REGGIO CALABRIA Direttive «chiare, precise e puntigliose» impartite dal trio Gino Borghetto, Paolo e Angelo Latella artefici di un intenso traffico di cocaina tra la zona jonica reggina e il messinese. Le istruzioni erano dirette al corriere della droga prescelto, Felice Melchionna, e riguardavano informazioni sulla droga che avrebbe dovuto trasportare a Messina settimanalmente. La dettagliata descrizione dell’organizzazione è contenuta nelle carte dell’inchiesta “Garden” della Dda di Reggio Calabria che ha colpito la cosca Borghetto-Latella e portato all’arresto di 27 persone tutte indagate, a vario titolo, per i reati di associazione mafiosa, estorsione, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco, spaccio e traffico di sostanze stupefacenti, usura.
«A dare il “la” all’avvio di un’attività bene organizzata» fu per primo Angelo Latella, figlio di Paolo Latella, definito insieme a Gino e Cosimo Borghetto come «storici “capi famiglia” della cosca egemone nei quartieri Modena e Ciccarello». E a spiegare come era organizzato il traffico di stupefacenti da Reggio a Messina sono proprio gli artefici del sistema, nelle conversazioni captate dagli investigatori che per il gip sono «di disarmante chiarezza». Gino Borghetto, Paolo e Angelo Latella decidono di avviare un traffico che consentisse «un trasporto settimanale in Sicilia di quantitativi di cocaina aggirantesi intorno ai tre-quattro chili per volta, dei quali avrebbero dovuto rifornirsi presso un fornitore della zona jonica reggina che verrà successivamente identificato, come da richiesta integrativa del pm, in Familiari Antonino». I tre individuavano, inoltre, il loro stabile corriere in Felice Melchionna, che verrà più volte identificato mentre si reca presso l’abitazione di Paolo Latella per discutere del traffico illecito. Una scelta non casuale. «Era stato per primo Gino Borghetto – scrive il gip – a puntare il Melchionna il quale avrebbe potuto, peraltro, giustificare i singoli trasporti con i suoi vari impegni imprenditoriali in Sicilia». La scelta era ricaduta su Felice Melchionna come «colui il quale avrebbe dovuto sporcarsi le mani, al loro posto, su loro direttive e per loro comando, sia perché evidentemente esperto del settore sia perché persona di estrema fiducia di Angelo Latella». Ma c’era ancora un ulteriore motivazione. Melchionna, infatti, era legato da anni a Gino Borghetto e ai Latella «per prestiti di denaro a usura che riceveva da costoro, che fanno più volte ed espressamente riferimento ai soldi che gli avevano dato in “prestito” e che costui avrebbe dovuto restituire, avrebbe così potuto tacitare le pretese creditorie senza fiatare e senza potersi sottrarre al compito assegnatogli». Melchionna, dunque, era «evidentemente sotto loro scacco per il denaro che ancora doveva restituire»: secondo quanto emerge, solo per quel che riguarda Gino Borgetto circa 120mila euro. Parlando dell’arresto di un corriere della droga, Gino Borghetto aveva inoltre evidenziato il vantaggio che sarebbe derivato in capo a chi promuoveva e gestiva dietro le quinte: «a essere arrestato era solo il corriere e solo quest’ultimo avrebbe subito le conseguenze, salvo rischi di collaborazioni con la Giustizia». E Melchionna verrà poi arrestato in flagranza in occasione del settimo viaggio in Sicilia.
I Latella e Gino Borghetto avevano organizzato tutto nei più piccoli particolari, «manifestando di avere immediatamente la capacità di intraprendere contatti duraturi nel tempo con fornitore e cessionari e prima ancora di individuarli con una rapidità e una abilità propria di chi è perfettamente addentro al traffico ed è profondo conoscitore del settore», si legge nelle carte dell’inchiesta. Tutto studiato nei dettagli: dall’utilizzo di un telefono criptato nelle disponibilità di Angelo Latella e prestato a Melchionna, alle «ripetute prove dell’utilizzo del telefono con inserimento di Pin e Password che avrebbe dovuto imparare a memoria e non scrivere da nessuna parte per tema di controlli». Ma non solo. Direttive anche sulle modalità da utilizzare per contattare e raggiungere i cessionari siciliani individuati dagli stessi Latella e dal Borghetto, dal posto dove nascondere la droga trasportata [BORGHETTO Eugenio: La metti là nel cofano, poi…], dal noleggio dell’autovettura proprio per non essere identificato, dalla necessità che lasciasse a casa tutti i suoi normali telefoni per impedire che venisse tracciato [BORGHETTO Eugenio: Per domani gli inc…quando vai, inc…non è che vai con questi telefoni, il telefono lo lasci tu a casa, inc…], «portando con sé solo ed esclusivamente il telefono criptato con il quale soltanto avrebbe dovuto comunicare con fornitore e cessionari, dal giorno (il mercoledì) che avrebbe dovuto impiegare per il trasporto a Messina della droga previo rifornimento il giorno prima sulla Jonica, dagli orari di imbarco, dalla necessità che la droga ceduta non venisse visionata al cessionario, al fine di testarne peso e qualità, sul luogo dell’incontro per eccessiva esposizione a pericolo». [Gino Borghetto: L’importante gli devi dire di non aprire là, mi ha detto che già ce n ‘è… ] fino agli accordi per i pagamenti da stilare con fornitore e cessionario. I tre avevano anche avvertito il corriere della droga sulle estreme cautele che avrebbe dovuto adottare: mantenersi calmo e con sangue freddo in caso di controlli di Polizia, perché dal suo atteggiamento sarebbe dipesa la buona riuscita dei viaggi e i conseguenti guadagni: «L’importante tu, che senza mai Dio ti fermano e domandano, che sei tranquillo». «Non è che diventi rosso, bianco…». (m.ripolo@corrierecal.it)
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