ROMA Quando si ha una diagnosi di tumore ovarico, è importante rivolgersi ai centri di cura specializzati. In Campania c’è una rete oncologica, attiva dal 2016, che sta coinvolgendo anche i medici di medicina generale. «Il tumore dell’ovaio è una patologia estremamente complessa e difficile da curare perché si manifesta quasi sempre in forma avanzata e non è prevenibile se non identificando soggetti sani che hanno mutazioni che li espongono a un maggior rischio». Lo ha detto Sandro Pignata, presidente Comitato tecnico scientifico Alleanza contro il tumore ovarico (Acto) Campania, intervenendo all’evento ‘tumore ovarico in Campania: cambiamo rotta’ – realizzato con il patrocinio di Acto Campania e la sponsorizzazione di Gsk – che ha visto, a partire dall’esempio virtuoso della Regione, un confronto tra clinici, rappresentanti istituzionali e associazioni di pazienti per proseguire nel ‘cambio di rotta’ e rispondere ai bisogni insoddisfatti delle donne che convivono con il tumore ovarico. «In Campania – continua Pignata – abbiamo sviluppato 2 documenti», 2 percorsi diagnostico terapeutici. «Il Pdta dei tumori ovarici e il Pdta dei tumori ereditari. Abbiamo cercato di applicarli individuando centri chirurgici in grado di affrontare la difficile chirurgia richiesta per l’asportazione di questi tumori. Per i tumori ereditari, abbiamo identificato 6 centri, uno per milione di abitanti, che sono responsabili dello screening oncogenetico, quindi della ricerca della mutazione a scopi preventivi. Dobbiamo promuovere la cultura della prevenzione coinvolgendo di più la medicina generale e la popolazione. Bisogna avere consapevolezza che alcuni tumori possono essere trasmessi su base ereditaria» e che «ci sono molte innovazioni sia in ambito chirurgico, che farmacologico. I Parp inibitori, ad esempio, possono essere usati, ma essendo a bersaglio specifico, «richiedono che siano svolti prima test molecolari».
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