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l’udienza

Processo “Sisma”, la difesa del nipote del boss di Cutro: «La cosca Dragone non esiste più»

Per Giuseppe Todaro la Dda di Brescia ha chiesto 14 anni. La difesa nega che gli illeciti contestati finissero per arricchire la ’ndrangheta

Pubblicato il: 12/12/2023 – 8:19
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Processo “Sisma”, la difesa del nipote del boss di Cutro: «La cosca Dragone non esiste più»

BRESCIA «Secondo le difese, la cosca di ‘ndrangheta Dragone-Ciampà non esiste più da vent’anni. E gli illeciti contestati non avevano lo scopo di arricchire la ‘ndrangheta». La posizione scelta per le loro arringhe difensive dai legali di Giuseppe Todaro, «perno del sistema concussivo-corruttivo accertato» per la Dda di Brescia, nell’ambito dell’inchiesta “Sisma” viene riportata dal Resto del Carlino. Per Todaro, classe 1987, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore dall’agosto 2014 fino al 31 dicembre 2021 nei comuni compresi nel cosiddetto “cratere sismico” della provincia di Mantova e nipote del boss Antonio Dragone, la Dda ha chiesto una condanna a 14 anni. È imputato anche il padre Raffaele Todaro, per il quale sono stati chiesti 9 anni di pena.

Il processo

Responsabile «dell’istruttoria delle istanze di contributo regionale per la ricostruzione e la ristrutturazione di immobili danneggiati dal terremoto del 2012», il 36enne avrebbe messo in atto uno schema collaudato che prevedeva l’elargizione del contributo pubblico ai richiedenti solo a condizione che affidassero i lavori di ricostruzione a delle società facenti capo al tecnico istruttore e al padre di questi. Le società, che di fatto sarebbero state gestite dal padre del pubblico ufficiale, erano intestate a prestanome per evitare il diniego di iscrizione nella “white list”. Secondo la Dda bresciana, – scrive il giornale – avrebbe chiesto soldi in cambio di una corsia preferenziale per avere i risarcimenti: denaro che poi sarebbe stato reimpiegato nella cosca. Il 37enne è assistito dagli avvocati Silvia Salvato e Giuseppe Migale Ranieri. «Salvato si è soffermata sui reati contro la pubblica amministrazione, chiedendo l’assoluzione e la riqualificazione: non concussione, ma al massimo abuso d’ufficio. Sentito davanti al giudice, in passato Todaro ha detto di aver accettato i soldi che, a suo dire, gli sarebbero stati offerti dall’imprenditore edile Giuseppe Di Fraia (in luglio ha patteggiato 2 anni e 9 mesi)». Gli avvocati di Raffaele Todaro, Migale Ranieri e Luigi Colacino hanno sostenuto che «la cosca Dragone-Ciampà, dopo l’assassinio del boss, non esiste più e che il nome dei Todaro non è mai emerso dalle intercettazioni». I legali hanno chiesto l’assoluzione, in subordine il minimo della pena, l’esclusione dell’aggravante 416 bis e le attenuanti generiche.

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