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“Reset”, la costituzione delle parti civili. Il «deciso» sì di Cosenza e la rinuncia di Rende

Il sindaco bruzio al Corriere della Calabria: «La presenza della criminalità impedisce lo sviluppo. Un’amministrazione ha il dovere di costituirsi»

Pubblicato il: 11/06/2023 – 10:10
di Fabio Benincasa
“Reset”, la costituzione delle parti civili. Il «deciso» sì di Cosenza e la rinuncia di Rende

COSENZA Quasi due ore complessive di camera di consiglio sono state necessarie al gup Fabiana Giacchetti per dirimere la questione legata alla omessa notifica al Comune di Cosenza: interessato a costituirsi parte civile nel procedimento “Reset“. Solo 48 ore fa, si è celebrata l’udienza preliminare nell’aula bunker di Lamezia Terme che per tutti i mesi estivi ospiterà, almeno per due giorni a settimana, 245 indagati accompagnati dai rispettivi legali. L’inchiesta, giova ricordarlo, ha ricostruito gerarchie, business e modus operandi dei sette gruppi confederati della ‘ndrangheta cosentina, egemoni a Cosenza e nell’hinterland bruzio. Tra gli imputati ci sono boss della ‘ndrangheta come Francesco Patitucci e Roberto Porcaro, che ha scelto di collaborare con la giustizia, e anche alcuni esponenti politici come il sindaco sospeso di Rende Marcello Manna e l’assessore al Comune di Cosenza, Francesco De Cicco.

Cosenza, la costituzione di parte civile

L’amministrazione bruzia guidata dal primo cittadino, Franz Caruso, ha deciso di costituirsi parte civile. «Il Comune di Cosenza si costituirà parte civile nei confronti di tutti gli imputati del 416 bis cioè di associazione mafiosa per tutta l’attività delittuosa contestata e consumata nel nostro territorio comunale, per cui il 23 giugno (la data della prossima udienza di Reset ndr) saremo presenti con il nostro difensore e ci costituiremo parte civile», ribadisce il primo cittadino al Corriere della Calabria (l’intervista integrale nel video).
Il sindaco poi si sofferma sull’opportunità che diventa quasi obbligo per una amministrazione di schierarsi «senza se e senza ma» contro chi inquina il tessuto sociale ed economico sano di un territorio. Non è una mera decisione simbolica. «Quando un’amministrazione mette al centro della propria azione il valore della legalità ha il dovere poi di praticarla, non la può soltanto declamarla, la deve praticare», continua Caruso. Che aggiunge: «Io sono contro il delitto anche se difendo chi è imputato, ma sono contro il delitto e contro ogni forma di criminalità organizzata. La presenza devastante sul territorio di queste organizzazioni criminali impedisce lo sviluppo dell’economia nei territori dove è presente ed è così capillarmente penetrata nel tessuto economico e produttivo per cui un’amministrazione che vuole affermare questi valori, questi principi di trasparenza e di legalità ha il dovere, secondo me, di costituirsi parte civile». Il primo cittadino, rimarca quanto già sostenuto. «L’azione politica deve essere consequenziale ai proclami che spesso si fanno e che poi finiscono nel nulla, nel vuoto».

Cosenza si, Rende no

Se da una parte, il primo cittadino di Cosenza non ha avuto nessuna esitazione nel ritenere opportuno, necessario, doveroso costituirsi parte civile in un procedimento come quello in corso a Lamezia Terme, dall’altra parte dal comune di Rende la scelta è stata altrettanto netta. La sindaca reggente, Marta Petrusewicz, ha avuto modo di spiegare – tramite nota stampa – i motivi che hanno spinto l’amministrazione rendese a scegliere di non costituirsi parte civile nel processo “Reset“. La stessa amministrazione, giova ricordare anche questo, attende la decisione del ministero dell’Interno che potrebbe decidere di sciogliere il comune qualora ritenesse reale e concreta la presenza di infiltrazioni mafiose. I giorni trascorrono inesorabili e prima del responso c’è stato tempo e modo per alimentare ulteriormente le polemiche. Il riferimento è al tanto contestato «blitz della maggioranza» che ha approvato il Psc. Sandro Principe, ex sindaco rendese e oggi consigliere di minoranza, la definisce «una grandissima porcheria», Mimmo Talarico (sempre espressione della minoranza) parla di «delitto a danno della città». Ancora più netta, qualora ve ne fosse bisogno, la pozione espressa, qualche giorno fa dal consigliere di “Rende per Rende” Massimiliano De Rose. Che ha posto un quesito alla attuale amministrazione: «Petrusewicz e Laboratorio Civico preferiscono difendere Manna e Munno o la città di Rende?». Insomma, il clima è incandescente. Tornando alle motivazioni addotte da Petrusewicz, la sindaca reggente ha rimarcato di non ritenere «legittimo lo strapotere dei procuratori che si ergono a giudici, elevati in questo dai media, e affiancati e glorificati da alcune forze politiche. Sono cresciuta sotto il regime comunista, dove alleggiava ancora l’ombra dello strapotente procuratore generale sovietico Andrej Vyšinskij, l’artefice infame dei processi farsa e delle grandi purghe. In Italia, ho vissuto da vicino l’affaire “7 Aprile”, basato principalmente sul “teorema” del procuratore padovano Pietro Calogero. Da storica, conosco bene il meccanismo inquisitorio, dove chi inquisiva, giudicava. In un mondo di diritto, sta a giudici di giudicare», ha sottolineato la vicesindaca.
«La condanna della mafia o della ‘ndrangheta come preliminare a un qualunque discorso su un tema qualunque – continua – anche questo mi ricorda la retorica dei proclami, preliminari a tutta l’espressione pubblica, di fedeltà al fascismo o al comunismo». Ipse dixit.
Immediata e non meno dura la risposta di Massimiliano De RoseEnrico Monaco e Michele Morrone del gruppo consiliare “Rende per Rende”. Il primo ha ricordato un inquietante precedente legato al comune di Fabrizia. Nel 2011, una volta sciolta per mafia, l’amministrazione comunale del piccolo centro del Vibonese ha impugnato il provvedimento dinnanzi al Tar della Calabria e successivamente al Consiglio di Stato, i quali però hanno evidenziato che la mancata costituzione di parte civile nel processo penale contro le cosche del territorio si è rilevato un «elemento fortemente indiziante della potenziale contaminazione dell’amministrazione comunale». (f.benincasa@corrierecal.it)

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