REGGIO CALABRIA Prima il viaggio della speranza via mare, lo sbarco a Roccella Jonica, poi le accuse e sette mesi trascorsi dietro le sbarre a Reggio Calabria. La detenzione in carcere di Marjan Jamali, la 29enne iraniana accusata di aver avuto il ruolo di scafista e arrestata dopo uno sbarco lo scorso ottobre, è finita nel pomeriggio. La donna, alla quale sono stati concessi gli arresti domiciliari su richiesta del suo avvocato Giancarlo Liberati, ha finalmente riabbracciato il figlio di otto anni. La distanza dal piccolo, accolto a Camini, ha reso la detenzione della 29enne – che continua a urlare la propria innocenza – ancora più dura. Adesso madre e figlio avranno la possibilità di stare insieme nel centro gestito dalla cooperativa “Jungi Mundu”.
«Sono venuta in Italia per dare un’altra vita a mio figlio, qui non abbiamo nessuno e ha bisogno di me. Sono qui da sei mesi e nessuno mi ha ascoltato», aveva dichiarato davanti ai giudici di Locri. Per la donna il processo inizierà il prossimo 17 giugno: dovrà difendersi dall’accusa lanciata da tre uomini presenti sull’imbarcazione partita dalla Turchia e che secondo i racconti della 29enne avrebbero abusato di lei. Alla sbarra anche un 31enne, Amir Babai. L’uomo ha raccontato di aver tentato di difendere la donna dagli abusi, e per questo avrebbe subito la ritorsione dei tre che una volta sbarcati – poi facendo perdere le proprie tracce – hanno puntato il dito contro i due, accusandoli di essere gli scafisti. (m.ripolo@corrierecal.it)
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