LOCRI Preoccupata per il processo che si trova a dover affrontare, ma più serena dopo aver finalmente riabbracciato il figlio a Camini. Per Marjan Jamali, assistita dall’avvocato Giancarlo Liberati, è iniziato questa mattina a Locri il processo che la vede imputata con l’accusa di aver svolto il ruolo di scafista nel corso di uno sbarco che si è concluso al porto di Roccella Jonica nell’ottobre 2023. A puntare il dito contro di lei tre uomini che secondo i racconti della ragazza avrebbero abusato di lei. Alla sbarra con la 29enne – che ha ottenuto gli arresti domiciliari dopo sette mesi di carcere – anche un 31enne, Babai Amir, difeso dall’avvocato Carlo Bolognino. L’uomo ha raccontato di aver tentato di difendere la donna dagli abusi, e per questo avrebbe subito la ritorsione dei tre che una volta sbarcati – poi facendo perdere le proprie tracce – hanno puntato il dito contro i due, accusandoli di essere gli scafisti. Una ricostruzione che nel corso delle prossime udienze potrebbe emergere la verità riguardo a quello che è realmente accaduto. Questa mattina sono state affrontate questioni preliminari. I giudici hanno inoltre deciso di rigettare la richiesta di riprese televisive.
«I capitani hanno confessato e sono due egiziani», spiega al Corriere della Calabria l’avvocato Liberati. Si trovano in carcere e hanno patteggiato la pena. Con loro c’erano altri due presunti scafisti, due iracheni che sarebbero scappati. «Erano i due iracheni – racconta il legale – i veri emissari dei trafficanti». I due egiziani saranno sentiti come testimoni della difesa. Intanto il processo è stato rinviato al prossimo 8 luglio quando saranno esaminati i testi dell’accusa. «Marjan Jamali è una migrante vittima di violenza sessuale e di calunnia», aggiunge l’avvocato Liberati.
Alla prima udienza al Tribunale di Locri, in segno di solidarietà, erano presente anche il neo eurodeputato e sindaco di Riace Mimmo Lucano e gli attivisti del Comitato “Free Marjan Jamali” insieme alla Rete 26 Febbraio. «La storia di Marjan – ha detto Lucano – è eclatante e mi sembra una grave violazione dei diritti umani. Ritengo doveroso essere vicino a chi sta subendo tutto questo. La responsabilità dei viaggi della speranza è dei Paesi occidentali e del capitalismo, che non lasciano scampo a queste persone, che hanno come unica soluzione di vita quella di salire su un barcone e rischiare di morire, come è accaduto a Cutro. Lo Stato non può prendersela con persone come Marjan, accusata dagli stessi soggetti che lei ha denunciato per violenza sessuale e calunnia». Quella di Marjan Jamali è una storia che si ricollega inevitabilmente a quella di un’altra giovane donna iraniana detenuta in Calabria, accusata di essere una scafista, Maysoon Majidi. «Marjan, – affermano gli attivisti del comitato – che il 27 maggio scorso ha ottenuto dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria, gli arresti domiciliari, è sfuggita da persecuzioni e violenze in Iran, ma come Maysoon Majidi, l’attivista curda iraniana detenuta a Castrovillari, è finita nel tritacarne della giustizia italiana in cerca di capri espiatori, così come tanti altri migranti. Il loro caso è ormai denunciato a livello nazionale ed europeo».
(m.ripolo@corrierecal.it)
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