È già la regione con maggiori bandiere verdi, quelle che sventolano pro babies sui lidi delle coste italiane, seguita a ruota dalla Sicilia e dalla Sardegna. Il verde è il colore scelto dai pediatri per indicare le spiagge a misura di bambini e il primato calabrese annovera marine storiche tra quelle che hanno conseguito ininterrottamente il vessillo della sostenibilità dei pupi da oltre dieci anni, Nicotera, Soverato e Isola Capo Rizzuto.
La sabbia, lo spazio fra gli ombrelloni, l’acqua che non diventa subito alta, la presenza degli assistenti di spiaggia, altalene e scivoli e anche opportunità di divertimento per mamma e papà. E’ una discussione antica questa della Calabria destinazione di un turismo a dimensione familiare. Con il cruccio di essere una seconda scelta mentre avanzavano regioni del Sud che hanno fatto lievitare i prezzi degli ombrelloni con le frange di paglia e anche quelli di pucce e limonate, friselle con datterini gialli e rossi e persino del barattino, un tipo di cetriolo che, però, se la sogna la cipolla di Tropea.
C’est la mode, si spremono turisti come aranciate, nelle Maldive del Salento o tra gli ippocampi di Conca dei Marini. Arrivi, se ce la fai, paghi, mentre ti spalmi la protezione totale e preghi che per la prossima stagione ci pensi la Bolkestein che non arriva mai. Tutto questo per dire che l’altro giorno il presidente della Regione, Roberto Occhiuto, presentando gli avvisi rivolti alle imprese turistiche si è soffermato su un segmento specifico, l’accoglienza dei bambini in Calabria, prevedendo sedici milioni per potenziare i family hotel, cioè adeguare le strutture ricettive alberghiere perché abbiano gli standard per famiglie con bambini e neonati, anche in viaggio.
È rarissimo che si pensi a questo segmento. In genere il marketing turistico insegue gli “altospendenti”, esperienze indimenticabili da beach tents 4X4, manco fossero fuoristrada, i sofà modello Twiga con lettini king size, letti matrimoniali galleggianti, quelli dai quali ogni tanto allunghi la mano giù a pelo d’acqua e guai, guai, se tocchi la testa di papera di un salvagente. Si sono spesi fiumi di parole per immaginare la Calabria a destinazione extralusso, un po’ stufi – anche un po’ a ragione, diciamo la verità – di accogliere corregionali di chi scrive fermi, in genere, a Diamante.
L’idea di una Calabria a destinazione familiare è sempre stata vista come un’opzione secondaria, della serie “è così ma non si dice, lavoriamo su altro”. Invece se vale la regola che bisogna caratterizzarsi, rafforzare il marketing e le risorse per i baby travellers può essere una giusta collocazione di mercato. L’altra è puntare su spiagge con i dog bar station, che pure buono sarebbe, o sulle LGP, i lidi con i trattamenti estetici antiage, e attenzione a non confondervi con l’acronimo LGBTQ+.
Insomma, babies are welcome in Calabria e a noi sembra una bella notizia, mentre aspettiamo fiduciosi l’effetto Gottlob a Paola.
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