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le indagini

Mezzo milione da riciclare per i narcos della ‘ndrangheta, il viaggio del “banchiere” cinese a Reggio

La partenza da Roma. L’appuntamento ad Arangea. Le chat per definire la quantità di contante da trasportare. E il filo con un agguato di ‘ndrangheta del 1991

Pubblicato il: 05/10/2023 – 18:24
di Pablo Petrasso
Mezzo milione da riciclare per i narcos della ‘ndrangheta, il viaggio del “banchiere” cinese a Reggio

REGGIO CALABRIA «Calabria lontano, lontano». Il “banchiere clandestino” Wen Kui Zheng accoglie la proposta di ritirare una valigia di contanti da riciclare nei suoi negozi del quartiere Esquilino, ma è preoccupato. Il pericolo dei controlli è reale e per concludere l’affare serve molto tempo: «Andata e ritorno ci vuole 12 ore Roma andare là, 13 ore, ci vuole 6 ore e 6 ore tornare, poi girare là un’ora: 13 ore. Duecentocinquanta troppo poco». Traduzione: Zheng non vuole rischiare di farsi beccare per “soli” 250mila euro, il viaggio deve valere di più, almeno il doppio. Il suo interlocutore, nome in codice “Alpe” ha paura per motivi opposti: se qualcosa fosse andato storto troppo denaro sarebbe andato in fumo. Il “banchiere” cerca di rassicurarlo: «Non paura, non paura, io organizzare bene, quando vado io organizzare bene… Eh, un milione andare due viaggi». La conversazione si chiude con l’invio a Zheng di un recapito telefonico con riferimento a “Calabre”, accompagnato da un indirizzo.

Il viaggio del “banchiere” monitorato dai finanzieri

È il 5 febbraio 2021; il giorno dopo Zheng si mette in viaggio dalla Capitale in direzione Reggio Calabria. Non sa che i militari della guardia di finanza ascoltano e sono pronti a registrare i suoi spostamenti. L’Audi A1 parte da Roma e raggiunge la Calabria senza effettuare soste. Alle 11,51 lascia l’A2 per raggiungere “Arangea/Gallina” e parcheggi nei pressi dell’incrocio con via Arangea. Il cinese, punto di riferimento di un sistema internazionale di riciclaggio finito nel mirino di un’inchiesta della Dda di Roma, scende dall’auto e scatta qualche foto del posto, poi si sposta e rimane in attesa.

Santo Flaviano

Dopo mezzogiorno appare una Fiat 500 che si accosta all’Audi: alla guida c’è un uomo che gli investigatori identificano in Santo Flaviano. Ha circa 30 anni e indossa una felpa nera con una stampa a colori sul davanti. Si avvicina a Zheng. I due parlano per alcuni minuti mentre guardano assieme lo smartphone. Il “banchiere” resterà in zona fino alle 13,22, quando riprenderà la strada per Roma. Nel viaggio di ritorno, “Alpe” gli chiede di tornare in Calabria il lunedì successivo e raccoglie la perplessità dell’interlocutore, il quale vorrebbe rinviare almeno di un giorno. 

La perquisizione e i 500mila euro nascosti nel vano finestrini

Quello che Zheng non si aspetta è che il Gico della guardia di finanza è in attesa del suo arrivo al casello autostradale di Roma Sud. La perquisizione dei militari porta all’individuazione della somma di 500mila euro: i contanti sono nascosti nel vano finestrini degli sportelli posteriori. Per i magistrati antimafia di Roma è la prima parte del trasporto complessivo di un milione di euro da trasferire prima nei negozi dell’Esquilino e poi all’estero perché rientrassero in possesso dei committenti, al momento ignoti. 

I contanti sequestrati dalla guardia di finanza sull’Audi A1 di Zheng

Il filo con l’agguato a colpi di bazooka

Una volta sequestrati i soldi, i finanzieri approfondiscono il lato calabrese della faccenda. La Fiat 500 arrivata in via Arangea per “accogliere” Zheng appartiene alla vedova di Demetrio Flaviano, «ucciso – appuntano gli investigatori – in un agguato di ‘ndrangheta a Reggio Calabria il 21 febbraio 1991 mentre viaggiava all’interno di un’autovettura in compagnia del pregiudicato Mario Albanese, appartenente alla cosca Libri». Azione di guerra: i killer avevano colpito il veicolo blindato con un missile anticarro sparato da un bazooka e poi finito il “lavoro” a colpi di mitra. Flaviano, seduto al posto del guidatore, non aveva avuto scampo. Un filo lungo trent’anni si snoda da quell’omicidio alla storia di riciclaggio che oggi vede tra gli indagati Santo Flaviano, considerato il terminale degli «interlocutori calabresi» che «avevano la necessità di trasferire il denaro all’estero al fine di occultarne la provenienza illecita». (p.petrasso@corrierecal.it)

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