LAMEZIA TERME «I piccoli centri, in particolare nei territori montani, hanno pagato il prezzo più alto, perdendo quello che è il primo centro di aggregazione della comunità locale, presidio di cultura e relazioni educative», dice a Repubblica Giovani Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola.
I numeri, inediti, fanno rabbrividire: negli ultimi dieci anni – secondo una ricerca del portale, elaborata su dati ufficiali pubblicati sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito – in Italia sono state sbarrate le porte di oltre 2.600 scuole nell’ultimo decennio, solo nel segmento delle scuole dell’infanzia e primaria (alunni tra 3 e 11 anni). E nei prossimi cinque anni si può stimare che ne chiuderanno almeno altre 1.200, tra statali e paritarie. Del resto – secondo le stime dello stesso ministro Valditara – fra dieci anni dai 7,4 milioni di studenti del 2021 si scenderà a poco più di sei milioni, al ritmo di 110-120.000 ragazzi in meno ogni anno.
Da tempo, in tutte le regioni, gli edifici scolastici vengono trasformati in circoscrizioni, supermercati, ambulatori medici. I dati di Tuttoscuola svelano che il decennio ferale ha colpito soprattutto al Sud: due terzi degli istituti chiusi – 1.705 – erano collocati nel Meridione e nelle Isole. Il 15 per cento nel Nord-Ovest, l’11 per cento al Centro e il 10 per cento nel Nord-est. Per comprendere dove si situano i guai peggiori, in dieci anni sono state chiuse tre scuole dell’infanzia in Piemonte e 88 in Calabria. Le province più svuotate sono, nell’ordine, Cosenza, Reggio Calabria e Salerno.
Le 393.000 nascite del 2022, minimo storico nella storia del Paese all’interno di un autunno demografico iniziato nel 2009, sono il segnale dell’inaridimento della comunità intera e la sua prima istituzione – la scuola, al centro di una nazione secondo il pensiero di Piero Calamandrei – subisce l’impatto più forte e visibile. Sono istituti, quelli abbandonati, tutti dell’infanzia e della primaria: 1.756 realtà destinate all’istruzione iniziale (3-6 anni) e 865 elementari (6-11 anni).
Da una parte si certifica il crollo, acuito nella stagione pandemica, delle scuole paritarie: 1.445 sedi. La questione potrebbe essere liquidata con l’impossibilità per un numero sempre più alto di famiglie ad onorare la retta mensile. Chiude, tuttavia, anche il pubblico. Sono 1.176 i plessi statali dell’infanzia e della primaria non più riaperti per la mancanza di alunni. Il periodo più critico, e questa potrebbe essere l’unica notizia confortante in questa analisi, è indicato nel biennio 2014-2016.
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