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Droga e ristoranti: da Borgo Pio a Tor Bella Monaca, la “mappa” della ‘ndrangheta a Roma

Rapporto della Regione Lazio che cristallizza la presenza delle più pericolose cosche calabresi e i legami con i clan autoctoni come i Casamonica

Pubblicato il: 01/04/2023 – 21:00
Droga e ristoranti: da Borgo Pio a Tor Bella Monaca, la “mappa” della ‘ndrangheta a Roma

ROMA “Follow the money”, raccomandava Giovanni Falcone. Ed è proprio “seguendo i soldi” che gli investigatori sono riusciti a disegnare, inchiesta dopo inchiesta, la mappa della presenza della mafia nella capitale. O, meglio, «delle mafie», perché a Roma – come emerge dall’ultima edizione del Rapporto “Mafie nel Lazio”, realizzato dall’Osservatorio tecnico-scientifico per la sicurezza e la legalità della Regione Lazio, da decenni ‘ndrangheta, camorra, cosa nostra e gruppi locali convivono alternando rari momenti di conflittualità (anche violenta) a lunghe fasi di coabitazione. «Tutte le strade della criminalità partono da Roma», sentenziò in una famosa intervista il boss della Nuova Camorra organizzata Raffaele Cutolo. E molte di queste strade sono battute dalle ‘ndrine calabresi e dai loro alleati nel grande business del narcotraffico. I Bellocco, i Marando, i Filippone, i Molè, i Piromalli si sono progressivamente radicati in città, soprattutto fuori dal Gra, attraverso un inesorabile processo di infiltrazione nell’economia legale e illegale.

La presenza delle mafie tradizionali

Il clan Filippone ha esordito già negli anni ‘90, quando alcuni componenti della famiglia si trasferirono nella zona Borgo Pio, nei pressi del Vaticano, dando vita ad un “quartier generale” di ‘ndrangheta mentre il superlatitante Pasquale Bonavota sarebbe al vertice dell’omonimo clan operativo sin dai primi anni 2000 nell’area nord. La storica famiglia dei Marando ha a lungo gestito una delle più importanti piazze di spaccio, il “Quadrilatero” di San Basilio, mentre Pasquale Vitalone a lungo ha vissuto a Sacrofano, alle porte di Roma. Nella primavera del 2022 l’inchiesta “Propaggine” ha fatto emergere per la prima volta come il clan Alvaro avesse creato una “locale”: sequestrate 24 tra società, ristoranti, bar e pescherie, in particolare nel quartiere Primavalle.     

Il presunto boss di ‘ndrangheta VincenzoAlvaro


 La presenza storica della camorra è attestata sin dagli anni ’90, quando emergono gli interessi del clan Senese nello spaccio di droga e, più tardi, con infiltrazioni nei settori imprenditoriali: il clan, capace di aggregare originari della Campania e criminali locali, opera prevalentemente nell’area sud, quadrante Tuscolana-Cinecittà. Un altro sodalizio di rilievo è quello dei Moccia, che a partire dal 2010 avrebbero iniziato ad investire ingenti capitali soprattutto nel settore della ristorazione nonché in quello immobiliare e caseario: uno storico blitz dei carabinieri di qualche anno fa si concluse con i sigilli a 14 ristoranti del centro storico, tra Pantheon, via dei Coronari, Trastevere, Castel Sant’Angelo, Quirinale e piazza Navona.
Una delle famiglie di Cosa Nostra più radicate in città è quella dei Rinzivillo, spostatisi a Roma riciclando i propri guadagni negli appalti pubblici e nella grande distribuzione alimentare e ortofrutticola. Dall’operazione “Gerione” del 2021 emergono legami con la famiglia Graviano e il ruolo di un uomo vicino al mandamento di Porta Nuova a Palermo, Francesco Paolo Maniscalco, attivo fra il quartiere Fleming e l’area a ridosso del Raccordo anulare dal 1992: secondo la procura di Palermo sarebbe stato uomo di fiducia, fra gli altri, di Salvatore Cancemi e Totò Riina. Dal 2010 anche i Rubino eleggono il territorio metropolitano luogo di investimento, prediligendo dapprima il rione di Testaccio ed in seguito quello di Trastevere e virando i loro interessi verso i settori del gaming e della ristorazione.

Le “mafie romane”

Con la dicitura “mafie romane” si indica una vasta area più o meno visibile di organizzazioni criminali contaminate dall’interazione con quelle “tradizionali”. La più mediatica è quella dei Casamonica, che negli anni si è evoluta sul territorio utilizzando il metodo mafioso per imporre e gestire la propria influenza in alcune aree della capitale, in particolare, la Romanina, il Quadraro, parte del Tuscolano sino a spingersi ai Castelli Romani. Il gruppo, di origine etnica, è formato da soggetti legati fra loro da stretti vincoli di parentela, che usano un dialetto, di derivazione Rom e Sinti e che coltivano rapporti con altri ambienti criminali, con la ‘ndrangheta e la camorra e con gli “eredi” della Banda della Magliana. L’operazione “Gramigna” ha confermato come, tra l’altro, il clan avesse costituito una vera e propria roccaforte nell’area di Porta Furba.

Il caso (a se) di Ostia

Un caso a sè è quello di Ostia, 200 mila abitanti per 15 mila chilometri quadrati di territorio, per molti «una città nella città»: secondo gli analisti le dinamiche criminali che si sviluppano sul litorale sarebbero «il termometro che misura la “febbre di mafia” della capitale. Qui si riproducono, in scala e in anticipo, molte vicende che poi accadono nel resto della città». Primo Municipio d’Italia sciolto per mafia, negli anni Ostia è stata profondamente infiltrata dalla criminalità organizzata che si è spartita le attività imprenditoriali, la gestione del traffico di stupefacenti e, in tempi più recenti, il controllo delle attività di balneazione. Tutto ciò con una escalation di atti intimidatori, allorquando ai Fasciani sono subentrati gli Spada che sono stati, tuttavia, duramente colpiti dall’azione di contrasto: forti i legami con i ‘napoletani’ della zona. E a lungo anche i Triassi sono stati vicini alla famiglia mafiosa dei Cuntrera/Caruana. Fra i quartieri di Primavalle e Casalotti a nord di Roma, sorge la borgata di Montespaccato dove operano alcune narcomafie autoctone come le famiglie Gambacurta e Sgambati: si tratta per lo più di gruppi dediti al narcotraffico, all’usura, al recupero crediti e alle estorsioni che rientrano nella categoria delle “narcomafie”, gruppi ibridi che condizionano la vita delle periferie, “con comportamenti talvolta assimilabili a quelli di gruppi di narcotrafficanti, altre volte invece più simili ai clan delle piccole mafie romane».  

La piazza di Tor Bella Monaca”  

Decine e decine le piazze di spaccio, “chiuse” (quelle cioè soggette ad un rigoroso controllo) e “aperte”. Una delle realtà più significative è quella di Ponte di Nona, il quartiere che sorge nella parte est della capitale: con l’operazione “Giulio Cesare” la squadra mobile ha smantellato un’organizzazione dedita al traffico di droga e alla detenzione illegale di armi da fuoco, organizzata “militarmente”. Tor Bella Monaca, una delle realtà criminali più complesse, dopo una fase di scontro durata alcuni anni sta vivendo una fase di “pacificazione” tra le diverse fazioni criminali; qui risultano operativi clan come i Cordaro-Sparapano, i Moccia, figure apicali della criminalità locale e la famiglia di origine nomade dei Bevilacqua. A concorrere al narcotraffico nella zona anche famiglie della ‘ndrangheta come i Marando e collegate alla camorra come gli Esposito. (Agi)

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