«Combattere l’evasione fiscale non vuol dire perseguitare i contribuenti, ma è un atto di giustizia».
A Ernesto Maria Ruffini non sono andate giù nel weekend le parole del vicepremier Matteo Salvini, soprattutto quelle sui «milioni di italiani da anni ostaggio delle Entrate».
E alla prima occasione il direttore generale dell’Agenzia non le ha mandate a dire al vicepremier che, tirando dritto per la sua strada, ha a sua volta ribadito la necessità di una pace fiscale che, a suo dire, rappresenterebbe solo «un vantaggio per lo Stato». Un vero e proprio botta e risposta a distanza, insomma, nel giorno in cui la riforma del fisco targata Meloni, e in cui finora non c’è traccia di nuove sanatorie o rottamazioni, approda in Senato con l’obiettivo di essere approvata definitivamente dal Parlamento prima della pausa estiva. E se il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, del partito della premier, prende le distanze dai propositi del leader leghista, Forza Italia apre: «Siamo sempre stati favorevoli a una pace fiscale e sono ben lieto che la Lega e Salvini scelgano di seguirci su questo piano», la posizione di Antonio Tajani.
Mentre il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, arriva a evocare il condono, scatenando un mare di reazioni: «È una cosa che deve essere valutata e può essere fatta – assicura Pichetto – dipende dai contenuti. Condono deve significare una valutazione su chi è in grado di pagare». Sulle tasse e sul ruolo dell’Agenzia delle Entrate, insomma, il clima si fa rovente, e le parole di Salvini non solo fanno infuriare Ruffini e le opposizioni, ma fanno emergere anche crepe nella maggioranza. «Il contrasto all’evasione non è volontà di perseguitare qualcuno. È un fatto di giustizia nei confronti di tutti coloro che, e sono la stragrande maggioranza, le tasse anno dopo anno le pagano», ha scandito Ruffini durante un convegno senza mai nominare il leader della Lega, sottolineando come nel 2022 sia stata recuperata nel complesso la cifra record di oltre 20 miliardi: «Il più importante risultato di sempre», rivendica. «Il nostro – ha insistito difendendo l’operato dalla sua agenzia – è un lavoro essenziale per il funzionamento di tutta la macchina pubblica, perché se vogliamo garantire i diritti fondamentali della persona indicati e tutelati nella nostra Costituzione, servono risorse. L’Agenzia – l’ultimo messaggio diretto a Salvini – è una amministrazione dello Stato, non un’entità belligerante».
A spalleggiare Ruffini il viceministro Leo, che nel passato è stato nel dipartimento legislativo dell’agenzia e che ora al Mef ha in mano il dossier sulla delega fiscale: «Si è detto che l’Agenzia delle Entrate, in alcuni casi, è stata aggressiva. In realtà non ha fatto altro che applicare norme di legge, complesse, difficili, spesso incomprensibili». Poi la promessa: «La lotta all’evasione la dobbiamo fare e la faremo nel modo più efficace possibile, ma con strumenti nuovi, con la tecnologia di cui disponiamo».
La replica di Salvini da Cagliari: «Una pace fiscale per chi ha fatto le dichiarazioni ma non è riuscito a versarle tutte è un vantaggio per lo Stato che incassa una marea di miliardi da usare per stipendi e pensioni e significa una liberazione per 15 milioni di persone». Per il vicepremier leghista «ci sono ad oggi 15 milioni di italiani che hanno fatto la dichiarazione dei redditi, ma hanno un conto aperto con l’Agenzia delle Entrate. Non posso pensare che un terzo degli italiani sono persone che hanno avuto un problema con il fisco. Non ce l’hanno fatta a pagare tutto quello che dovevano. Dovrebbero essere aiutati, non condannati». Ma il Pd stronca il piano del leader leghista, sottolineando come dietro alla parola espressione ‘pace fiscale’ si debba leggere la parola ‘condono’. E il capogruppo al Senato, Francesco Boccia, si è detto “allibito” per le parole di Pichetto, definendole “inqualificabili”. Per il leader di Azione, Carlo Calenda, la proposta di Salvini «è una balla»: «Abbiamo approvato una delega in cui la pace fiscale non c’è. Questo Paese ha cento miliardi di evasione fiscale che vanno recuperati per abbassare le tasse». Per Chiara Appendino dei Cinque Stelle le parole del ministro dell’Ambiente sono «uno schiaffo a chi paga le tasse».
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