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Slot e “sensalie”, ecco gli affari in comune tra mafia agrigentina e ‘ndrangheta

Blitz dei carabinieri in Sicilia, 10 le misure cautelari. Accertati rapporti con la cosca Barbaro di Platì

Pubblicato il: 11/01/2023 – 9:01
Slot e  “sensalie”,  ecco gli affari in comune tra mafia agrigentina e ‘ndrangheta

I carabinieri del Comando provinciale di Agrigento e del Ros di Palermo stanno eseguendo dall’alba 10 misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Palermo su richiesta della Dda. Obiettivo dell’organizzazione mafiosa attiva in provincia di Agrigento – emerge dall’operazione, in codice “Condor” – era il controllo delle attività economiche, come a Palma di Montechiaro, in particolare nel settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le “sensalie”). Negli atti dell’inchiesta viene documentata l’interferenza esercitata da Cosa Nostra nel settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza della stidda. In tale ambito – riferiscono gli investigatori secondo quanto riporta l’Agi – sono emersi i rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘ndrina calabrese dei Barbaro di Platì e il controllo di una grossa parte del settore imprenditoriale delle slot machine e degli apparecchi da gioco installati nei locali commerciali. E ancora, un imprenditore è stato costretto a non partecipare a un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni; registrate una tentata estorsione a un imprenditore della distribuzione e gestione di congegni e apparecchi elettronici, la gestione di un impianto di pesatura dell’uva, i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti, e l’estorsione – consistita nell’imposizione dell’assunzione di uno degli stessi indagati – ai danni di un’impresa aggiudicataria di lavori a Ravanusa. Uno degli indagati avrebbe tentato di espandere la propria influenza al di là del territorio palmese, a Favara ed al Villaggio Mosè di Agrigento; un altro, posto al vertice della famiglia di Palma di Montechiaro, avrebbe esercitato il ruolo di “garante” a favore di un esponente della stidda, davanti all’allora reggente del mandamento di Canicattì. (redazione@corrierecal.it)

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