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«Quanto mi mancano i bagni da maggio a ottobre nel mare calabrese»

Nicola Iervasi, attore, ballerino e coreografo di Roccella, da 25 anni vive a New York. «La costa jonica reggina è un paradiso»

Pubblicato il: 30/12/2023 – 16:01
di Eugenio Furia
«Quanto mi mancano i bagni da maggio a ottobre nel mare calabrese»

Nicola Iervasi è il co-fondatore e direttore artistico di Mare Nostrum Elements che opera a New York come compagnia di produzione teatrale, gruppo di performer e fucina di educazione alla danza attraverso il metodo The Wave Within! da lui creato insieme all’attore/regista Kevin Albert. Con la sua compagnia produce diversi spettacoli di prosa Off-Broadway, spettacoli per bambini nelle scuole pubbliche di New York e corsi di formazione per coreografi presso il LaGuardia Community College. Mare Nostrum Elements co-produce inoltre il Fini Dance Festival NYC e la prima edizione di In Scena – Italian Theater Festival NY.

• CHI È Nicola Iervasi
Nativo di Roccella Jonica (RC) studia danza classica e moderna con Lidia Strangio, e poi a Roma col maestro Walter Zappolini presso il Balletto di Roma e con Marco Ierva allo IALS. Negli stessi anni approfondisce lo studio del teatro/danza con Giorgio Rossi, Michele Abbondanza e Daniela Boensch con la quale lavora nello spettacolo Frammenti: momenti di cultura calabrese nella sua nativa Roccella. Nel 1998, dopo una parentesi cinematografica (Monella di Tinto Brass, coreografie di Gabriella Borni) e televisiva (Macao di Gianni Boncompagni, coreografie di Marina Cinti) si trasferisce a New York dopo aver vinto una borsa di studio presso la Martha Graham School of Contemporary Dance  dalla quale si diploma nel 2000. A New York lavora con diverse compagnie di danza contemporanea e teatro/danza fra quali Martha Graham Dance Ensemble, Pearl Lang Dance Theater, Dzul Dance, Max Luna III, Brenda Baden Semper, Deborah Zall e Sokolow Now! Come danzatore/coreografo collabora con il dipartimento di Musica della New York University, il Bergen Community College e la cantante/percussionista Alessandra Belloni. Per il teatro ha firmato le coreografie degli spettacoli Dancing at Lughnasa, The Time of the Cuckoo e produzioni originali per Mare Nostrum Elements.

Nicola Iervasi

Quando e perché ha lasciato la Calabria?    
«Nel 1994 mi sono trasferito a Roma per studiare danza professionalmente e intraprendere la carriera. Nel 1998 sono approdato a New York. Ero andato per una vacanza studio durante l’estate. In quel periodo si tenevano le audizioni per le borse di studio presso la Martha Graham School, ebbene una decisero di consegnarla a me.  All’inizio pensavo fosse per un anno, poi due… Sono passati 25 anni».

Rimpiange o le manca qualcosa?   
«Rimpianti assolutamente no, di cose che mi mancano ce ne sono tante: il clima, i bagni a mare da maggio a ottobre, gli affetti, lo stile di vita, per non parlare del cibo autenticamente calabrese».

Cosa salva della Calabria?    
«Beh sicuramente il mio mare, lo Jonio reggino, non me ne voglia nessuno ma la lunga spiaggia di sabbia bianca e l’acqua cristallina dove vedi i pesci che guizzano fra i tuoi piedi ti fanno sentire davvero in paradiso».

Cosa non le piace del posto dove vive adesso?    
«New York (per fortuna/purtroppo) non è più il “centro del mondo”, lo dico già da diversi anni, poi la pandemia ha inflitto un brutto colpo ma gli effetti si vedranno fra 5 forse 10 anni. Come in altre grandi città il costo della vita si è alzato in maniera sproporzionata e questo ha investito anche il nostro settore. Questo ha già innescato da una parte l’esodo di artisti che trovano sedi più ragionevoli per sperimentare e produrre spettacoli; dall’altra un calo notevole di qualità e longevità inclusi gli spettacoli di Broadway».

Com’è strutturata la comunità dei calabresi nel luogo in cui vive?    
«Ci sono due tipi di comunità calabrese a New York: quella degli immigrati fino agli anni 60-70 che adesso risiedono prevalentemente in aree ben definite di Long Island, Brooklyn, Staten Island e New Jersey e gli immigrati degli ultimi decenni. I primi sono molto legati alle tradizioni, usi e costumi di una volta, tendono a rimanere connessi fra di loro, a non amalgamarsi con gli altri, quelli che tuttora organizzano le sagre e le processioni del santo protettore nel loro quartiere. I secondi – ai quali appartengo anche io – hanno interessi più allargati, vedute piú ampie, e spesso intraprendono scambi culturali, artistici o costruiscono ponti fra l’Italia e gli Stati Uniti».

Qual è secondo lei la forza dei calabresi fuori dall’Italia?    
«Darsi da fare, arrangiarsi se necessario, mettersi a disposizione quando serve e trovare il loro posto in un ambiente nuovo e a volte ostile».

Ci sono, al contrario, degli stereotipi che ci inchiodano a luoghi comuni non più attuali o comunque folkloristici e frutto del pregiudizio?    
«Forse che siamo fannulloni, che vogliamo le cose facili, ma credo siano legati all’ignoranza e alla superficialità nel giudicare, poi quando si rendono conto della nostra generositá, della nostra operosità si ricredono. D’altronde, un calabrese che ha lasciato la terra natia – di fatto – ha già superato questo pregiudizio».

Tornerà in Calabria?    
«In realtà ci torno ogni anno, in genere d’estate, e oltre a godermi un po’ di mare, collaboro con Festival di Danza, corsi di formazione e altre realtà locali di danza e teatro».

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