«Il 4 dicembre 1983 uscì il primo numero di un nuovo inserto culturale: la “Domenica” del Sole 24 Ore, meglio noto come “il Domenicale”.
A volerlo fu il direttore di allora, Gianni Locatelli, d’intesa con l’amministratore delegato Giancarlo Lunati, un manager illuminato cresciuto alla scuola di Adriano Olivetti. A progettarlo e realizzarlo furono i giornalisti Lodovico Besozzi e Riccardo Chiaberge.
Quest’ultimo ha ricordato quella nascita sul giornale online “Linkiesta”.
Lo stesso Chiaberge ricorda la genesi: «Il Sole era un giornale specialistico, economico-finanziario, diffuso in prevalenza per abbonamenti, atterrava sulle scrivanie di manager, fiscalisti e notai la mattina di ogni giorno feriale. Ma la domenica ben pochi andavano a cercarlo nelle edicole. Di qui l’idea di aprire, nell’edizione festiva, uno spazio dedicato al tempo libero, alla lettura, alla musica e all’arte, un po’ sul modello del “Financial Times Weekend”. Miravamo agli imprenditori e professionisti colti, quelli che incontri alla Gam, in Triennale o alla Scala, o magari da Sotheby’s. E più ancora alle donne, in carriera e non, che avevano come oggi un ruolo trainante nei consumi culturali».
E giù a raccontare gli anni fecondi che l’autore riassume oggi così: «La lezione del Domenicale in fondo è questa. La cultura non deve servire nessuna causa, partiti, governi, ideologie, chiese o mercato. E per sfuggire al pantano del cosiddetto “pensiero unico” non occorre tuffarsi nel pantano opposto. Basta pensare con la propria testa, ed essere un po’ dispettosi». Non lontano da noi, Melina Merkouri cantava “Mai di domenica”».
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