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Gian Carlo Perego a “L’altra Politica”: «Il nostro sistema di accoglienza fa acqua da tutte le parti»

Il presidente di Migrantes: «Non stiamo governando il fenomeno migratorio, lo stiamo subendo». «Europa finora silenziosa»

Pubblicato il: 01/03/2023 – 16:49
Gian Carlo Perego a “L’altra Politica”: «Il nostro sistema di accoglienza fa acqua da tutte le parti»

LAMEZIA TERME Ultima puntata de “L’altra Politica”, il talk de L’altro Corriere Tv andato in onda ieri sera particolarmente focalizzata – e non potrebbe essere altrimenti – sui fatti drammatici accaduti a Steccato di Cutro e la strage di migranti che ha scosso il Paese e la comunità internazionale.

La riflessione

E tra rimpalli della dialettica e, in alcuni casi, anche della speculazione politica, i due conduttori Ugo Floro e Danilo Monteleone hanno preferito offrire uno spazio alla riflessione attraverso una figura importante e una personalità che, proprio in riferimento alla gestione dei migranti e delle migrazioni, ha preso una posizione molto decisa. Si tratta di monsignor Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara, ma soprattutto presidente della Fondazione Migrantes. In questi giorni, ed è da qui che parte la prima riflessione, si è vista tanta solidarietà dalle istituzioni europee, ma solo dopo l’ennesima tragedia in mare.

«Europa finora silenziosa»

«Anzitutto – spiega mons. Perego – deve crescere la consapevolezza sempre di più rispetto a chi sta mettendosi in viaggio, di chi è morto sulla spiaggia di Cutro. Sono persone che arrivano dall’Afghanistan, dall’Iran, dall’Iraq, dal Bangladesh. Sono persone che fuggono disperatamente per un diritto alla vita che hanno, un diritto di migrare, un diritto di trovare una protezione internazionale». «E l’Europa finora è rimasta molto silenziosa di fronte questi diritti, ha tergiversato. Credo che sia importante in questo momento che queste persone abbiano soprattutto un canale umanitario d’ingresso nei paesi europei che possa effettivamente riconoscere questi diritti fondamentali alla vita, alla migrazione e alla protezione internazionale. Ma questo chiede una grande operazione “Mare Nostrum” come era avvenuta nel 2013, un’operazione che veda navi di tutti i paesi europei ma veda anche l’impegno di tutti i paesi europei a una accoglienza che sia veramente un secondo segnale importante che porti alla tutela delle persone, alla promozione di queste persone in una Europa che è vecchia, che è stanca, che ha bisogno di rinascere, di rigenerarsi».

«Opportunità per rigenerare l’Europa»

«Oggi – spiega il presidente di Migrantes – abbiamo l’opportunità nell’accoglienza di rigenerare questo nostro mondo c’è solo l’Irlanda, l’unico Paese che ha un dato positivo delle nascite rispetto ai morti. In Italia ne nasce uno ne muoiono quattro, abbiamo paesi che stanno morendo, e noi stiamo facendo morire le persone che possono essere il futuro dell’Europa». «Non possiamo fare manifestazioni in piazza e poi lasciar morire queste donne, così come altre persone che hanno lasciato quei paese in una rotta che è impressionante che non sia stata seguita da nessuno, 1.300 chilometri nell’anonimato, 600 o 700 miglia marine senza accorgersi di una barca». «Il secondo aspetto importante è che questa sia l’ultima tragedia che possa veramente scuotere le nostre coscienze e le responsabilità politiche dell’Europa e di ogni Paese, che sia veramente il momento per ridisegnare gli accordi di Dublino e riuscire effettivamente a creare quelle condizioni di libertà che oggi sono possibili solo per poche persone attraverso corridoi umanitari che sono stati realizzati non dalle istituzioni, ma soprattutto dalle chiese protestanti e cattoliche in Italia, da Sant’Egidio, dalla Caritas ma che vedono solo poche persone arrivare in sicurezza in Europa e nel nostro Paese».  «Questa rotta ionica, come è stata chiamata, è parallela alla rotta Balcanica. La rotta ionica ha visto lo scorso anno 40.000 persone mettersi in mare, la rotta balcanica ne ha viste 200mila, sono due rotte parallele ed entrambe hanno bisogno non di muri ma di strade che portino alla sicurezza».  

«Non stiamo governando il fenomeno migratorio, lo stiamo subendo»

Spesso questo tema viene coniugato con il concetto dell’emergenza. La Chiesa, però, ha sempre avuto il dono di antivedere rispetto alle istituzioni laiche e ne è testimonianza il fatto che Perego presieda una realtà il cui nome è appunto “Migrantes”. Bisogna comprendere perché, dunque, questo tema è diventato così fortemente divisivo. «Credo che la ragione fondamentale sia – spiega Perego – perché non stiamo governando questo fenomeno migratorio, lo stiamo subendo, lo stiamo vivendo come se fosse un problema e non una risorsa. E questo è un primo aspetto importante. Abbiamo una legge sull’immigrazione che data ormai oltre 20 anni e siamo passati da un milione a 5 milioni di immigrati nel nostro Paese. Abbiamo una legge sulla sull’immigrazione che aveva pochi paragrafi dedicati ai richiedenti asilo, oggi abbiamo una legge europea che regola il diritto d’asilo per tutti i Paesi europei». «Credo sia importante – ha detto ancora – anzitutto che si riformi una legge che faccia incontrare domanda e offerta di lavoro, aiuti maggiormente i ricongiungimenti familiari, permetta di riconoscere i titoli di studio delle persone all’interno anche del nostro Paese e aiuti effettivamente, soprattutto quei minori non accompagnati».

La guerra in Ucraina

Recentemente, per un altro fatto drammatico come la guerra in Ucraina, l’accoglienza e il tema dei profughi è stato gestito con un determinato approccio mentre con riferimento ai migranti che risalgono verso nord, dal sud del mondo, in cerca di una speranza o ancor di più, in cerca di libertà e di dignità, l’approccio è stato ed è radicalmente diverso. «Tante volte di fronte a una persona che migra dal proprio Paese noi effettivamente ci comportiamo in maniera diversa. Se serve a casa mia per seguire mia madre che è anziana, non autosufficiente, ne voglio una, la voglio subito. Se servono per le mie fabbriche, le mie industrie ne chiedo 200 mila come hanno chiesto gli industriali italiani in questi giorni o gli agricoltori che non hanno più chi raccoglie la frutta. Se non mi servono a casa o in fabbrica o in azienda allora stiano tutti a casa loro».

«Il nostro sistema di accoglienza fa acqua da tutte le parti»

«Per quanto riguarda poi il richiedente asilo, cioè chi fugge da una situazione di guerra, come abbiamo visto per l’Ucraina, l’attenzione a queste persone avviene nella misura in cui anche i mezzi di comunicazione sociale fanno diventare quella situazione drammatica, quella guerra, come la nostra guerra, come la terza Guerra Mondiale, come un pericolo per la nostra Europa e allora dopo 20 anni ci accorgiamo che possiamo dare la protezione temporanea da subito a queste persone, anche se diciamolo onestamente l’Italia, in Europa, è stata la nazione che ha accolto meno ucraini pur avendo la comunità più numerosa di 250mila persone perché il nostro sistema fa acqua da tutte le parti, accogliendo solo 30mila persone sulle 170mila arrivate, le altre persone sono state accolte dalle parrocchie e dalle famiglie stesse degli ucraini, dalle famiglie di persone che avevano in casa ucraine e poi molte persone hanno preferito lasciare l’Italia per andare in Germania e in Inghilterra e in altre Paesi europei, non abbiamo dato un segnale positivo di accoglienza. Anche nella scuola, purtroppo, sono stati accolti metà dei bambini che erano arrivati».

«Non basta sbandierare l’apertura»

«Dobbiamo fare dei passi in avanti e non semplicemente in alcuni casi sbandierare la nostra apertura, la nostra accoglienza e dare il giusto nome a tutte le persone che vivono la stessa drammatica situazione e rivedere un nostro sistema di accoglienza istituzionale che sia maggiormente funzionale a questa realtà di una protezione internazionale». (redazione@corrierecal.it)

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