanzo di Santo Gioffrè, medico e scrittore di Seminara, noto al grande pubblico per “Artemisia Sanchez”, il romanzo pubblicato da Mondadori, da cui Rai1 trasse, nel 2008, una miniserie Tv che riscosse grande successo, ma anche per gli altri romanzi storici, tutti pubblicati da Rubbettino: “Leonzio Pilato”, “Terra rossa”, “Il gran capitano ed il segreto della Madonna nera”. Gioffrè è noto anche per il suo impegno civile. Fu nominato commissario dell’ASP di Reggio Calabria, dove scoprì e denunciò una maxi truffa ai danni delle casse dell’ente. La verità sul nodo inestricabile della sanità calabrese, Gioffrè l’ha raccontata in un libro panphlet, sempre per Castelvecchi, dal titolo “Ho visto”. È poi Gioffrè, fra le tante iniziative sociali e civili vanta anche cure gratuite per i migranti e la costruzione, a sue spese, a Seminara, di un edificio di culto greco-ortodosso, evento che ha richiamato l’attenzione internazionale di esperti di storia delle religioni e uomini di fede.
Con “Fadia”, Gioffrè torna al suo grande amore, la narrativa. Ma questa volta lascia il porto sicuro del romanzo storico e s’inoltra nel mare in tempesta della contemporaneità, restituendoci un grande affresco del Mediterraneo orientale afflitto da guerre divenute endemiche e disvelandoci verità scomode tutt’ora invise ai media occidentali. Verità che egli ha visto con i suoi occhi, grazie alle relazioni dirette con i siriani ed ai viaggi compiuti in quel paese, prima e durante la cosiddetta guerra civile causata dall’azione destabilizzante delle grandi potenze occidentali ed il tragico conflitto con gli integralisti islamici dell’Isis, nel quale la Russia ha sostenuto la reazione governativa.
Andrea Bisi è un “figlio mulo”. Erano chiamati così i figli nati dalla violenza dei padroni sulle serve. La vittima è, in questo caso, Assuntina, una ragazza costretta a soddisfare la lussuria di un ricco possidente, Giuseppe De Angelis. Da ragazzo, Andrea, abbandonato alla sua povertà, fa l’aiutante di un pastore e vive per lunghi periodi in una di quelle grotte rifugio che durante e dopo la dominazione bizantina videro il fiorire del monachesimo italo-greco. Sulle pareti della grotta affiorano graffiti e simboli che Andrea osserva con stupore, ma di cui non comprende il significato. La vita da pastore lo forgia alle difficoltà. Il giovane però è dotato anche di grande talento e di particolare sensibilità che gli viene dalle sofferenze della madre, personaggio chiave della prima parte del romanzo, rosa dalla disperazione e dal rimorso, sofferente nel profondo per non aver potuto aiutare il figlio. Nel buio di un’esistenza che pare ineluttabilmente segnata, appare però un angelo custode, il prof. Fabrizio Neri, docente di lettere, che prende a cuore la situazione di Andrea e finisce per affezionarsi a lui quasi come al figlio che non ha mai avuto. Con Fabrizio, Andrea impara a discernere la bellezza in tutte le sue sfaccettature, dalla storia, alla letteratura, dall’arte alla musica. Nell’immaginario del ragazzo s’imprime, così, un’ammirazione sconfinata per la l’amore impossibile fra il musicista Giovanbattista Pergolesi (1710/1736) – e la nobildonna Annamaria Spinelli.
Fabrizio muore all’improvviso e Andrea – che vuole emanciparsi dalla sua condizione e vendicare la povera madre – ottiene che il padre naturale adempia ai propri obblighi verso di lui. Cosicché il giovane pastorello può studiare e laurearsi in medicina, specializzandosi e poi superando il concorso in un importante ospedale come ginecologo, dopo una dura lotta contro la corruzione e le baronie dell’ambiente sanitario.
Nel mentre si accinge a costruire una vita omologata e infelice, Andrea è folgorato dall’incontro con Paolo, arcivescovo ortodosso di Aleppo, in visita in Italia. È lui a svelare ad Andrea il significato misterioso dei graffiti presenti nella grotta, dove Andrea continua a ritirarsi in meditazione. Il più importante fra i graffiti – come rivela Paolo al giovane medico, gettandosi in ginocchio dinanzi alla scoperta – rappresenta una rara e sacra immagine dei cristiani d’oriente: la galaktotrophousa, la Madonna del Latte. Andrea comprende immediatamente la ragione della sua fascinazione per la grotta: essa è per lui il sicuro utero materno e la Madonna del Latte è l’immagine trasfigurata di sua madre. Ma è anche altro, qualcosa di indecifrabile, un enigma che egli cerca disperatamente dentro di sé.
Dopo la partenza del prelato siriano, Andrea, osteggiato da Morena, la futura moglie, mettendo da parte ogni razionalità, decide di partire per la Siria, attratto da quanto ha udito dai racconti Paolo. E lì giunge, in cerca del mondo narratogli dall’arcivescovo di Aleppo, che lo accoglie con tenerezza ed affetto, come l’ultima guida della sua vita. Durante il lungo viaggio in quella che fu la culla del cristianesimo delle origini, accompagnato da amici dell’Arcivescovo e da storici ed archeologi locali, fra cui Kaled–al-Assad, direttore del sito archeologico di Palmyra, Paolo s’immerge in una realtà ignota agli occidentali, fatta di pacifica coesistenza fra diversi credi religiosi, di un mondo povero ed arcaico ma ricco di dignità e valori, di culture millenarie che hanno realizzato opere d’arte uniche, cariche di significati spirituali e simbolici. Un mondo, a quel tempo, non ancora toccato dall’invasione degli integralisti dell’Isis che verrà da lì a poco. Andrea osserva un mondo quasi intatto da millenni, ancora in equilibrio fra passato e futuro, non contaminato dal consumismo e dall’edonismo occidentali, intriso della grande spiritualità mediorientale. Sino a che, nel monastero di Santissima Nostra Signora di Saidnaja non ritrova l’immagine della sua grotta in Italia. Ma a Damasco Andrea incontra Fadia, studiosa di antichità mediorientali, poliglotta, novizia in un monastero ortodosso e che sarà sua guida per alcuni giorni.
Nel preciso istante in cui incrocia lo sguardo di Fadia, Andrea comprende il perché della sua venuta in Siria: Fadia è il suo “desiderio” profondo, il suo destino, la donna attesa, che, se non avesse assecondato il proprio anelito di verità, non avrebbe mai incontrato. Ed è qui che s’innesta la grande lezione della psicoanalisi lacaniana sul desiderio, che non è la negazione della “legge”, del dover essere, ma rappresenta la “legge” stessa insita in ciascuno di noi, la grande energia erotica che muove gli uomini verso la loro autorealizzazione per non finire nella nevrosi e nella tristezza. Fra i due giovani, con un’alchimia misteriosa, nasce all’istante un amore predestinato che tempo e spazio hanno separato sino a quel momento. È il compimento di una vocazione che Andrea, a partire dalla sua travagliata vicenda, aveva ardentemente, coraggiosamente cercato di raggiungere senza neppure sapere quale fosse la meta.
La giovane novizia non si concede ad Andrea, ma, dopo il ritorno di questi in Italia, alla prima occasione in cui ella si reca nel nostro paese lo cerca. Intanto Andrea ha vissuto in una sorta di sospensione temporale, stretto fra la parte razionale di sé, che lo spinge a riprendere il corso normale della vita a lui apparentemente assegnata, e la parte irrazionale, che gli impone una scelta, che urge come un incendio.
Tralascio l’ultima parte della trama del romanzo per rispetto del lettore. Sta di fatto che Andrea compirà la parabola del sempre anelato amore fra Pergolesi ed Anna Maria Spinelli, finendo, dopo un grave evento personale traumatico (l’improvviso arresto cardiaco che lo colpirà da adulto e dal quale parte il romanzo per poi riavvolgere il nastro dell’esistenza del giovane sin dall’inizio), per ricomporre il puzzle della sua vita e comprendere la sua vera essenza. Andrea tornerà in Siria, trovandola distrutta dalla guerra civile e da quella contro gli integralisti islamici, che ha cancellato uomini (fra cui i suoi amici Paolo e Kaled–al-Assad), luoghi, monumenti.
Il libro è la parabola di un’epoca, la nostra, stritolata dal razionalismo, dal materialismo, dal riduzionismo imperanti (la vita e la professione medica di Andrea), ma in cui non mancano aneliti all’irrazionale, alla spiritualità, alle emozioni profonde. Fadia emerge dal grande affresco di questo tempo lacerato, che pare tendere all’autodistruzione dell’Umanità tutta, come una luce, una guida, come l’epigone di un mondo che la modernità sta cancellando per puri interessi geopolitici ed economici. Con Fadia e con Andrea, spariranno dalla Terra due anime che sfidano ogni convenzione, che avvertono chiari i segnali di una materia intrisa di spirito e di uno spirito che è esso stesso materia; materia e spirito che lottano con tutte le loro forze per conservare al mondo, ancora per un po’, le grandi categorie positive della vita: bellezza, bontà, armonia, passione.
*avvocato e scrittore
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