ISOLA CAPO RIZZUTO Il sole, l’acqua, l’aria, la terra. Sono queste le componenti che hanno permesso al Finocchio di Isola Capo Rizzuto di ottenere solo pochi giorni fa il prestigioso marchio Igp dall’Unione europea. L’indicazione geografica protetta è stata infatti approvata dalla Commissione europea e consacrata con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale il 23 agosto scorso del disciplinare per il riconoscimento del marchio.
L’ortaggio è prodotto in altri luoghi del Mediterraneo come Spagna e Grecia, eppure solo in riva allo Ionio, esso riesce a raggiungere quegli standard qualitativi che hanno conquistato, non solo l’Ue, ma anche grandi magnati della distribuzione come Bernardo Caprotti, patron di Esselunga che ne ha celebrato anche lui le particolari doti.
«Le condizioni climatiche particolarmente miti di questa regione durante i periodi invernali e primaverili – segnala la Commissione Ue – favoriscono una crescita vegetale relativamente limitata e un basso contenuto di sostanza secca che ne determinano un finocchio croccante e succulento dotato di particolari caratteristiche gustative e organolettiche».
Secondo alcuni ha origini sin dai tempi della Magna Graecia. In Calabria è da almeno 160 anni che si pianta il finocchio, occupando circa 5mila ettari di fascia ionica, fino a 200 metri sul livello del mare, tra le province di Catanzaro e Crotone. Si tratta dei comuni di Botricello e Belcastro, di Mesoraca, Cutro, Isola di Capo Rizzuto, Crotone, Rocca di Neto e Strongoli.
Si hanno invece notizie circa la commercializzazione del “Finocchio di Isola Capo Rizzuto” sin dagli inizi del Novecento, ma è solo dagli anni ’50 che esso è diventato una presenza importante nei mercati ortofrutticoli italiani, principalmente nel periodo che va da novembre a maggio. In questo momento siamo al periodo della cosiddetta fase di trapianto quindi di immissione delle piantine nel terreno.
Sorridono finalmente i promotori del Consorzio di tutela del Finocchio di Isola Capo Rizzuto, compresi il presidente Aldo Luciano e il direttore Enzo Talotta, forti di una battaglia importante portata avanti soprattutto negli anni della pandemia, ma che si è invece conclusa rapidamente quando è arrivata in mano all’Ue. La commissione, infatti, si è riunita il 16 agosto scorso per dare il via libera alla pubblicazione della denominazione ufficiale in Gazzetta. La nuova denominazione Finocchio di Isola Capo Rizzuto entra dunque a fare parte dell’elenco dei 1.589 prodotti agricoli già protetti.
Isola Capo Rizzuto e le prospettive per il finocchio IGPIsola Capo Rizzuto e le prospettive per il finocchio IGP
Posted by L’altro Corriere TV on Wednesday, August 31, 2022
«È un stato un percorso lungo e tortuoso – racconta Aldo Luciano, presidente del consorzio –, ma oggi finalmente è il marchio Igp è una realtà. Il finocchio di Isola Capo Rizzuto è stato decretato dalla Comunità europea per le caratteristiche gustative eccellenti, unico nel suo genere che oggi possiamo comunicare al mondo distributivo. Conviene acquistare questo prodotto – assicura Luciano –, in quanto, prima di ogni cosa, ha un grado di etanolo alto, un profumo e una croccantezza unici».
Il presidente Luciano è consapevole che, fatto il consorzio, bisogna adesso fare i consorziati cioè mettere in piedi la struttura associativa e organizzativa. «Siamo consapevoli che in questo territorio – spiega –, fino a qualche anno addietro, ognuno andava un po’ per la propria strada. Oggi siamo però consapevoli – prosegue Luciano – di dover fare sistema perché solo attraverso l’aggregazione e la costituzione della “massa critica” si può ottenere il potere contrattuale che soddisfa l’esigenza economica di impresa agricola».
Igp significa anche rispettare un disciplinare e cambiare metodo di produzione. «È un argomento nuovo e innovativo – dichiara nel merito il presidente del Consorzio, Aldo Luciano –, soprattutto sui metodi di produzione che si concentrano sempre di più nella tendenza alla sostenibilità ambientale oggi maggiormente sentito. Una massaia – commenta Luciano – è adesso più attenta al consumo consapevole e va alla ricerca di un prodotto sano e genuino». Quindi l’accento del presidente sull’apporto del del mondo delle istituzioni su alcune criticità legate al mondo dell’Agricoltura, soprattutto a Isola Capo Rizzuto. «Mi rivolgo alle istituzioni tutte – lancia l’appello Luciano –, noi non possiamo parlare di finocchio Igp di Isola Capo Rizzuto se non abbiamo nel momento determinante della produzione la risorsa idrica. Mi rivolgo anche al presidente del Consorzio di bonifica locale – spiega Luciano –: abbiamo la necessità di avere un servizio che dia certezza all’impresa agricola per produrre in tranquillità, senza che, all’inizio dei trapianti, puntualmente dobbiamo scendere in piazza a gridare il finocchio», conclude Luciano.
«Con la registrazione del marchio comunitario Igp – aggiunge Enzo Talotta, direttore del neonato Consorzio – si è consumato l’ultimo atto avvenuto il 23 agosto scorso con la pubblicazione definitiva sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. Sinceramente – ha ammesso Talotta – non ci aspettavamo un tempo così veloce dell’iter: addirittura la commissione si è riunita il 16 agosto scorso, quindi nell’immediatezza del Ferragosto». «Questa registrazione – entra nel merito il direttore del Consorzio – ci consente, adesso, in maniera ufficiale, di poter partire con il disciplinare di produzione, seguendo ovviamente tutto quanto in esso inserito per il riconoscimento della certificazione e fregiandoci quindi del bollino comunitario gialloblù. Per i produttori – sottolinea il direttore – significa garanzia di qualità, garanzia di un prodotto che viene richiesto sul mercato che contempla in Italia solo 318 tipologie di ortaggi riconosciusti a marchio». «Questo è un prodotto – assicura Talotta – il cui valore aggiunto rimane qui, o meglio lavoriamo perché la marginalità resti a chi produce, mentendo in loco anche la prima lavorazione».
«Il disciplinare – aggiunge Talotta –, tra i suoi tanti aspetti, individua alcune tipologie precoci e tardive di finocchio che sono comunque sempre in itinere attraverso la ricerca scientifica. Noi saremo pronti ad adeguarci – annuncia Talotta – man mano che evrranno inserite altre varietà di finocchio. Igp – avverte il direttore – significa non andare sotto i 200 grammi ogni finocchio, significa mantenere le caratteristiche organolettiche e le caratteristiche di fibrosità minima come il famoso filino che rimane spesso tra i denti».
Una serie di prescrizioni, quelle contenute nel disciplinare, che comporteranno molti cambiamenti nelle aziende, a partire dalla produzi9one già in corso d’opera. «Partiremo anche con 10-15-20 aziende – assicura Talotta – che stiamo sensibilizzando e che vogliono avviare questo percorso. Si sa – ammette Talotta –, come tutte le cose innovative, ci sono quelli che stanno a guardare un attimino ciò che succede e gli altri che invece si vogliono cimentare subito: noi quindi partiamo da questi numeri. Per quanto la mole di produzione ci auguriamo di poter confermare le produzioni che sono avvenute nel recente passato, cercando di garantire tra i 400 e i 500 quintali di finocchi, anche se soprattutto noi miriamo soprattutto alle caratteristiche qualitative e organolettiche del prodotto», conclude il direttore del Consorzio.
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