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L’intervista

Malattie mentali, Segura Garcia: «Si possono curare, senza pregiudizi»

La professoressa associata di Psichiatria della “Magna Greacia” di Catanzaro spiega il corretto approccio terapeutico a patologie troppo spesso stigmatizzate: «Il cervello è un organo come un altro…

Pubblicato il: 27/09/2022 – 6:46
di Roberto De Santo
Malattie mentali, Segura Garcia: «Si possono curare, senza pregiudizi»

CATANZARO Affrontare le malattie mentali con il giusto approccio terapeutico. Calibrando la risposta a i singoli casi e sapendo che queste patologie, così come altre in medicina, possono essere curate. Attuando una corretta opera di prevenzione. Ma soprattutto abbandonando vecchi retaggi e preconcetti verso malattie che nel passato sono state fortemente stigmatizzate. Pregiudizi che tuttora sono difficili da far morire e che spesso comportano effetti devastanti sui pazienti e sulle loro famiglie. Nonostante ormai queste patologie possono essere normalmente trattate con i più recenti rimedi farmacologici e con un approccio scientifico altamente qualificato. Tutti aspetti chiariti dalla dottoressa Cristina Segura Garcia, professore associato di psichiatria all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro. Un Ateneo che quest’anno proprio per combattere queste forme di ghettizzazione ospita il concorso “People in Mind. Un’iniziativa, organizzata da Lundbeck Italia e giunta alla terza edizione, che consiste attraverso una mostra di 24 opere finaliste del concorso di arti visive di sensibilizzare la popolazione sul superamento di stigma e pregiudizi nei confronti delle persone che vivono con malattie mentali e dei loro familiari. Un percorso a tappe che ha previsto la selezione di oltre 400 opere divise nella varie categorie – pittura, disegno, fotografia digitale e video – conclusasi, appunto, con la mostra delle migliori opere che resteranno presentate tutti i giorni dal 26 al 30 settembre nella sala espositiva dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro. Un modo concreto per combattere gli stereotipi e falsi concetti di malattie “normali”.

Cristina Segura Garcia, professore associato di psichiatria all’Università “Magna Graecia” di Catanzaro

Professoressa, quanto sono diffuse le patologie legate ai disturbi della psiche in Calabria?
«La prevalenza ed incidenza delle patologie mentali è simile a quella di altre regioni del nostro Paese. Per dare un’idea, uno studio realizzato dall’Istituto superiore di sanità in 15 regioni italiane poco prima della pandemia stimava che il numero di casi nuovi trattati era pari a 17,7 casi per centomila abitanti. Questi dati sono molto aumentati dopo l’emergenza Covid».

E quali sono quelle maggiormente presenti nella regione?
«I disturbi sono gli stessi di altre regioni: i disturbi affettivi sia depressivi che bipolari, i disturbi dell’ansia, i disturbi psicotici ed i disturbi alimentari»

Fonte: Ministero della Salute

Qual è l’approccio terapeutico più corretto a queste patologie?
«La terapia di ogni disturbo mentale, così come in altri ambiti della medicina, va adottata seguendo le linee guida nazionali ed internazionali basate sull’evidenza clinica che dimostrano la maggiore efficacia ed i minori rischi. Il trattamento, comunque, deve essere adattato al singolo paziente tenendo conto delle caratteristiche individuali come ad esempio patologie internistiche e terapie già in corso, compresenza di altri disturbi mentali, o la situazione vitale del soggetto. I clinici hanno a disposizione trattamenti farmacologici, psicoterapici e riabilitativi di diverso tipo che possono combinarsi per ottenere il migliore risultato».

C’è in qualche modo una diffidenza a segnalare queste malattie anche da parte delle famiglie dei pazienti?
«Purtroppo la stigmatizzazione verso le patologie mentali ancora è presente. La questione non è “segnalare” né “fare il censimento” dei pazienti ma considerare che è una patologia come tante altre e che c’è la possibilità reale di dare sollievo al paziente. Se non di aiutare a curare completamente il disturbo. Purtroppo sono ancora molti a pensare che il paziente psichiatrico sia un soggetto “strano” il cui comportamento può essere imprevedibile e pericoloso. Una circostanza che in realtà è un evento piuttosto improbabile».

Perché soprattutto in una regione come la nostra, esiste una sorta di “vergogna” ad approcciare queste patologie?
«È frutto di vecchi retaggi. Molti anni fa, quando non esistevano i trattamenti farmacologici adeguati né le psicoterapie standardizzate i pazienti affetti da disturbi psichici erano ricoverati anche a vita nei manicomi. Inoltre le prime terapie producevano effetti collaterali non solo invalidanti ma anche tanto evidenti da rendere i pazienti facilmente riconoscibili. Sfortunatamente il cervello è un organo complesso e di difficile esplorazione e ci sono voluti molti anni e tanta ricerca per ottenere terapie efficaci. Ma di questi risultati positivi raggiunti non è stata fatta una corretta informazione».

Cosa comporta un ritardo nell’affrontare questo genere di patologie?
«L’identificazione precoce di qualsiasi patologia medica riduce il rischio di cronicità e di complicanze. Le patologie psichiatriche non sono diverse: un disturbo mentale trattato precocemente ha maggiore probabilità di successo terapeutico, di assenza di sintomi residui e anche di minor frequenza di recidive. Viceversa un ritardo nella presa in carico e nell’inizio di un trattamento efficace può portare i problemi di cui ho accennato e peggiorare la qualità della vita del paziente e del contesto familiare».

C’è un modo per sconfiggere i preconcetti diffusi verso il male oscuro?
«Il primo passo è non rivolgersi al disturbo mentale come un “male oscuro”. Non dare il nome esatto alla patologia, equivale a stigmatizzare ed alimentare la paura verso qualcosa di sconosciuto. Così come succede in altri campi della medicina, come ad esempio in oncologia. Viceversa occorre definire le malattie con il nome corretto: schizofrenia, depressione maggiore, disturbo ossessivo compulsivo e via dicendo. Il cervello, d’altronde è un organo come il cuore, il fegato, il rene o il polmone. La differenza è che il risultato della sua attività si esplica in comportamenti, sentimenti, pensieri, emozioni che non sembrano tangibili o misurabili. I sintomi hanno una base biologica che spiegano l’uso di farmaci con bersagli specifici. Che alzi la mano chi non ha attraversato un periodo di forte stress nella propria vita e magari ha avuto difficoltà ad adattarsi ad una situazione nuova. Questo è un “male oscuro”? No, è una situazione facilmente identificabile e trattabile».

L’iniziativa del 28 settembre a Catanzaro va nella direzione di sensibilizzare le persone?
«Certamente sì, “People in Mind” nasce con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione puntando a superare la stigmatizzazione e i pregiudizi nei confronti delle persone che vivono con malattie mentali».

Quali sono i punti di forza di questa manifestazione?
«“People in Mind” utilizza il linguaggio universale dell’arte. Presenta le 24 opere finaliste di un concorso di arti visive di pittura, disegno, fotografia digitale e video. Sono stati ricevuti i lavori di più di 400 concorrenti di tutta Italia. Inoltre “People in Mind” valorizza l’impegno delle associazioni del Terzo settore che quotidianamente si impegnano in tutto il territorio nazionale. Permettendo di far conoscere spaccati di realtà differente». (r.desanto@corrierecal.it)

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