COSENZA Arriva la soffiata, sembra quella giusta. Chi dovrebbe rappresentare lo Stato nella lotta alla criminalità organizzata spiffera i dettagli di un blitz. L’operazione si farà ma non il giorno annunciato al boss, quanto basta per alzare la soglia di attenzione degli uomini della mala cosentina. Il racconto è frutto delle confessioni rese dal pentito cosentino, Danilo Turboli. E’ il 24 gennaio 2023 quando il neo collaboratore di giustizia, riporta la memoria indietro nel tempo, all’operazione denominata “Testa del Serpente“. A finire sotto indagine, le consorterie criminali che l’antimafia di Catanzaro ritiene abbiano il controllo dell’area di Cosenza. Nello specifico nelle maglie di Polizia, Guardia di Finanza e Carabinieri, finiscono il gruppo degli “Zingari” retto dalla famiglia Abbruzzese e gli “Italiani”. I due gruppi, secondo gli investigatori, si ritiene abbiano fatto un patto per spartirsi gli interessi economici presenti nella città attraverso la cessione di sostanze stupefacenti e l’attività delle estorsioni. Storia vecchia, personaggi nuovi e un compendio di accuse pesantissime. Di quell’inchiesta però sarebbe venuto a conoscenza Roberto Porcaro, leader criminale degli “Italiani”. E’ lo stesso Turboli a raccontarlo ai magistrati. «Ricordo che una settimana – dieci giorni prima della data programmata dagli inquirenti per l’esecuzione dell’ordinanza cautelare emessa nell’ambito dell’operazione “Testa di Serpente”, Roberto Porcaro mi disse che un poliziotto gli aveva comunicato
la data esatta in cui il blitz era stato programmato e perciò in quella giornata, che era domenica, sarebbe stato opportuno per noi non farci trovare in casa. L’operazione poi non ci fu e Porcaro mi riferì che, probabilmente, sarebbe stata eseguita dopo Natale, invece
fu effettivamente eseguita, in data 13 dicembre 2019».
Danilo Turboli, sarà sentito come teste nella prossima udienza del processo “Testa del Serpente” in corso dinanzi al Tribunale di Cosenza. A chiedere l’ammissione di nuove prove è stato il pm Corrado Cubellotti che nel corso dell’ultima udienza avrebbe dovuto formulare le proprie richieste nei confronti degli indagati. La chiusura della requisitoria è stata però rimandata per consentire ad accusa e difesa di ascoltare le dichiarazioni del pentito. Che potrà, dunque, confermare quanto dichiarato nel corso dei verbali resi nei mesi successivi alla decisione di saltare il fosso e disvelare nuovi dettagli sui business illeciti e sulle attività della mala cosentina.
(f.benincasa@corrierecal.it)
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