Dopo una settimana di arresti, daspo, responsabilità evidenti su cui non si è ancora fatta piena luce, di ricostruzioni della questura e ordinanze del gip fatte passare per ipotesi giornalistiche gradite e non gradite, di aspre polemiche di parte, di insulti e minacce a testate e cronisti e scontri verbali in cui i social e la politica ultrà hanno aggiunto il carico, Catanzaro e Cosenza, squadre e città, sono tornate ad affrontare il loro campionato a debita distanza. L’unico modo, purtroppo, per provare a frenare divisioni ataviche ed infantili che, ormai è chiaro a tutti, col pallone hanno poco a che fare.
La sconfitta più indolore dell’anno. Quella che con ogni probabilità scrive la parola fine sul sogno (perché di questo si trattava) promozione diretta, ma comunque quella che non scalfisce neanche un po’ l’entusiasmo della piazza e la gratitudine nei confronti del Catanzaro già salvo da settimane, già con un piede nei play-off (anche uno e mezzo) e soprattutto vincitore di due derby su due in stagione.
Al Ceravolo passa la Reggiana di Sandrino Nesta, grande amico, conoscitore ed estimatore di Vincenzo Vivarini e del suo gioco propositivo e a tratti ipnotico. Lo conosce così bene che sa anche come si ferma. Ci era riuscito nel match d’andata nel boxing day (1-0 rete di Girma), ci è riuscito nuovamente sabato pomeriggio al Ceravolo sempre grazie ad una conclusione di Girma che dopo aver impattato il palo è finita sulla schiena di Fulignati prima di carambolare in porta. Gara ostica, difficile, quella del Mapei Stadium, ancora più complicata quella del Ceravolo con ospiti che trovato il gol fortunoso dopo 11 minuti si sono chiusi dietro con 11 giocatori dietro la linea della palla e tutto il Catanzaro, spesso anche Fulignati compreso, nella metà campo reggiana. Di spazi per passare neanche l’ombra e, sarà per la pancia piena dopo i fasti del derby, al Catanzaro è mancato il guizzo, la giocata del singolo per trovare il gol.
Dopo sette risultati utili consecutivi le aquile si fermano, quindi. La sconfitta più indolore dicevamo perché, se da un lato riporta tutti con i piedi per terra e fa abbandonare le velleità di compiere il doppio salto di categoria, dall’altro non intacca né la classifica dei giallorossi (sempre stabilmente in zona play-off) né il calore della tifoseria che a fine gara ha atteso la squadra sotto la curva per tributarle un lungo applauso.
Crema: due le note liete di giornata. Innanzitutto, un Brighenti tornato sontuoso al centro della difesa. Senza Antonini, tenuto precauzionalmente a riposo per un fastidio muscolare, il numero 23 giallorosso ha saputo tener a freno Gondo che lo sovrasta dal punto di vista fisico. Sempre in anticipo, sempre pulito e puntuale, il difensore è tornato sugli standard ai quali aveva abituato. Da non dimenticare poi l’omaggio del pubblico al condottiero Vincenzo Vivarini che prima della gara ha ricevuto dal presidente Noto e dal dg Foresti una targa ed una maglia celebrativa per le 100 panchine in giallorosso (traguardo raggiunto in occasione della gara casalinga contro il Bari).
Amarezza: l’amarezza di giornata sta nell’aver avuto la concreta dimostrazione che a questo Catanzaro manchi un piano B, manchi la possibilità e la capacità di giocare un calcio sporco. Squadra costruita per imporre gioco e dominare la manovra, quella giallorossa si trova in difficoltà quando incontra avversari come la Reggiana che, pur di fermarla, rinunciano al gioco e puntano tutto sulla compattezza difensiva per chiudere ogni varco. Con il palleggio e i fraseggi stretti il muro granata non è stato superato. Sarebbe servita quella prima punta fisica che manca al Catanzaro, quel giocatore capace di intercettare palloni sporchi in area e insaccare i tanti cross arrivati dagli esterni. (Stefania Scarfò)
Era facile prevederlo, ma, forse, per descrivere il momento buio che sta attraversando il Cosenza calcio, bisogna partire dal numero di spettatori che sabato pomeriggio erano presenti sugli spalti del “Marulla”: quattromila. O meglio, 16 mila in meno del derby, 11 mila in meno della sfida contro la Sampdoria. In appena due settimane la squadra rossoblù è riuscita nell’impresa di disperdere un entusiasmo generoso che si era raccolto intorno a lei. I festeggiamenti per il centodecimo compleanno del club seguiti dalla partitissima contro il Catanzaro sembravano due appuntamenti messi lì apposta dal destino per dare una svolta a una stagione fino a quel momento tristemente anonima ma potenzialmente ancora viva. I fischi al 90′ di un “Marulla” vestito a lutto, piovuti addosso a una squadra incapace di fare gol a un opaco Cittadella (che non a caso proprio a Cosenza ha interrotto la striscia di otto sconfitte consecutive) e soprattutto sulla testa del tecnico Fabio Caserta, certificano lo scollamento tra la piazza e chi gestisce il calcio cittadino ad alti livelli. A proposito, che fine hanno fatto il patron Guarascio a il ds Gemmi? Le difficoltà attuali e le contestazioni richiederebbero un loro segno di vita, una presenza sulla scena, anche per dire una banalità qualsiasi. Invece niente, come sempre niente.
Crema: delle ultime tre partite del Cosenza, l’unico in grado di garantire ottime prestazioni e giocate d’alta scuola è stato Mirko Antonucci. Ma, insieme a Marras (ancora sostituito per un impalpabile Canotto) e a un Florenzi in leggera ripresa, sembra predicare nel deserto e la sensazione, crescente, è che con quella qualità a disposizione lì davanti, si stiano buttando al vento occasioni su occasioni per puntare con decisione ai playoff. Nonostante un pareggio che sa di sconfitta, la classifica non è cambiata: i Lupi mantengono quattro punti di vantaggio sui playout e tre di svantaggio sui playoff. Però, chissà perché, più che sperare in un improvviso cambio di passo, viene già da pensare a ciò che poteva essere e non è stato.
Amarezza: la botta psicologica del derby avrà influito certamente sul morale della squadra, ma se il Cosenza edizione 2023-2024 continua a faticare ad andare in rete con tutto quel talento che si ritrova nel reparto avanzato, c’è un problema di fondo ormai palese anche a chi non ha studiato e preso titoli a Coverciano. È vero, ci si è messo di mezzo l’infortunio di Tutino, però insistere sulla risurrezione di Forte ormai appare una pratica tafazziana. L’attaccante romano non è l’unico artefice della sterilità offensiva del Cosenza, è solo l’esempio più lampante di scelte che spesso e volentieri quest’anno si sono rivelate inadeguate. (Francesco Veltri)
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x