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IL RACCONTO

Rotto (e sporco) già prima del collaudo. Una passeggiata su viale Mancini

Danneggiato, decadente, un cantiere infinito. E la data dell’inaugurazione dei nuovi spazi è ancora avvolta nella nebbia

Pubblicato il: 06/09/2023 – 12:22
di Eugenio Furia
Rotto (e sporco) già prima del collaudo. Una passeggiata su viale Mancini

COSENZA Su un pettinatissimo prato inglese degno di Buckingham Palace torreggia un (raro) cestino traboccante di rifiuti: cartoline dalla città bifronte. Viale Giacomo Mancini sembra un’epitome delle anomalie cosentine più che un compendio dei suoi disservizi: cestini della spazzatura a intermittenza, e comunque – tranne nel breve tratto più a nord – mai dove dovrebbero trovarsi cioè sulla pista pedonale, a favore di chi cammina e dunque si presume che sporchi.

Microdiscariche e danni lungo il tratto centrale di viale Giacomo Mancini, a Cosenza

Non solo: i contenitori della spazzatura non sono stati rimpiazzati (di una decina ne resta solo lo scheletro, senza contenitore) e raramente compaiono nei pressi delle zone più frequentate dai ragazzi, ovvero vicino ai campi da gioco: tranne uno magnanimamente collocato all’ingresso di due campetti frequentatissimi dai teenager (davanti alla chiesa di Cristo Re), sono tutti risalenti ad almeno vent’anni fa, quando la strada era a doppio senso e il parco del benessere non esisteva neppure nei rendering.

Senza pace

Inaugurata a spezzoni come usava fare ai tempi di Giacomo Mancini (da sindaco fece il primo taglio del nastro, quando per ovvi motivi lo stradone doveva ancora chiamarsi viale Parco), l’opera ha vissuto più fasi e continua a viverne, con annesse polemiche e tifoserie pro-contro: dall’inchiesta giudiziaria sui lavori (il 1° aprile 2005 si aprì una voragine e solo il caso volle che non ci fossero vittime) non c’è stata tregua, tra chiusure e rifacimenti, poi la telenovela decennale della metroleggera e infine i lavori per il parco del benessere con relativa riduzione di una carreggiata: di lì, a cascata, il periodo degli incidenti a ripetizione per i nuovi sensi di marcia (è ancora un rischio: ieri sera poco dopo le 19 nel tratto centrale un crossover arancione ha imboccato la strada nel senso sbagliato), gli impianti di irrigazione automatici sparati sul nulla nel migliore dei casi (nel peggiore: sulla strada e quindi sui mezzi in transito; ancora ieri sera qualche esempio di acqua a lavare l’asfalto, nella zona del carcere), la barzelletta del semaforo che proprio sotto casa dell’allora sindaco Mario Occhiuto ha continuato a lampeggiare inutilmente per 5 anni (le auto arrivano dal senso opposto, quello precedente ai cantieri) infine i pericolosissimi ferri sporgenti durante gli ultimi lavori (quasi) consegnati: ecco, siccome persino definirla un’incompiuta è diventato stucchevole come questo articolo, potremmo etichettare viale Mancini come un’opera-quasi, chiamando in aiuto il concetto di “quasità” teorizzato dal giornalista Francesco Merlo.

Due “simboli” di viale Mancini: il cestino fantasma e quello traboccante di escrementi canini

Una tela di Penelope che si fa e si disfa a ritmi forsennati, autodistruggendosi e però rinascendo sempre. L’unica cosa che non cambia mai sono i parcheggiatori abusivi all’altezza della nuova traversa che porta al ponte di Calatrava.

Aspettando il collaudo

E allora facciamoci del male, percorriamo i 3 chilometri e mezzo del viale, una sera di inizio settembre, fantasticando sulla consegna dei lavori e l’agognatissimo collaudo, con la mani conserte dietro la schiena come gli umarell che a vedere i cantieri almeno passano il tempo. L’ultimo annuncio fissava l’inaugurazione definitiva a maggio (2023, non 2024…) ma fin quando non sarà ultimata la fontana dell’ultimo tratto a sud – lavori a rilento, guarda un po’ che novità: hanno finito prima un palazzone proprio lì accanto, le uniche cose che a Cosenza procedono speditamente – non se ne parla. La vasca ieri si è riempita di pioggia, riflettendo le maxigru dei vicini cantieri: altra cartolina simbolica come poche.

Cosenza, ancora spazzatura e cantieri non ultimati nel tratto sud di viale Giacomo Mancini

Nel frattempo, tra le barriere New Jersey biancorosse fastidiose e pericolose anche per gli automobilisti e le reti di acciaio cadute che poco lontano delimitano aree normalmente frequentate, come se il collaudo ci fosse stato, fioriscono microdiscariche le più variegate, soprattutto lattine e bottiglie, cartacce ma anche rami e foglie.

New Jersey in plastica abbandonati, lattine e bottiglie ma anche rami ai margini del cantiere da ultimare su viale Mancini a Cosenza

Se lungo il Museo all’aperto ci si può soffermare sulle opere d’arte, qui il gioco da fare è un altro. È un passatempo matematico. Per gli escrementi dei cani abbiamo contato solo 3 cestini (in media meno di uno ogni chilometro): due sono concentrati in poco spazio, poi più nulla per centinaia di metri, e infatti puntualmente le bustine colorate “ripiene” sono uno dei must della promenade che doveva rendere Cosenza una città simile a quelle del nord Europa. Altre cartoline. Tra la chiesa di Cristo Re e il centro commerciale, procedendo verso sud, 11 dei 16 cestini per la spazzatura (degli umani) sono concentrati schizofrenicamente negli ultimi 100 metri; altri 11, sui marciapiedi, sono spesso vuoti perché lì camminano in pochi, i più preferiscono la pista pedonale immersa nel verde, quella senza cestini, per capirci.

Una specie di Mab

Percorrendo verso nord (dalla chiesa di Cristo Re fino al parco Nicholas Green), ecco apparire il primo contenitore per escrementi di cani, ambitissimo infatti: più che iconico, totemico. Praticamente così riconoscibile da imporsi come luogo d’incontro dei padroncini, «ci vediamo domani al cestino rosso». Ma questa è anche una zona simpaticamente caratterizzata da un fenomeno da studiare: il cestino fantasma, ne abbiamo contati ben 9 in pochi metri ridotti a un semplice scheletro, potrebbe sembrare una serie di installazioni site-specific perché si trovano solo qui… Una specie di Museo all’aperto, appunto. Andando verso Rende, nel tratto più recente dell’opera-quasi, lo spezzone inaugurato nel 2011 dall’allora sindaco Salvatore Perugini e a tutt’oggi l’unico rimasto intatto, esultiamo per i 9 cestini collocati a cadenza regolare – uno ogni 10 metri – e soprattutto, finalmente sulla pista pedonale. Poi però l’entusiasmo rimane strozzato davanti all’ennesima rete forata di plastica arancione sbiadita: si resta impietriti davanti a un miraggio, l’incantesimo del passaggio a nord che dovrà (dovrebbe, potrebbe?) legare i tratti cosentino e rendese: si attende da oltre dieci anni, ogni tanto si vede qualche ruspa muoversi e si legge qualche annuncio con i soliti verbi al futuro tipici del politichese; da prima dell’estate una tabella corredata dai loghi istituzionali e per una volta dagli stemmi di Cosenza e Rende appaiati segnala il cantiere per la “Realizzazione di spazi di partecipazione e inclusione sociale nei parchi urbani della città di Cosenza – Passerella parco Nicholas Green al confine tra Cosenza e Rende”, data ultimazione lavori 18/11/2023, importo totale 185.097,23 euro.

Grazie ragazzi

Fece discutere qualche mese fa l’invito del sindaco Franz Caruso a «non utilizzare i campi da gioco»: ma come, non è anche questa “partecipazione e inclusione sociale”? Se i ragazzi gli avessero dato retta, a quest’ora sui sintetici sarebbe cresciuta l’erbaccia. Invece eccoli: realizzano l’integrazione, giocano anche in notturna senza luce. Per una volta ringraziamoli, allora: la loro disobbedienza è servita quanto meno a farli socializzare all’aria aperta, divertendosi e facendo sport anziché spegnersi, a casa, davanti a uno schermo. (redazione@corrierecal.it)

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