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Le stragi infinite sulla SS106. E lo Stato che da anni sta a guardare

L’ultima vittima della “strada della morte” nella giornata di ieri. Una mattanza che parla più di ogni dibattito pubblico

Pubblicato il: 17/05/2024 – 13:51
di Marco Lefosse
Le stragi infinite sulla SS106. E lo Stato che da anni sta a guardare

CORIGLIANO ROSSANO La mattanza della Statale 106 continua sotto lo sguardo di tutti. Quasi una vittima al giorno in Calabria, vite spezzate all’improvviso, famiglie distrutte. Dolore e nulla più, che si consuma nella comunità solo nel momento in cui accadono le tragedie e si archivia cinque minuti dopo, mentre quelle vittime non prenderanno mai pace. Sparisce il dolore ed emerge l’egoismo di pochi che su questa maledetta strada hanno costruito carriere, posizioni e di quelli che, invece, osteggiano la soluzione di una strada moderna e sicura solo per un esproprio non condiviso, o per una visuale parzialmente ostruita o – peggio – per posizioni preconcette, campanilistiche o di convenienza. Del resto, semmai la questione 106 dovesse essere mai risolta e con essa anche la sua continua mattanza, qualcuno dovrebbe reinventarsi un ruolo nel mondo.
Purtroppo la mancanza di consapevolezza e di senso civico ha fatto sì che il paradigma delle cose, specie nella Calabria del nord-est, fosse all’inverso rispetto a quello che dovrebbe essere per la normalità. Qui, vale più l’attraversamento di un tracciato che non una vita umana; vale più il costo di un pezzo di terra che non l’utilità pubblica; insomma, vale più l’interesse di pochi rispetto a quello della collettività. È così! Ora, se questi ragionamenti di opportunità personale si limitassero alla politica sarebbe un fatto grave ma comunque mitigabile con una maggiore partecipazione e consapevolezza dei cittadini. 
Il problema – il vero problema – però sorge quando sono le forze sociali, lupi travestiti da agnelli, a mettersi di traverso. Logica vorrebbe, per un qualsiasi cittadino disinteressato (la stragrande maggioranza), che il principio di sicurezza e tutela dell’incolumità pubblica mandasse in deroga qualsiasi altra pretesa o ragionamento. 
È vero che tanti incidenti mortali sulla SS106 si sarebbero potuti evitare, forse quasi tutti con il buonsenso e il rispetto delle regole. Ma l’intervento dello Stato dovrebbe servire proprio a mitigare questi pericoli. Ma è un dato anche quello per cui dove ci sono strade moderne gli incidenti sono di gran lunga limitati. Quindi, se lo Stato non assolve a questo compito, allora vuol dire che è uno Stato criminale. Oggi, però, nel paradosso perenne della Calabria del nord-est, sarebbe più efferato di uno Stato criminale chi – per qualsiasi ragione che non sia quella della Vita – tentasse di frenare un democratico e necessario processo di ammodernamento della strada della morte.
La fiducia e la speranza è tanta. Perché questa volta – al netto delle parole da campagna elettorale – la volontà c’è, è chiara, è forte. Anche il tracciato c’è, il progetto pure: scelto, voluto e avvallato dalla Regione, prima, e dai comuni interessati, dopo. Ci sono i soldi veri almeno per iniziare a realizzare quell’atteso ammodernamento di due tratti a sud di Sibari.
C’è stata poca condivisione per come e dove passerà il tracciato? Probabilmente sì, per effetto del Commissariamento dell’opera che ha mandato in deroga, insieme ad altri lunghi procedimenti burocratici, anche il dibattito pubblico e questo ha suscitato non poche rimostranze nell’intellighenzia locale, sempre attenta all’interesse particolare e meno a quello collettivo. La stessa intellighenzia che continua a dimenticare – non si sa se volutamente – che sulla esigenza di una nuova strada – qualunque essa sia basta che sia sicura, utile, europea e moderna – hanno già “parlato” centinaia di vittime incolpevoli che hanno perso la vita su questa maledettissima strada. Non basta questo? Oppure la perenne recrudescenza dell’individualismo a discapito di tutti deve, ancora una volta, privarci di diritti e sviluppo?

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