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Tonino Bello e l’educazione alla speranza – VIDEO

Puntata dedicata al “Vescovo degli ultimi” morto 31 anni fa

Pubblicato il: 23/04/2024 – 8:14
Tonino Bello e l’educazione alla speranza – VIDEO

«31 anni fa moriva don Tonino Bello. Era il 20 aprile del 1993 quando il sacerdote nativo di Alessano, il Vescovo degli Ultimi, prendeva congedo alla vita stroncato da un brutto male. Noi vogliamo ricordarlo attraverso alcune frasi chiave della sua proposta pedagogica che è alla base del tentativo di “Lettera R” di provare a costruire un vocabolario della speranza». È il tema centrale dell’ultima puntata di “Lettera R”, la rubrica curata dal prof. Giancarlo Costabile e in onda su L’altro Corriere Tv. 
«Tonino Bello era un profeta di speranza – ha spiegato Costabile – un costruttore di speranza e questa parola per lui non rappresentava il ripostiglio dei sogni mancati, non era declinata verso un futuro generico, non definito, quindi privo di incertezze. La parola speranza per Tonino Bello è un esercizio concreto di attività, cioè categoria del presente, pedagogia della volontà. Quali sono le frasi che abbiamo scelto per questa breve riflessione sulla sua azione sociale? La prima: “Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto. Possono volare soltanto, rimanendo abbracciati”. E la seconda: “Stare con gli ultimi significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita, prendere la polvere sollevata dai loro passi, guardare le cose dalla loro parte”. Queste frasi cosa racchiudono? Un vocabolario della speranza, un alfabeto del riscatto sociale, un’idea forte della vita scandita dalla libertà, dalla dignità, dall’amore. Collocarsi dalla parte degli ultimi, guardare la vita dalla parte degli ultimi, significa vivere pienamente quella che Tonino Bello chiamava la pedagogia dei segni. Da un lato ci sono i segni del potere, cioè le logiche della sopraffazione, quelle pedagogie che si nutrono di violenza nei confronti dell’altro, di odio, poi ciò finisce per costituire la radice stessa della distruzione e quindi di una pedagogia della guerra».
«I segni del potere – ha spiegato ancora il prof Costabile – sono i segni dell’offesa, i segni dell’abuso, della deturpazione e i segni delle disuguaglianze, intollerabili, inaccettabili, per il presule salentino nativo di Alessano. E il potere dei segni che cos’è? È il rovescio della medaglia, cioè quell’idea del cristianesimo come “memoria spiritualmente sovversiva” che recupera la croce di Cristo e ne fa segno di resurrezione, di speranza, ma anche di riscatto». «Il potere dei segni ci consegna la responsabilità di un nuovo alfabeto con cui costruire grammatiche della liberazione, grammatiche del riscatto civile e sociale, cioè, collocare il proprio sguardo dalla prospettiva della prossimità umana. Che è amore, è libertà, è desiderio di una società giusta, equa, di una società che non basi sé stessa sullo sfruttamento dei poveri, dei senza tetto, dei senza fissa dimora, di chi non ha nulla per mangiare, di chi è oggetto di dinamiche perverse, di logoramento all’interno della dimensione lavorativa, sistematicamente sfregiata dalle logiche padronali».
«Quella di Tonino Bello – ha spiegato ancora Costabile – è una pedagogia della prossimità, una pedagogia dell’amore che lui definiva come la capacità di uscire da sé, di dare senza chiedere. Trentun anni dopo, il mondo ha bisogno di Tonino Bello, noi abbiamo bisogno della sua pedagogia, di vocaboli capaci di costruire fino in fondo un’azione educativa attraversata dalla speranza, cioè la volontà di amare, di accogliere, di includere. La volontà di riscattare gli ultimi e camminare lungo la strada dei più deboli per farne fino in fondo la nostra. Forse il cuore della pedagogia di Tonino Bello, la speranza che si fa amore, oggi è la sfida educativa più eversiva, più sovversiva, più eretica. Perché ci consegna la responsabilità che tutti abbiamo di provare a lavorare per un’altra società, ipotizzare un altro modello di società, parlare di alternativa di società rispetto a quella che oggi ci consegna esclusivamente il vocabolario della guerra, dell’odio, dello sfruttamento e della soppressione».
«Trentun anni dopo, Tonino Bello e la sua pedagogia non smettono di parlare al cuore di ciascuno di noi e sono ancora in grado di intonare la semantica del riscatto, la semantica dell’amore, la semantica della prossimità. Ciao don Tonino, “Lettera R” continua a camminare lungo il solco che hai tracciato». (redazione@corrierecal.it)

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