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inchiesta “Blu notte”

«A Platì le persone le tagliano con la motosega». Palaia e le preoccupazioni per «l’affronto» alle cosche della Locride

A compromettere i rapporti tra le due compagini criminali l’acquisto di una consistente partita di marijuana. «Non hanno mai perso una lira i Platioti»

Pubblicato il: 14/12/2022 – 18:42
«A Platì le persone le tagliano con la motosega». Palaia e le preoccupazioni per «l’affronto» alle cosche della Locride

REGGIO CALABRIA «La… non è Rosarno … Platì non è Rosarno! A Platì le persone le tagliano con la motosega… e non hanno mai perso una lira i Platioti… il fratello di uno di quelli che è latitante al nord sta scendendo qua… ha detto che si parcheggiano davanti casa… ha detto vediamo che cosa fa vostro fratello… io non ne voglio che sapere». Francesco Benito Palaia esprime così tutta la sua preoccupazione per un «affronto» che avrebbe potuto avere «delle ripercussioni negative sulle future iniziative criminali della cosca» e fatto dalla coppia formata da Benito Palaia e Pietro Giuseppe Bellocco nei confronti di esponenti della ‘ndrangheta della fascia jonica reggina, i Trimboli di Platì e gli Ursino di Locri. L’episodio emerge nelle carte dell’inchiesta “Blu notte”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, attraverso cui è stato possibile ricostruire le dinamiche interne alla cosca Bellocco, attiva nel narcotraffico, nel traffico delle armi, nelle estorsioni e nel controllo delle attività commerciali e imprenditoriali, soprattutto nei territori dei Comuni di Rosarno e San Ferdinando, ma con ramificazioni in tutto il Paese e all’estero.

«L’affronto» e «i trafficanti defraudati»

A compromettere i rapporti tra le due compagini criminali era l’acquisto di una consistente partita di marijuana, quantificata in 24mila euro, che Benito Palaia e Pietro Giuseppe Bellocco avrebbero sottratto «ponendo in essere dei veri e propri raggiri» rivendendola poi al narcotrafficante Nicola Zungri. «Un affronto – scrivono gli investigatori – che rendeva necessario l’intervento del capocosca Francesco Benito Palaia al fine di limitare l’imbarazzo a cui tutta la consorteria rosarnese era stata esposta dal comportamento sconsiderato dei due». Ed è così che in una conversazione captata dagli inquirenti risalente al 13 giugno 2020 un preoccupato Francesco Benito Palaia inizia a raccontare la vicenda al cugino di secondo grado Gaetano Palaia “U Mutu”, invitandolo a raggiungerlo a casa con l’obiettivo di trovare una soluzione. «Hanno combinato un altro “rumbulo” qua» racconta poi al boss detenuto Umberto Bellocco in una telefonata. Nel frattempo i due, Benito Palaia e Pietro Giuseppe Bellocco, si erano resi irrintracciabili scatenando l’ira di Francesco Benito Palaia che qualche ora dopo vedrà arrivare presso la propria abitazione «i trafficanti defraudati».

Il summit a casa Palaia

«Ora domani alle tre e mezza non so che gli devo dire, comunque», «Che vogliono venire qua … ho detto io “Che gli devo dire, che gli dico?” Non ce li ho! Se li avevo … per non mettermi una maschera… ». Il 14 giugno 2020 a presentarsi a casa del capocosca rosarnese saranno Natale Trimboli, figlio del boss Domenico Trimboli detto “Crozia” ed esponente dell’omonima cosca di Platì, il platiese Pasquale Perre e i fratelli Luigi Stefano e Gabriele Ursino, figli del boss Natale Ursino ed esponenti dell’omonima ‘ndrina di Locri.
«L’umiliazione che ho preso io oggi… non l’ho presa mai in vita mia io… », «Perché quelli erano amici di famiglia nostri da trent’anni…». In una conversazione intercettata Francesco Benito Palaia racconta al nipote Gaetano Palaia i contenuti dell’incontro rimarcando l’imbarazzo provato anche alla luce dei rapporti che da sempre erano intercorsi con gli esponenti della Locride: «Che cosa hanno detto? che se non era mio fratello lo appendeva a testa in giù… mi ha detto compare Ciccio non finisce bene…».

«Platì non è Rosarno»

Conversazioni «di particolare rilievo» quelle avvenute durante gli incontri – si legge nelle carte dell’inchiesta – in quanto «si fa frequente richiamo al concetto di “fratellanza” tra le due compagini criminali e al fatto che quello compiuto da Palaia Benito era stato un gesto estremamente offensivo che ledeva prestigio delle ‘ndrine coinvolte». Una vicenda che dopo diverse trattative non porterà a particolari conseguenze, ma dalla quale si evince «il fatto che i trafficanti di Platì dovevano essere considerate delle persone estremamente pericolose» a cui si «doveva necessariamente restituire sino all’ultimo centesimo dovuto per lo stupefacente sottratto». «Platì – assicura Francesco Benito Palaia – non è Rosarno! A Platì le persone le tagliano con la motosega… e non hanno mai perso una lira i Platioti». (m. r.)

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