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Il tentato “golpe” di massoneria, ‘ndrangheta e servizi deviati. «L’obiettivo era impossessarsi dello Stato»

Dal summit di Montalto del 1969 gli incroci tra clan, eversione nera e logge deviate. «C’era un’unica regia tra sistemi criminali occulti»

Pubblicato il: 20/11/2022 – 7:05
di Pablo Petrasso
Il tentato “golpe” di massoneria, ‘ndrangheta e servizi deviati. «L’obiettivo era impossessarsi dello Stato»

REGGIO CALABRIA «Sta gente ‘ndi porta un sacco i sordi». Il treno storico dei rapporti tra ‘ndrangheta, massoneria e servizi segreti deviati ha una fermata obbligatoria fissata al 26 ottobre 1969. Località Serro Juncari, ai piedi del massiccio di Montalto sull’Aspromonte. Il giorno prima, la Questura di Reggio Calabria ha detto no allo svolgimento del comizio programmato da Junio Valerio Borghese a Reggio Calabria, principe e capo della famigerata X Mas, flottiglia fedele alla Repubblica di Salò sul tramonto della Seconda guerra mondiale. A quel comizio dovevano essere presenti anche Stefano Delle Chiaie e il boss Antonio Nirta, grande estimatore di Borghese. Nirta, in rappresentanza delle cosche della Locride, avrebbe dovuto coordinare 4mila persone in armi pronte a partecipare al golpe del “principe nero”, annunciata tragedia finita in (inquietante) farsa nel dicembre 1970.
Niente orazione in riva allo Stretto, la comitiva si sposta in Aspromonte per incontrare la “nuova ‘ndrangheta”, quella che Paolo De Stefano vuole proiettare stabilmente oltre i confini della Calabria, fino ai vertici dello Stato. Una rappresentanza dei soggetti “politici” utili a fare quel balzo viene invitata al summit che sarà interrotto dalla polizia: Stefano Delle Chiaie, Luigi Concutelli, Fefè Zerbi, Valerio Borghese e Santo Saccucci, tutti estremisti di destra che con un ruolo nei moti di Reggio Calabria. Ma il motivo di quell’incontro non è soltanto politico. «Sta gente ‘ndi porta un sacco i sordi», appunto, chiosa De Stefano.

Il summit appartato tra i politici e il gotha della ‘ndrangheta

I racconti dei pentiti, raccolti in anni di processi e messi a sistema nelle inchieste ‘Ndrangheta stragista e Gotha, ritornano nella relazione della Commissione parlamentare antimafia sui rapporti tra massoneria e criminalità organizzata. È il collaboratore di giustizia Carmelo Stefano Serpa a dire che «all’interno del summit di Montalto ci fu un altro incontro “appartato” a cui presero parte quattro o cinque persone del gotha della ‘ndrangheta assieme a Paolo De Stefano e ai politici».
Le logge deviate appaiono nel passaggio successivo della relazione: «Le autorità inquirenti ritengono che tra le organizzazioni eversive di estrema destra, la criminalità organizzata e personaggi legati a logiche massoniche vi sia stata una reciproca strumentalizzazione per il raggiungimento di obiettivi in parte differenti, ma che in comune avevano il fine di realizzare la destabilizzazione dello Stato». Alcuni «settori deviati della massoneria e degli apparati di sicurezza», in sostanza, guardavano «con favore» alla strategia stragista delle mafie; «avevano un obiettivo comune con la ‘ndrangheta e cosa nostra: l’eliminazione della vecchia classe politica».

Le leghe meridionali e l’apporto di Licio Gelli

Le leghe meridionali e l'apporto di Licio Gelli
Licio Gelli

La Commissione parlamentare antimafia richiama, poi, un passaggio prettamente politico: «Prima che prendesse avvio la strategia stragista voluta da cosa nostra ed appoggiata dalla ’ndrangheta, va detto che in taluni ambienti massonici collegati con la destra eversiva era stato elaborato un nuovo progetto politico di tipo separatista-secessionista, in collegamento e in parallelo al fenomeno in ascesa del federalismo settentrionale propugnato dalla Lega Nord». Spalla della Lega nord, sempre in chiave anticomunista, sarebbe stata la Lega Meridionale Centro Sud Italia, al cui interno «si inserivano Licio Gelli ed esponenti della destra eversiva. La prima “Lega Sud Italia” venne fondata nel corso di un incontro organizzato il 28 gennaio 1990 presso il teatro comunale di Reggio Calabria. Il presidente era tale Giuseppe Schirinzi, personaggio della destra eversiva, legato a doppio filo ai “moti di Reggio” del 1970 e all’avvocato Paolo Romeo», considerato a sua volta trait d’union con ambienti ‘ndranghetisti.
L’idea è quella di costituire un unico soggetto politico meridionalista «in cui far confluire le spinte autonomistiche delle regioni del Centro e del Sud del Paese». Un «progetto» che «coinvolgeva ambienti della massoneria, soprattutto deviata, ma anche della destra eversiva che faceva riferimento a Stefano Delle Chiaie».

«Un’unica regia per “impossessarsi dello Stato”»

Cosimo Virgiglio

Un calderone: politica e ‘ndrangheta sono livelli che si tengono insieme nelle camere di compensazione massoniche. È l’idea di Giuliano Di Bernardo (vi abbiamo raccontato qui qual è stato il suo contributo alla Commissione). L’ex gran maestro del Goi, «riguardo al collegamento tra la massoneria, il crimine organizzato e i movimenti separatisti (…) ha riferito di avere la convinzione che vi fosse stata all’epoca un’unica regia».
Quattro collaboratori di giustizia, i siciliani Tullio Cannella e Gioacchino Pennino e i calabresi Filippo Barreca e Cosimo Virgiglio, ripercorrono lo stesso pensiero «e attestano l’esistenza di sistemi criminali occulti (mas­soneria, servizi deviati e appartenenti alla destra eversiva) che misero a disposizione dei vertici di cosa nostra e ’ndrangheta un progetto di rinnovamento politico che si snodava attraverso i movimenti autonomisti, espressione di sfiducia verso la vecchia classe politica, ed era rivolto al raggiungimento del comune obiettivo di “impossessarsi dello Stato”». Secondo Virgiglio le famiglie di ’ndrangheta che si raccordavano con la massoneria erano i Molè–Piromalli, i Mancuso, i De Stefano, gli Arena di Isola di Capo Rizzuto, i Barbaro, i Morabito, i Latella, i Pelle, gli Strangio ed altri.
Un meltin’ pot di interessi oscuri che torna nelle parole dei collaboratori Filippo Barreca e Giacomo Lauro, per i quali a Reggio Calabria e a Catania era stata creata «una sorta di “superloggia”» alla quale «avrebbero partecipato esponenti di vertice e della criminalità orga­nizzata calabrese e di quella di cosa nostra; in tal modo sarebbero riusciti ad avere un flusso continuo di comunicazioni e avrebbero potuto instaurare un rapporto di collaborazione e di connivenza con le istituzioni arrivando così a gestire la res pubblica».

«C’era un unico progetto criminale. E la P2 voleva controllare tutto»

Anche Pasquale Nucera, altro collaboratore di giustizia, «ha riferito che “in quel periodo la ’ndrangheta, cosa nostra, le logge massoniche, quelle deviate, i servizi deviati, si sono inglobati e fusi in un unico progetto criminale”». È sempre Nucera a evocare (di nuovo) Licio Gelli: il capo della P2 avrebbe «favorito» quella «commistione» per «controllare la ‘ndrangheta» e «aveva fatto in modo che ogni componente della “Santa” – la struttura di vertice dell’organizzazione criminale – venisse inserito automaticamente nella P2». «Dentro la P2 – sono le parole di Nucera – metteva un “santista” di un locale, così aveva la possibilità di controllare sia i voti, le cose politiche, i lavori, tutto».
La massoneria deviata sarebbe, dunque, il collante di un sistema il cui obiettivo è controllare tutto. In quel brodo di coltura la Commissione rintraccia «indissolubili legami tra ’ndrangheta e una certa massoneria che si sono sviluppati e sempre più rafforzati mediante la creazione del grado/dote “infame” della “Santa”». Relazioni che «hanno consentito alla ’ndrangheta di accrescere il proprio potere mediante il riciclaggio e il reimpiego del denaro, frutto dei traffici illeciti di armi e stupefacenti (gestiti in forma consorziata da tutte le organizzazioni mafiose in Lom­bardia dove erano egemoni su tutti i Papalia), ma anche attraverso l’aggiustamento dei processi e l’infiltrazione nella politica e nelle istitu­zioni». «Un sacco i sordi», quelli evocati da De Stefano nel summit di Montalto del 1969, e molto altro. Nelle pieghe di una storia trentennale di rapporti oscuri c’è addirittura il tentativo di farsi Stato. (p.petrasso@corrierecal.it)

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