REGGIO EMILIA «Il corpo di Saman era integro, ma saponificato. Per fortuna però i tessuti consentono degli accertamenti». Lo dice all’Ansa, l’avvocato Barbara Iannuccelli che rappresenta l’associazione Penelope come parte civile al processo per l’omicidio di Saman Abbas, la 18enne pakistana che sarebbe stata uccisa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia. «Dall’analisi esterna del corpo – continua la legale – sono emersi scollamenti e abrasioni che possono essere dettati dall’effetto tappo, essendo stata sotto terra per un anno e mezzo».
Non sono stati rilevati tagli alla gola: «sarebbe fuorviante definirlo tale – dice Iannuccelli – e tanto più ricondurlo a causa di morte di Saman. Non vi è neppure certezza che quello visto possa essere un taglio. Potrebbe essere uno scollamento di tessuto post mortem. A riguardo sono necessari esami istologici che saranno svolti nei prossimi giorni per capire se fossero lesioni irrorate di sangue e quindi risalenti a quando Saman era ancora in vita. Ad oggi, ripeto, nessuno è in grado di dirlo».
«Saman aveva addosso i jeans sfilacciati da lei sul ginocchio per essere alla moda e la felpa. I vestiti sembrano essere proprio quelli riconducibili al video che la riprendevano davanti a casa nelle sue ultime ore prima della scomparsa». Ha poi aggiunto l’avvocato Iannuccelli. «Aveva ancora addosso una cavigliera e un braccialetto di quelli portafortuna colorati, ma anche un paio di orecchini. E una folta chioma di capelli», ha descritto l’avvocato.
L’autopsia è cominciata alle 14,30 ed è finita alle 21,30 di ieri. L’esame è stato svolto al Labanof, il laboratorio di anatomatopologia forense dell’Università di Milano, da Cristina Cattaneo e Dominic Salsarola, periti incaricati dalla Corte d’Assise di Reggio Emilia. All’incidente probatorio hanno assistito gli avvocati delle difese e di parte civile coi consulenti da essi nominati.
La Corte ha fissato, il 23 novembre scorso durante l’udienza di conferimento, in 60 giorni il termine ultimo per i risultati. Il 10 febbraio, invece, comincerà il processo a Reggio Emilia. Cinque gli imputati: lo zio Danish Hasnain, i cugini Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq (tutti e tre in carcere), il padre Shabbar Abbas (arrestato un mese fa in Pakistan, dove si è in attesa dell’udienza che decida sull’estradizione) e la madre Nazia Shaheen (ancora latitante in patria). Devono tutti rispondere di omicidio premeditato in concorso, sequestro di persona e soppressione di cadavere.
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