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‘Ndrangheta, il business della navigazione turistica e la “percentuale” dei La Rosa: parla il pentito Accorinti

Il 43enne, dopo aver deciso di collaborare, ha illustrato ai pm il ruolo delle famiglie sul territorio. «Chiedevano 5 euro su ogni biglietto»

Pubblicato il: 19/09/2023 – 10:39
di Giorgio Curcio
‘Ndrangheta, il business della navigazione turistica e la “percentuale” dei La Rosa: parla il pentito Accorinti

VIBO VALENTIA «La mia famiglia ha iniziato ad operare nel settore della navigazione turistica nell’estate del 2006, prendendo una barca di nome “Imperatrice”. Il 20 settembre 2006 ci furono però gli arresti dell’operazione “Odissea” nel corso della quale venne arrestato mio padre e, quindi, questa barca la restituimmo al legittimo proprietario poiché pensavamo di non riuscire a portare avanti l’attività senza mio padre». A parlare è il nuovo collaboratore di giustizia, Antonio Accorinti, classe 1980 e figlio del presunto boss di Briatico, Antonino. La decisione del 43enne di collaborare con i magistrati è stata resa nota nel corso dell’ultima udienza del processo “Imponimento”.

La navigazione turistica

Nelle sue dichiarazioni spontanee finite nel verbale del 18 luglio 2023, Accorinti si concentra in particolare sul business del trasporto e la navigazione turistica sulla costa Vibonese e gli affari della propria famiglia insieme a quelle egemoni sul territorio. «Prima di entrare nel settore della navigazione ci occupavamo esclusivamente della gestione del Green Garden e del lido Green Beach. Fu mio padre in prima persona a voler entrare nel settore della navigazione perché lui, essendo un pescatore, aveva questa passione. Nel periodo in cui mio padre era detenuto, entrammo in affari con una società di Ischia che in precedenza collaborava con un’impresa riconducibile a Salvatore “Tonuccio” La Rosa». «E in quel periodo, con Filippo Niglia, fondammo la Briatico Eolie Srl». Filippo “Pippo” Niglia, 63enne di Briatico, è già imputato nel processo “Costa Pulita” ed è stato arrestato nel corso del blitz “Maestrale Carthago”. Accorinti racconta che «non ci furono particolari attriti con Tonuccio La Rosa dopo l’estromissione dalla collaborazione , questi episodi rientravano nell’alveo della normale concorrenza tra imprese turistiche, anche se posso aggiungere che a volte Tonuccio La Rosa era sleale perché cercava di sottrarci clientela».

La “percentuale” sui biglietti

Nel corso delle dichiarazioni rese al sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, Antonio Accorinti racconta delle attività della famiglia La Rosa e della “percentuale” a titolo estorsivo che la famiglia pretendeva sul pagamento dei biglietti. «Posso riferire – racconta Accorinti – che il sistema criminale di controllo della navigazione turistica è da sempre il medesimo. Per ogni biglietto venduto viene data una percentuale di 5 euro ai La Rosa, a titolo estorsivo, questo almeno per quanto concerne la clientela canalizzata dalle società da loro controllate. Mi spiego meglio: se un biglietto costava 45 euro, di questi 45 euro 10 euro andavano alla agenzia a titolo di commissione e 35 alla società. Quest’ultima, in base al numero dei clienti, inviava la percentuale alla cosca di riferimento, riconoscendo 5 euro a cliente ai La Rosa. La “Savadori” e la “Comerci” davano infatti la percentuale ai La Rosa, la mia società non versava alcuna somma ai La Rosa perché io mi sentivo al pari livello criminale dei La Rosa. Questo sistema mi fu riferito sia da Antonio La Rosa, sia da mio padre, sia da Francesco La Rosa, sia da Pantaleone Mancuso, per come vi dirò». «Antonio La Rosa in persona mi spiegò come venivano ripartite le entrate derivanti dal settore della navigazione turistica e mi rivelò che lui percepiva 5 euro di percentuale su ogni biglietto venduto (…) per cui il fatto di pagare o meno questa percentuale era ovviamente legato agli equilibri mafiosi in quella zona».

C’era chi non pagava

«Diego Mancuso controllava invece un’agenzia di viaggi di Tropea. Questi sicuramente, siccome dava conto a Diego Mancuso, non dava alcuna percentuale ai La Rosa. Anche il fratello di Zaccaro, Francesco, genero di Antonio La Rosa, successivamente apri un’agenzia di viaggi che si chiamava “Sta”. Ricordo che fui io a fornirgli una “liberatoria” per poter aprire perché venne proprio Domenico La Rosa con la nipote a chiedermi il favore di agevolarlo. Nemmeno il fratello di Zaccaro elargiva i 5 euro ai La Rosa».  «Fino al 2014 – ha raccontato al pm – tutte le circostanze di cui sto riferendo le ho vissute in prima persona. Quanto invece riferisco in relazione ai periodi successivi al 2014 mi è stato invece raccontato, in via indiretta, tramite terze persone. In ogni caso, posso confermare che il sistema di gestione criminale della navigazione turistica è rimasto il medesimo nel corso del tempo». 

club med pizzo

I rapporti con i club turistici

«(…) posso dire che Enzo Calafati era una persona molto scaltra nella contabilità: spesso avevo infatti dei battibecchi con lui per tali questioni, nel periodo in cui lavoravamo insieme e lui canalizzava verso le mie imbarcazioni la clientela della “TUI”. Quando sono uscito dal carcere ho scoperto, tramite mio cognato Salvatore Muggeri, che Calafati si stava comportando male in quanto li aveva estromessi dopo aver preso in gestione il villaggio ex “Club Med”, assieme a Massimo Trimboli a Giacomo Franzoni (cugino di Enzo Calafati) e a Pasquale Gallone. Per come mi riferì mio cognato, ebbe un aspro confronto per tali motivi con il Calafati e successivamente Pasquale Gallone ed Emanuele La Malfa andarono all’ex villaggio “Club Med” a parlare con mio cognato raccomandandogli di comportarsi correttamente con Enzo Calafati. Mio cognato gli rispose che lui era inserito nel “Club Med”, dai tempi di Luni “Scarpuni”, ciò lo affermò in modo da sottolineare come lui beneficiasse da tanto tempo della “protezione” criminale di Pantaleone Mancuso, ma La Malfa di tutta risposta ebbe testualmente a dire: “Luni non c’è più ormai”». (g.curcio@corrierecal.it)

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