COSENZA Due punti in sei partite e una squadra spenta, allo sbando, giunta con merito in piena zona playout. Il Cosenza calcio è a un passo del baratro, ormai lo avrà compreso persino il suo presidente Eugenio Guarascio (bloccato in casa dall’obbligo di dimora per l’inchiesta sullo smaltimento dei rifiuti in cui è coinvolto) che, chissà su quali solidi principi, aveva impostato i suoi discorsi pro-playoff. Un crollo verticale, iniziato con il vecchio allenatore Fabio Caserta, esonerato a furor di popolo a nove giornate dalla fine del torneo, e oggi quasi rimpianto da una parte di piazza bruzia schizofrenica che aveva accolto William Viali come una sorta di salvatore della patria.
Sì, oggi qualcuno rimpiange Caserta, non per le sue capacità tecnico-tattiche e neanche per il suo carisma, ma perché è evidente che la squadra non solo non ha svoltato mentalmente, ma non sembra neppure aver percepito il pericolo imminente di disastro che sta correndo.
Rispetto a un anno fa quando il Cosenza di Viali concluse la fase regolare del campionato di B in crescita fisica e mentale, recuperando posizioni su posizioni fino al raggiungimento dei playout, quest’anno alla squadra silana sta accadendo l’esatto contrario, mentre le altre corrono e appaiono in ripresa (FeralpiSalò e Spezia hanno vinto, così come Pisa e Reggiana, mentre il Bari ha pareggiato con il Modena).
L’allenatore di Vaprio d’Adda, dopo la debacle interna contro il Brescia, si è assunto la responsabilità dell’ennesimo crollo casalingo. «Non sono stato capace di invertire il trend», ha ammesso. Ma se si esclude l’incomprensibile accanimento – tutt’altro che terapeutico – su Forte e Canotto (entrati ancora a partita in corso senza lasciare, com’è capitato per l’intera stagione, alcun segno di sé) la sensazione è che a questo gruppo di calciatori, messi insieme la scorsa estate senza un progetto societario di ampio respiro, sia davvero impossibile chiedere di più, anche solo uno scatto di orgoglio in grado di mettere a tacere le critiche (compresa questa, ne saremmo felici) che giustamente gli stanno piovendo addosso.
All’aspetto psicologico, bisogna aggiungere poi quello fisico. Anche sabato scorso, così com’era accaduto a Terni e nelle gare precedenti, nel secondo tempo il Cosenza è apparso in affanno, mentre gli avversari, nonostante la temperatura estiva, andavano a mille. Un problema che perseguita la squadra rossoblù da mesi e che lascia presupporre più di una lacuna nell’impostazione della preparazione atletica. Frabotta, giusto per citare un calciatore che nel mese di gennaio era risultato tra i più incisivi e positivi, da settimane è in riserva, eppure resta sempre in campo a discapito di D’Orazio che in questa fase potrebbe fornire invece un maggior supporto alla causa. Ma al di là dei singoli e di una condizione fisica non all’altezza del compito, ciò che preoccupa maggiormente è la testa: questo Cosenza è fragile, scarico e privo di leader carismatici in grado di trascinarlo nei momenti di difficoltà. Il solo Tutino, tra l’altro rientrato in fretta e furia dall’infortunio muscolare patito nel derby e ancora non al top, non può accollarsi tutto il peso psicologico di una situazione di classifica diventata a dir poco preoccupante.
Alle difficoltà tecniche bisogna aggiungere poi quelle societarie. Dalla serata di festa (poi conclusasi malissimo per la sconfitta contro la Sampdoria) per il centodecimo compleanno rossoblù, sembra essere trascorso un secolo, e invece stiamo parlando di poco più di un mese fa. Dopo quella serata, in cui il patron Guarascio, affiancato dal presidente di Lega Mauro Balata, aveva osato parlare di serie A, sono iniziati i guai: le sconfitte (su tutte quella del derby), i problemi giudiziari del presidente, l’esonero di Caserta e la grigia conferenza stampa di (ri)presentazione di Viali, affiancato dal ds Roberto Gemmi, a cui sono seguite altre due sconfitte evitabilissime. Ciò che è venuto fuori nell’ultimo mese, a partire proprio dalla performance del direttore sportivo davanti ai giornalisti (claudicante nei contenuti e tutt’altro che rassicurante verso la tifoseria), è la conferma che alla squadra di calcio cittadina manchi una guida autorevole e soprattutto capace di comunicare con efficacia. Insomma, il Cosenza calcio è un club debole, senza idee forti e assente dalla scena pubblica in tutte le sue componenti. Il provvedimento restrittivo a cui è costretto Guarascio, da qualunque lato lo si voglia vedere, è un segnale di fragilità, anche mediatico, che a livello nazionale dà un’immagine ulteriormente negativa del calcio cosentino in un momento in cui servirebbe invece la massima serenità ambientale per portare a casa la solita sopravvivenza annuale. Per farlo anche stavolta servirà un nuovo miracolo sportivo. (f.veltri@corrierecal.it)
Il Corriere della Calabria è anche su Whatsapp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x