L’umanità dei calabresi davanti all’orrore di Cutro
di Paola Militano

Non è possibile ridurre il fenomeno migratorio soltanto ad una mera questione di numeri – bollando come una “invasione” gli sbarchi in Italia e incitando alla difesa delle nostre coste: per essere compresi, i flussi migratori meritano una riflessione più approfondita.
L’unico fattore che accomuna tutti i migranti è la ricerca di condizioni di vita migliori. Sono le guerre a costringerli alla fuga, ma anche i cambiamenti climatici, la mancanza d’acqua e lo sfruttamento dei loro territori (da parte di multinazionali soprattutto cinesi) a rendere impossibile la loro vita nei paesi di origine dove mancano cibo e acqua.
È vero che negli ultimi decenni c’è stata un’evidente accelerazione degli spostamenti, ma spesso anche la portata dei flussi migratori è diffusa sulla base di dati parziali e di parte, se – come dice l’agenzia delle Nazioni Unite – l’Italia accoglie molto meno profughi della Svezia e della Germania e se – sull’altra riva del Mediterraneo, in Medio Oriente – anche il Libano e la Giordania accolgono milioni di profughi.

Le tre rotte che portano in Europa. La prima, usata da uomini e donne sub-sahariani, passa dal deserto, per il Niger e l’Algeria e porta in Marocco dove solo chi riesce a sfuggire alle violenze delle milizie armate marocchine potrà sperare nella clemenza del mare, per raggiungere le coste spagnole.
La seconda rotta – scelta dai migranti sub-sahariani e da quelli provenienti dal Corno d’Africa – passa attraverso i campi di detenzione e le fabbriche delle torture libiche – prima degli approdi europei: Malta, Pantelleria e Lampedusa.
La terza rotta, quella del Mediterraneo orientale, percorsa da profughi di origine afghana, irachena, pachistana e siriana, porta dritta in Turchia – una delle principali aree di snodo per il traffico di esseri umani – come nel caso del caicco (carico con più di 200 uomini, donne e bambini stipati sottocoperta), partito da Smirne e naufragato nelle acque di Steccato di Cutro.
Ed il prezzo del viaggio cambia a seconda delle tratte: più sono i confini da oltrepassare, più alto è il costo. Un giro d’affari che porta nelle tasche dei trafficanti (che operano spesso in accordo con i governi locali e le mafie internazionali) miliardi di euro all’anno. E tutto questo nonostante la Turchia venga finanziata con miliardi di fondi europei per “governare” i flussi migratori.

Ma c’è di più. Chi decide di lasciare il suo paese, può impiegarci addirittura anni, prima di racimolare la cifra necessaria per un viaggio tutt’altro che tranquillo. Molti di loro, infatti, sono costretti a lavorare (in condizioni disumane ed in cambio di un compenso esiguo) nelle città che incontrano durante le rotte percorse, prima di salire a bordo di vecchi pescherecci, in condizioni che rendono la traversata incerta e pericolosa.
Scenari del genere e scene dell’orrore come quella di Steccato di Cutro, meriterebbero ben altri interventi in materia di migrazione, da parte dell’Europa e degli italiani, ieri più di oggi popolo di migranti in cerca di fortuna.
Di sicuro non l’hanno dimenticato i calabresi, che lontani dalle narrazioni stereotipate, hanno dimostrato di aver salvato umanità, generosità e buon senso, di credere nella solidarietà tra i popoli. Di provare rabbia, impotenza e dolore davanti all’orrore di una strage inaccettabile. (paola.militano@corrierecal.it)