COSENZA I conti farlocchi e i bilanci tramandanti oralmente delle aziende sanitarie cosentine (al centro di numero inchieste), l’illecito arricchimento e il benessere apparente ed ancora il dark web e l’exploit del gaming online fino al contrasto alle estorsioni ed allo spaccio di droga. Il colonnello Giuseppe Dell’Anna, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Cosenza – in una lunga intervista al Corriere della Calabria – traccia un bilancio dell’attività svolta nella provincia bruzia. In tutto sono 3.826 gli interventi ispettivi e 472 le indagini per contrastare gli illeciti economico-finanziari e le infiltrazioni della criminalità nell’economia.
«Cosenza è la città degli illeciti arricchimenti», aveva sentenziato l’ex procuratore Mario Spagnuolo, in una delle ultime uscite pubbliche prima del pensionamento. Una circostanza cristallizzata nelle inchieste coordinate dalla procura bruzia e confermata anche dal Colonnello Dell’Anna. «In effetti è una caratteristica della città. Noi abbiamo registrato nel corso delle attività operative una serie di imprese poi condotte al fallimento. Consideri, giusto per dare dei numeri, che noi abbiamo fatto proposte di sequestro in materia fallimentare e in materia di crisi d’impresa per oltre 28 milioni d’euro. Questo è un dato che deve far riflettere. C’è una circolazione di contanti e di denaro nella città di Cosenza che è un campanello d’allarme e che noi attenzioniamo costantemente. Il risultato delle proposte di sequestro è una prova tangibile».
La ‘ndrangheta allunga i tentacoli su imprese, appalti e qualsiasi fonte di guadagno. Riposte le armi nel cassetto, l’unico obiettivo della mala è incrementare il tesoro nascosto della “bacinella” (la cassa comune) dove confluiscono i proventi delle attività illecite. Le estorsioni restano una fonte di guadagno importante, ma i malandrini non bussano più alle porte dei commercianti o degli imprenditori per chiedere la tassa non dovuta, ma “impongono” l’acquisto di materie prime (come il vino in Germania). «C’è un cambiamento dal punto di vista economico comprensibile perché l’estorsione con la dazione di denaro era in qualche modo individuabile, era più semplice per gli investigatori intercettarla perché consentiva di mettere sotto controllo delle persone e arrivare al pagamento del denaro. Così il reato era già perfezionato e l’arresto era conseguente», dice Dell’Anna. Che aggiunge: L’imposizione delle materie prime «è un sistema più subdolo, più sottile, anche più difficile da dimostrare, perché – ad esempio – si introducono dei nuovi soci, a volte teste di legno che non sono facilmente individuabili. Confermo che questa è la nuova frontiera dell’estorsione».
Nel tentativo di sviare il lavoro delle forze dell’ordine, la ‘ndrangheta muove il denaro e lo investe attraverso imprese cartiere. «Sono il nostro core business – sottolinea il Colonnello Dell’Anna – si tratta di società che si interpongono tra imprese reali e altre che hanno il solo scopo sostanzialmente di abbattere i costi, come l’Iva. Scoprirle può sembrare semplice ma non lo è, perché ovviamente tra le centinaia e migliaia di attività economiche, di imprese, la cartiera è schermata da una serie di filtri, di soggetti intestatari, a volte anche delle fittizie sedi che solo con una attenta attività investigativa si riescono a individuare. L’attività che noi svolgiamo nei nostri database è importante, ma non basta perché poi occorre verificare. Abbiamo affinato le nostre attività investigative con ottimi risultati».
Sfruttamento dei lavoratori, spesso costretti ad ore di estenuante fatica nei campi con una misera paga e senza nessun contratto. E’ il triste destino che accomuna decine e decine di lavoratori impiegati in “nero” in Calabria. «Partirei dall’interesse di molti imprenditori disonesti, interessati solo a massimizzare il profitto. E quale miglior sistema? Quello di assumere con tutti i rischi connessi dei lavoratori in nero. Perché significa non pagare contributi, non pagare l’assicurazione, sottopagarli, sfruttarli, anche con orari di lavoro veramente improponibili», sottolinea il comandante provinciale della Gdf di Cosenza. «Le cronache degli ultimi tempi, lo evidenziano. Si arriva anche a commettere atti disumani pur di giustificare il profitto, perché alla base di tutto c’è il guadagno a scapito dei diritti di questi poveri lavoratori, siano essi immigrati o italiani. Nelle attività investigative abbiamo scoperto ben 385 lavoratori in nero o irregolari». Il problema non si risolve nella mera azione delle forze dell’ordine. «E’ anche una questione culturale. «Ci sono tante forme alternative e agevolative di assunzione specialmente nell’ambito dell’agricoltura ma nonostante tutto alcuni datori di lavoro decidono di non mettere in regola i lavoratori».
L’inchiesta denominata “Reset” coordinata dalla Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta cosentina dedica un intero capitolo al settore del gaming. Le scommesse online consentono facili guadagni e la rete diventa il luogo dove far sparire milioni di euro. «E’ facile riciclare denaro sporco perché sostanzialmente nel circuito dei giochi anche legali si può investire con delle dinamiche un po’ complesse ma che comunque consentono di ripulire il denaro. Il gioco d’azzardo, quello che noi conoscevamo, ormai va scomparendo, si effettua quasi esclusivamente online. In particolar modo nel dark web, e non è semplicissimo individuarlo», precisa Dell’Anna. «Noi abbiamo sequestrato 49 macchinette illegali nel corso dell’ultimo anno ed abbiamo individuato e denunciato 8 soggetti che svolgevano questo tipo di attività. Grazie a questa attività abbiamo recuperato 40 milioni d’euro». Il giro di scommesse transita attraverso complicati sistemi e su server lontani migliaia di chilometri dallo scommettitore. «Molto spesso il problema è la collaborazione di alcuni paesi esteri che ovviamente pongono un veto sulle attività investigative e rendono molto complicato perseguire la nostra attività».
A Cosenza, in una serie di inchieste, abbiamo raccontato sul Corriere della Calabria degli eccessi dei giovani: tra abuso di alcol, consumo di droghe (anche pesanti) e sballo senza freni. «Cosenza non è un unicum. Se penso alle mie precedenti esperienze in giro per l’Italia, posso dire con certezza che è un problema tanto diffuso quanto sottovalutato. Per quanto riguarda i giovani, ad esempio, lo sballo attraverso la pasticca o la canna non viene percepito come un disvalore. E’ un problema difficilmente contenibile. Noi facciamo veramente degli sforzi incredibili, basti pensare ai sequestri che facciamo al Porto di Gioia Tauro, quelli che quotidianamente eseguiamo o quelli che arrivano nel corso di attività investigative come accaduto nell’operazione Reset. E’ un’attività fondamentalmente che contiene in qualche modo il problema, ma non lo risolve».
La sanità è uno di quei settori costantemente sotto i riflettori. In passato, sono state le inchieste a scoperchiare il Vaso di Pandora consentendo di tratteggiare contorni oscuri di una emergenza senza fine. «Noi svolgiamo l’attività investigativa e devo dire che a seguito di un protocollo di intesa firmato con la Regione e a seguito di singole segnalazioni stiamo mettendo mano su una serie di problematiche che si trascinavano da anni. A noi ovviamente non fa affatto piacere scoprire un illecito o denunciare qualcuno, ma ci rendiamo conto che il lavoro da fare è ancora tanto», aggiunge Dell’Anna. Che individua piccoli segnali di speranza. «C’è una timida ripresa, soprattutto per quanto attiene la riorganizzazione del settore, si pensi all’inaugurazione del pronto soccorso di Cosenza. Sarà un processo lungo, ma sono convinto che anche la sanità calabrese possa arrivare a raggiungere quello standard che tutti ci auguriamo».
La legge che regola lo scioglimento dei comuni è spesso oggetto di roventi critiche. Se da una parte, i sindaci invocano un cambiamento della norma, dall’altro lato c’è chi redige relazioni e dispone gli accessi negli Enti finiti nel mirino della ‘ndrangheta. «Ho esperienza in questo settore, perché sono stato componente di una commissione di accesso in un comune nel Tarantino diversi anni fa e in quella occasione ho potuto toccare con mano quale sia la complessità della macchina amministrativa di un Ente. E’ un’attività (l’accesso della commissione antimafia, ndr) che deve essere fatta se ci sono dei segnali di infiltrazioni di carattere mafioso non solo a livello politico ma anche a livello dell’apparato amministrativo». Su questo punto, il colonnello Dell’Anna aggiunge: «quando parliamo di apparato amministrativo occorre considerare che resta sempre lì, cioè cambiano le maggioranze politiche ma se i dirigenti sono sempre gli stessi e sono quelli a volte che hanno avuto il condizionamento da parte dell’associazione mafiosa ovviamente diventa molto più complesso l’intervento». Il comandante Dell’Anna chiosa: «Gli strumenti ci sono, sono tra coloro che sostiene questo tipo di intervento di competenza del Prefetto, ma sono convinto che non ci sia altra via. Se c’è un segnale di possibile infiltrazione, l’unico sistema è intervenire e verificare tutti gli atti amministrativi e tutto l’iter, tutta la catena che ha portato eventualmente al condizionamento e poi al necessario scioglimento». (f.benincasa@corrierecal.it)
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